Una condotta responsabile delle imprese, adesso!

Delle operaie del tessile nella fabbrica di vestiti Dulal Brothers Ltd. a Dhaka, in Bangladesh.
15.10.2020
Articolo global
La pandemia di COVID-19 porta bruscamente alla luce le profonde disuguaglianze delle catene globali del valore. Allo stesso tempo, la crisi mette alla prova la serietà delle imprese nell’esercizio della loro responsabilità.

Secondo le stime dell'OIL del secondo semestre, le misure di chiusura totale o parziale delle attività toccano circa 2,7 miliardi di lavoratori nel mondo e, secondo l’FMI, l’economia mondiale si trova davanti alla peggiore recessione dopo la Grande Depressione degli anni ‘30.

La situazione attuale mette in luce la precarietà dei nostri sistemi di produzione e di consumo mondiali. Nel settore dell’abbigliamento, ad esempio, la reazione immediata di numerosi marchi internazionali è stata quella di annullare unilateralmente gli ordini di merci già prodotte o in fase di produzione. Tra i fornitori del Bangladesh che hanno improvvisamente perso i loro contratti senza alcun risarcimento più del 70% ha dichiarato di non poter fornire un reddito ai propri lavoratori rimasti a casa, più dell’80% di non essere in grado di offrire una liquidazione ai lavoratori licenziati a causa dell’annullamento degli ordini e oltre il 95% ha affermato di non aver ricevuto alcun sostegno da parte dei marchi e dei venditori al dettaglio per coprire i costi.

La crisi del COVID-19 dimostra in modo brutale l’iniquità delle catene globali del valore: esternalizzazione dei costi e del rischio economico e trasferimento della responsabilità per quanto riguarda i diritti sociali dei lavoratori ai fornitori nei Paesi in via di sviluppo. Troppe sono le imprese che trascurano la loro responsabilità sociale (CSR) e i loro obblighi in materia di diritti umani.

In tutta una serie di settori economici le imprese sono state confrontate a perdite catastrofiche che minacciano la loro solvibilità, questo soprattutto tra le piccole imprese, e milioni di lavoratori sono esposti al rischio di perdere il proprio salario o di essere licenziati. Specialmente nei Paesi a basso e medio reddito, i settori duramente colpiti contano un’elevata percentuale di lavoratori informali - perlopiù lavoratori migranti e donne – che hanno un accesso limitato, se non del tutto inesistente, ai servizi sanitari e alla protezione sociale.

Di fronte a questa situazione drammatica, l’OCSE, il Gruppo di Lavoro su Imprese e Diritti Umani dell’ONU e molte ONG internazionali hanno ricordato che il quadro normativo internazionale che definisce la condotta responsabile delle imprese (Responsible Business Conduct / RBC) riconosce gli effetti negativi che un disimpegno da parte delle imprese può causare sui diritti umani e sottolinea la responsabilità di queste ultime nel prevenirli. I Principi Guida dell’ONU e dell’OCSE a questo proposito si aspettano dalle imprese che qualora queste intendano svincolarsi dalle loro relazioni commerciali lo facciano in modo responsabile e riducendo il più possibile le conseguenze negative sui lavoratori e sulle comunità.  

Anche quando la decisione di disimpegnarsi è motivata da una crisi di salute pubblica come quella del COVID-19 (se non ancor di più considerando i rischi maggiori incorsi dalle persone), le norme internazionali insistono sul fatto che le imprese devono agire in modo responsabile e continuare a rispettare i diritti umani dei lavoratori su tutta la loro catena del valore. In altre parole, questi principi di condotta responsabile delle imprese dovrebbero essere applicati con una speciale attenzione. Nella sua analisi, l’OCSE elenca le misure concrete che le imprese sono chiamate a mettere in atto per garantire delle pratiche responsabili di fronte alla crisi, in particolare: in caso di interruzioni della domanda (demand-side disruptions), valutare le conseguenze degli annullamenti o delle sospensioni degli ordini sull’impresa, compresi gli impatti ambientali o sociali, e la capacità di ripartire dopo la crisi; comunicare i risultati ai consumatori e ai governi e proporre delle soluzioni alternative e degli investimenti per attenuare gli impatti socio-economici; in caso di licenziamenti e di altre misure a corto termine con conseguenze sull’impiego, assicurare un dialogo con i sindacati e i rappresentanti dei lavoratori e concedere un preavviso ragionevole ai lavoratori e, all’occorrenza, alle autorità governative competenti e cooperare con loro affinché vengano prese in considerazione delle opzioni valide per limitare nella misura del possibile questi effetti negativi; infine progettare soluzioni innovative, come la riduzione dei salari dei dirigenti o l’annullamento del versamento dei dividenti, per contribuire al finanziamento dei salari ed evitare il licenziamento o i congedi.

È fondamentale che gli strumenti internazionali che definiscono la condotta commerciale responsabile non vengano messi da parte proprio adesso e che le risposte alla pandemia e al suo impatto economico non si traducano in un rilassamento delle norme.

A questo proposito il Gruppo di Lavoro dell’ONU su Imprese e Diritti Umani ritiene che qualsiasi sostegno finanziario o salvataggio delle imprese (bailout) debba essere vincolato da un chiaro impegno nel rispettare le norme di condotta responsabile delle imprese, in primo luogo il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone.

Il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese dev’essere una missione fondamentale durante e dopo la crisi per contribuire a una ripresa sostenibile. La dovuta diligenza in materia di diritti umani esige l’identificazione e l’attenuazione di qualsiasi tipo di rischio per le persone. In particolare, si tratta di prendere delle misure preventive per garantire la salute e la sicurezza dei dipendenti, non solo all’interno dell’impresa ma per ogni anello delle catene del valore. Le imprese devono inoltre astenersi dall’abuso di clausole di “forza maggiore” per annullare i pagamenti e gli ordini.

A new normal

La pandemia alla fine passerà. Come il Gruppo di lavoro dell’ONU, anche Alliance Sud ritiene che gli Stati e gli attori economici debbano imparare da questa crisi per non tornare alla normalità ma crearne una diversa, una “nuova normalità” fondata sugli strumenti internazionali relativi alla condotta responsabile delle imprese. Il periodo di ripresa dovrà essere un’occasione per ridurre la vulnerabilità dei lavoratori nelle catene globali del valore, garantendo loro delle condizioni di lavoro e un salario decenti e la messa in atto di sistemi d’assicurazione sociale degni del XXI secolo. In definitiva, questa nuova normalità dovrà permetterci di prepararci meglio per la prossima crisi, concentrando la nostra attenzione collettiva sulla crisi climatica e su tutte le altre sfide riguardanti i diritti umani generate dalle crescenti disuguaglianze.

Pubblicato il 14.10.2020

su Il Corriere dell’Italianità

(Traduzione: Sofia Reggiani)