Pierre Flatt: Dapprima nel 1971 a Berna con il nome di i3w (Informationsdienst Dritte Welt), poi 10 anni dopo a Losanna (i3m, Service d’Information Tiers-monde). Va sottolineato qui che il concetto al centro di questo progetto era l’informazione. È solo negli anni successivi che il gruppo di lobbying si è progressivamente sviluppato.
In che modo il lavoro svolto da InfoDoc completa quello di lobbying?
Pierre Flatt: Ci sono diverse differenze fondamentali tra queste due attività. Prima di tutto a livello della produzione d’informazioni: il gruppo di lobbying produce delle analisi, delle prese di posizione rivolte principalmente alla sfera politica e all’amministrazione federale con l’obiettivo di influenzare la politica svizzera in favore dei paesi del Sud. Il lavoro di InfoDoc, invece, consiste nel mettere a disposizione di qualsiasi pubblico interessato uno strumento di documentazione che pone in prospettiva le interdipendenze globali. In questo senso, la “produzione” di InfoDoc è il risultato di un lavoro di raccolta, selezione e di messa in relazione d’informazioni esistenti. InfoDoc non comunica direttamente, ma fornisce al suo pubblico i mezzi tramite i quali sviluppare opinioni proprie. Una seconda grande differenza che contraddistingue il lavoro di questi due settori è la prospettiva temporale. Se le attività svolte dai nostri colleghi del gruppo politico sono ritmate dalle elezioni federali ogni quattro anni, il lavoro di InfoDoc non ha una prospettiva temporale precisa.
InfoDoc ha sempre rivendicato un legame con la produzione giornalistica. In cosa consiste esattamente questo legame?
Pierre Flatt: InfoDoc ha condiviso i suoi uffici per diversi anni con l’agenzia di stampa InfoSud (che originariamente faceva anche parte di Alliance Sud). Lo scambio d’informazioni tra il team di giornalisti e quello di documentalisti ha alimentato per anni le attività di questi due partner. Noi documentalisti consideriamo che il nostro lavoro di mediazione sull’attualità si collochi tra i produttori d’informazione, le giornaliste e i giornalisti, e il pubblico. Crediamo che questo lavoro contribuisca al rafforzamento della democrazia e allo sviluppo di un punto di vista unico. Unico nel senso che la prospettiva, proposta alla lettrice e al lettore, è ancorata al monitoraggio quotidiano dell’attualità mondiale e, allo stesso tempo, tramite la pluralità delle sue fonti e dei suoi punti di vista, fornisce una visione a lungo termine che permette in modo preciso di mettere in relazione e in prospettiva la complessità del mondo.
Dal tuo punto di vista di documentalista come vedi l’evoluzione della cooperazione internazionale? Cos’è cambiato?
Pierre Flatt: All’inizio degli anni 2'000, la DSC, tramite un accordo che prevedeva un contributo annuale destinato ai centri di documentazione, ha incaricato InfoDoc di fornire un accesso pubblico all’informazione documentaria sulle relazioni tra la Svizzera e il Sud del mondo. Questo contributo è durato per vent’anni ed è terminato nel 2021 a seguito delle difficoltà finanziarie di Alliance Sud. I toni, oggi, sono cambiati considerevolmente.
Hai dedicato vent’anni della tua vita professionale ad Alliance Sud InfoDoc. Che impatto ha avuto Internet sul lavoro quotidiano d’informazione di InfoDoc?
Pierre Flatt: Sono stato assunto nel 2001, in un momento in cui internet stava effettivamente diventando sempre più popolare e facilmente accessibile. Come documentalisti, la nostra attenzione si concentra sia sul contenuto che sui contenitori o "canali" attraverso i quali l'informazione viene trasmessa. Quest’osservazione è essenziale perché i media condizionano l’accesso all’informazione. Consapevoli delle sfide poste dalla “rivoluzione di internet”, i documentalisti hanno fatto tutto il possibile per mettere in evidenza il loro lavoro continuo d’informazione: banca dati con siti di riferimento, banca dati video, catalogo bibliotecario online, articoli online, ecc. Questo movimento ha condotto a un’azione basata su due assi: il lavoro online e la presenza locale sotto forma di terzo luogo.
Puoi precisare cosa s’intende con terzo luogo?
Pierre Flatt: Dobbiamo il concetto di terzo luogo al sociologo urbano statunitense Ray Oldenburg. Quest’ultimo ha utilizzato questa espressione per descrivere luoghi dove le persone possono incontrarsi e discutere. L’obiettivo in origine degli studi era di comprendere l’impatto dell’urbanizzazione sul comportamento umano e sulle forme di socializzazione. Per R. Oldenburg il terzo luogo e quello spazio che viene dopo la casa e il lavoro, un terreno neutrale che permette l’incontro e lo scambio senza discriminazioni.
Nel 2014, InfoDoc ha trasformato le sue sedi a Berna e a Losanna per dare espressione concreta queste riflessioni e allo stesso tempo ha concepito un ciclo annuale di animazione tematica. Questo lavoro in stretto contatto con il pubblico ha permesso, poco a poco, di fidelizzare un nucleo di sostenitori. Ha anche consentito lo sviluppo di sinergie con altri attori locali come per esempi alcuni centri d’animazione socio-culturale.
Perché pensi che spazi d’informazione e di dibattito come InfoDoc siano oggi necessari?
Pierre Flatt: Nella sua edizione di aprile, Le Monde Diplomatique ha pubblicato un articolo di Anne-Cécile Robert dal titolo evocativo «Scomparsa dello spazio per il dibattito». Facendo un collegamento diretto tra informazione e democrazia, ha rilevato che «gli spazi di discussione spariscono a favore di un incessante chiacchiericcio superficiale». Oggigiorno, ancora di più dall’inizio della pandemia, lo schermo è onnipresente in quasi tutte le interazioni umane. Bisogna sostenere il ritorno all’interazione diretta, agli incontri inaspettati e alla scoperta. È come se la dematerializzazione dell’informazione vada di pari passo con un crescente bisogno di incontri fisici.
Pubblicato il 27 ottobre 2021
Su Corriere dell’italianità
(Traduzione di Fabio Bossi)