I paesi del Sud si accontentano delle briciole

22.12.2015
Articoli di politica
La 10a conferenza ministeriale dell'OMC ha riconosciuto la divisione dei membri sul ciclo di Doha e i «nuovi temi ». La Svizzera deve sopprimere la « legge sul cioccolato ». Gli USA fanno poche concessioni.

« Non c’è crisi, non c’è assolutamente crisi e la conferenza di Nairobi passerà alla storia come quella che ha sormontato la discrepanza tra Nord e Sud », ha dichiarato venerdì 18 dicembre, con ottimismo, Amina Mohamed, la presidentessa della decima conferenza ministeriale dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio), annunciando un prolungamento di « qualche ora ». In realtà ce ne sono volute più di 24, a dei delegati sfiniti, per raggiungere una dichiarazione ministeriale che riconosca esplicitamente la divisione dei membri sull’avvenire del ciclo di Doha e i « nuovi temi » cari ai paesi industrializzati. Le questioni, precisamente, dove la discrepanza tra Nord e Sud è la più importante. Una prima.

Pur trattandosi della prima ministeriale organizzata in Africa, i paesi in via di sviluppo non hanno ricavato molto da questa conferenza. Hanno « limitato i danni », ma avrebbero potuto sperare molto di più. La dichiarazione finale è un compromesso. Afferma che alcuni membri riconoscono il « mandato di sviluppo » di Doha, e altri no, ma che continueranno a discutere le « questioni » di Doha, preservando il trattamento speciale e differenziato. Gli Stati Uniti non sono riusciti a seppellire ufficialmente questo famoso ciclo, lanciato quattordici anni fa per riequilibrare le regole del commercio internazionale a favore dei paesi del Sud - era la loro intenzione inizialmente. Ma questo linguaggio giuridico poco chiaro apre la porta a qualsiasi possibilità di interpretazione creativa e i paesi in via di sviluppo e le ONG dovranno vegliare affinché Doha non diventi pura retorica. Per contro il ciclo di Doha nella sua struttura attuale, secondo la quale niente è acquisito finché tutto non è acquisito, è probabilmente terminato.

I membri hanno d’altronde già cominciato ad accordarsi su alcuni elementi puntuali, tra i quali il più importante è l’abolizione delle sovvenzioni all’esportazione dei prodotti agricoli. La Svizzera deve sopprimere entro il 2020 la « legge sul cioccolato » - che il parlamento ha appena aumentato a 94,6 milioni di CHF permettendo a Nestlé, Toblerone, Kambly e altre di compensare il sovrapprezzo del latte e dei cereali elvetici nei biscotti, il cioccolato e le minestre. L’India ha ottenuto una scadenza fino al 2023. Gli Stati Uniti e l’Unione europea non utilizzano più queste sovvenzioni, ma altre misure simili per le quali Washington ha fatto concessioni minime : i crediti all’esportazione (che hanno una durata limitata a 18 mesi), l’aiuto alimentare e le aziende commerciali statali. La Svizzera avrà fatto la sua parte, ma non si può dire lo stesso degli altri paesi industrializzati. La Svizzera non è riuscita ad ottenere dagli Stati Uniti l’adozione di un pacchetto più equilibrato del quale anche i paesi in via di sviluppo ne avrebbero approfittato. Dal punto di vista dello sviluppo è spiacevole perché le sovvenzioni all’esportazione, in qualsiasi forma, sono lo strumento commerciale più nefasto per i paesi poveri dato che creano un effetto di dumping.

Sulle due questioni cruciali per l’India e la maggior parte dei paesi in via di sviluppo – il meccanismo speciale di salvaguardia (che dovrebbe permettergli di aumentare temporaneamente i dazi doganali sui prodotti agricoli sensibili per preservarsi da importazioni improvvise) e le riserve pubbliche per la sicurezza alimentare – non è stata presa nessuna decisione definitiva. Infine, la dichiarazione riconosce che alcuni membri vogliono cominciare a discutere di « altri temi » mentre altri membri no, ma che per iniziare nuovi negoziati sarà necessario il consenso di tutti. Anche se non specificate, si tratta di tematiche care ai paesi industrializzati, cominciando dagli investimenti e dal diritto alla concorrenza. Delle misure destinate a facilitare l’insediamento di multinazionali, limitando il diritto di regolamentazione dei paesi ospiti e dando agli investitori il diritto di replica sui progetti di legge. Delle tematiche che i paesi in via di sviluppo continuano a rifiutare dalla ministeriale di Cancun del 2003. Ancora una volta, questo linguaggio giuridico ambiguo è presagio di nuovi confronti.