OMC: la rivincita dell'Africa

Ngozi Okonjo-Iweala
16.2.2021
Articoli di politica
La nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala è stata eletta a dirigere l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Una vera e propria prima per l'Africa e per una donna.

Una nomina che è di buon auspicio per rilanciare il continente, soprattutto in tempi di pandemia, ma la nuova direttrice generale dovrà impegnarsi per uno sviluppo che non trascuri nessuno e per l’accesso ai vaccini da parte dei Paesi poveri.  

L’evento ha la sua importanza, in un momento in cui il multilateralismo è ampiamente minacciato e l’OMC è bloccata. Ma cosa vuol dire bloccata? Dalla sua creazione, nel 1995, il mondo è cambiato e i rapporti di forza pure. Son finiti i tempi in cui i Paesi industrializzati potevano dettare la loro volontà a quelli in via di sviluppo. Questi ultimi non si lasciano più imporre delle liberalizzazioni che agevolano soprattutto gli interessi dei capitali delle nazioni del Nord. La prova: dall’accordo sulla facilitazione del commercio nel 2015, non è stato più concluso nessun accordo multilaterale, ossia un accordo che includa tutti i membri.  

A Buenos Aires, nel 2017, alcuni di essi si son messi d’accordo per lanciare dei negoziati plurilaterali – in piccoli gruppi – su alcuni temi: commercio elettronico, facilitazione degli investimenti, promozioni delle piccole e medie imprese e regolamentazioni interne nei servizi. L’unico accordo multilaterale in corso di negoziazione è quello sulle sovvenzioni alla pesca, la cui conclusione era prevista per la fine del 2020 – scadenza non rispettata – e che i membri sperano di portare a termine prima della conferenza ministeriale prevista quest’anno in Kazakistan, se potrà aver luogo.  

La maggior parte dei Paesi africani non partecipano alle trattative sul commercio elettronico, salvo un’eccezione notevole, quella della Nigeria, che ha firmato la dichiarazione già al momento del suo lancio a Buenos Aires. Essi temono infatti una «colonizzazione digitale» e ritengono che prima sia necessario migliorare il loro accesso a Internet.

La crisi del coronavirus ha aperto nuove sfide

La crisi causata dalla pandemia ha generato nuove sfide. Secondo le stime della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), i 47 Stati più poveri del pianeta (che si trovano quasi tutti in Africa) dovrebbero registrare la peggiore performance economica di questi ultimi trent’anni con, in media, una contrazione del loro prodotto interno lordo (PIL) pari allo 0,4%. L’UNCTAD stima addirittura che 32 milioni di persone supplementari sono state spinte nell’estrema povertà in queste stesse nazioni, annullando decine di anni di sforzi per lo sviluppo. A livello mondiale, oltre 100 milioni di persone supplementari rischiano di finire sotto la soglia di povertà.

In questo contesto è più che mai importante che l’OMC s’impegni risolutamente a favore dei Paesi poveri e che i suoi membri accettino di riequilibrare degli accordi commerciali che non hanno portato un grande beneficio a questi Paesi. Il fatto che un’africana sia stata nominata direttrice generale e che abbia ribadito il suo impegno a favore dello sviluppo è promettente. L’accesso facilitato delle nazioni povere ai vaccini, ai test e ad altro materiale di protezione contro il Covid è vitale ed è inaccettabile che i Paesi ricchi, tra i quali la Svizzera, s’oppongano alla deroga sui diritti di proprietà intellettuale in tempi di pandemia richiesta da India e Africa del Sud, sostenute da una cinquantina di Paesi.

L’OMC deve pure accordare ai Paesi meno sviluppati (PMS) una deroga a tutti gli obblighi in materia di proprietà intellettuale al termine del TRIPs (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio), fintanto che restano dei PMS e 12 anni dopo la loro graduazione, come hanno appena domandato – una richiesta sostenuta dalla società civile internazionale, tra cui Alliance Sud.

Ngozi Okonjo-Iweala, liberale convinta

Ma non bisogna illudersi: Ngozi Okonjo-Iweala è stata ministra delle finanze del Nigeria a due riprese e ha lavorato 25 anni per la Banca mondiale, fino a diventare il numero due dell’istituto. È dunque una liberale convinta, che ha pilotato le privatizzazioni nel suo Paese, con le drammatiche conseguenze sociali che conosciamo. Ma s’è messa in evidenza anche nella lotta contro la corruzione e ha ottenuto una riduzione del 65% del debito nazionale.

Il 2021 potrebbe essere l’anno dell’Africa. Il 1° gennaio è entrato in vigore l’African continental Free Trade Area, una delle più grandi zone di libero scambio del mondo, che raggruppa 1,2 miliardi di persone e un PIL di 2'500 miliardi di USD. Un passo nell’integrazione regionale, quando invece gli scambi tra Paesi africani restano molto limitati, ma che può diventare un’arma a doppio taglio per i più deboli – piccoli agricoltori, piccoli commercianti e popolazioni autoctone. Il libero scambio genera sempre dei vincitori e dei vinti, sia che avvenga tra nazioni del Nord e del Sud, sia tra gli stessi Paesi del Sud: in ogni caso, occorre proteggere i perdenti.

Oggi una donna africana è eletta alla guida dell’OMC. Speriamo che ciò sia di buon auspicio, nel momento in cui l’Africa dimostra un dinamismo impressionante e una ferrea volontà nel voltare la pagina della crisi pandemica e proseguire il suo sviluppo.