La collaborazione con il settore privato non costituisce una novità nell’ambito della Cooperazione internazionale (CI) della Svizzera, che si tratti delle attività sia della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) sia della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). In linea con l’Obiettivo di sviluppo sostenibile (OSS) 17, che prevede l’istituzione di partenariati per raggiungere gli OSS, la CI svizzera aveva infatti consolidato il suo impegno con il settore privato nel periodo 2017 – 2020. Sebbene finora tale collaborazione non sia stata definita completamente in nessuna delle strategie della DSC, questo sta cambiando, almeno in parte.
Lo scorso gennaio 2021 sono stati pubblicati i «Principi guida relativi al settore privato nel quadro della strategia della cooperazione internazionale 2021–2024 », che stabiliscono i principi basilari che regolano le attività della (sola) DSC relative al settore privato. Inoltre, vi sono presentate le varie forme di cooperazione con gli attori economici privati, così come le sfide e le opportunità che ne derivano.
Considerando che il settore privato « contribuisce in maniera sostanziale alla riduzione della povertà nel mondo e a uno sviluppo sostenibile » – in particolare grazie alla creazione d’impieghi, alle imposte versate e ai « prodotti innovativi (...) che possono cambiare in meglio le condizioni di vita nei Paesi in via di sviluppo» –, il documento ricorda che il Dipartimento federale degli Affari Esteri (DFAE) e il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) desiderano intensificare la collaborazione con il settore privato nell’ambito della Strategia sulla CI 2021-2024 e della nuova Strategia per uno sviluppo sostenibile 2030 del Consiglio federale.
La DSC dichiara in tal senso che i 17 OSS «possono essere raggiunti solo se (...) si aggiungono gli investimenti privati» all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e alle entrate fiscali nazionali. Il settore privato farebbe quindi «parte della soluzione» per raggiungere gli OSS e per proteggere il clima.
Quattro campi d’azione
Per la DSC l’implicazione del settore privato a favore dello sviluppo sostenibile si articolerà attorno a quattro tematiche : (1) le Condizioni quadro di politica economica, che includono la promozione dello Stato di diritto, una gestione aziendale responsabile e degli investimenti sostenibili; (2) la Promozione delle imprese locali nei Paesi prioritari della CI svizzera, in particolar modo delle piccole e medie imprese (PMI); (3) la Collaborazione con il settore privato (in inglese Private Sector Engagement - PSE), ovvero i partenariati con gli attori del settore privato (in Svizzera e in altri Paesi); e, infine, (4) gli Appalti pubblici, cioè i mandati della DSC attribuiti agli attori del settore privato (in Svizzera e all’estero), che in futuro dovrebbero applicare dei criteri di sviluppo sostenibile più esigenti.
PSE, avete detto PSE?
Il terzo campo d’azione, ossia l’impegno del settore privato (Private Sector Engagement - PSE) include, secondo la DSC, la cooperazione fra la CI e gli attori «affermati» del settore privato «desiderosi di promuovere» lo sviluppo sostenibile. Tali attori, provenienti sia dall’economia reale che dal settore finanziario, possono, a parere della DSC, contribuire alla lotta contro la povertà e rappresentano pertanto dei partner interessanti per la CI. Tra di essi figurano le grandi aziende e le imprese multinazionali, le PMI, le imprese sociali, gli investitori d’impatto e le fondazioni donatrici, ognuno avente dei «punti di forza specifici». In questo contesto, la DSC si avvale anche delle ONG e delle istituzioni accademiche, ad esempio quali partner nell’attuazione.
Come specificato nel «manuale sull’impegno del settore privato», la DSC prevede di aumentare – a medio termine, ovvero durante l’attuazione della Strategia di CI 2021-2024 – le collaborazioni con il settore privato e il volume di finanziamento del suo portafoglio PES. Oltre agli approcci PES «tradizionali», si prevede di sviluppare «nuovi strumenti finanziari» per aumentare il volume della cooperazione pubblico-privato, anche nei Paesi meno sviluppati (Paesi meno avanzati - PMA) e nei contesti fragili.
500 milioni all’anno?
Anche se nel documento si afferma che non avrebbe senso fissare un obiettivo di crescita quantificabile, vi resta indicato che, attualmente, circa l’8 % dei progetti totali finanziati dalla DSC (operazioni bilaterali e programmi globali) appartengono ai partenariati con il settore privato. Combinando vari fattori, a lungo termine si stima che circa il 20-25% di tutte le operazioni della DSC potrebbero essere realizzate in collaborazione con il settore privato, sia nella cooperazione bi- che multilaterale. Se consideriamo che nel 2020 il volume delle spese relative ai circa 125 partenariati in vigore ammonta a 165 milioni di franchi, nel lungo periodo si potrebbe quindi raggiungere quasi mezzo miliardo di spesa annuale.
Va ricordato che la Strategia CI 2021-2024 non prevede alcun aumento degli importi dei crediti quadro per finanziare questi partenariati, che saranno sostenuti dai fondi stanziati per la cooperazione allo sviluppo bilaterale. Chiaramente ciò equivale all’aumento dei partenariati con il settore privato, a discapito non solo delle altre forme di cooperazione, le quali hanno un effetto di riduzione della povertà appurato - in particolare per quanto riguarda i programmi di sostegno ai servizi pubblici di base quali l’educazione e la salute -, ma anche potenzialmente a discapito di altre forme di sostegno al settore privato nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto della promozione delle PMI locali.
Con quale impatto?
È quindi necessario determinare l'impatto di questi partenariati sullo sviluppo, nonché la pertinenza degli obiettivi perseguiti da questo tipo di cooperazione con il settore privato. Su questo punto, tuttavia, i «Principi guida per il settore privato» restano vaghi o non forniscono, nella loro forma attuale, una visione chiara di come la DSC garantirà che il suo mandato primario, ossia la riduzione della povertà nei Paesi prioritari, sia effettivamente adempiuto nel quadro di questi partenariati.
Il manuale interno della DSC elenca diversi criteri e modalità di cooperazione, nonché una complessa procedura di analisi dei rischi. Ma il diavolo, come sempre, è nei dettagli. Nell’istituzione dei partenariati la DSC dovrà assicurarsi che questi criteri e processi siano effettivamente rispettati da tutti gli attori, e che non siano solo una maniera per «spuntare la casella».
Vista la forte tendenza, predominante nelle istituzioni multilaterali e fra i donatori bilaterali, la DSC potrebbe trovarsi sotto pressione e dover così aumentare il suo portafoglio PES senza essere in grado di garantire che questi partenariati siano in linea con gli obiettivi centrali dell'Agenda 2030 di «non lasciare indietro nessuno» (Leave no one behind).
Pubblicato il 27 maggio 2021
Su Il Lavoro
(Traduzione Letizia Bernaschina)