Ogni quattro anni, il Consiglio federale presenta al Parlamento una strategia rinnovata per la cooperazione internazionale (CI) della Svizzera. Quali obiettivi deve promuovere il nostro paese nell’ambito della sua cooperazione internazionale, quali priorità deve stabilire e in quali paesi deve essere attiva? È a queste domande che chiedeva di rispondere la prima procedura di consultazione sulla CI. Sono stati raccolti duecentocinquanta pareri, molti di più rispetto ai 100-150 enti, organizzazioni e privati che partecipano abitualmente a questa procedura, che ha l’obiettivo di sondare l’opinione della società civile.
Dalle risposte emerge che quasi nessuno rifiuta totalmente il quadro strategico presentato: molti ne approvano i principi, ma la maggioranza chiede delle modifiche importanti al testo. La prevista cessazione delle attività di cooperazione bilaterale allo sviluppo in America latina è molto controversa. Molti pareri, compresi quelli dei cantoni, criticano come l’accento sia stato messo principalmente sugli interessi della Svizzera. La Zurich Assicurazioni, ad esempio, ritiene che debbano prevalere i principi della sostenibilità e del lungo termine. Esprime preoccupazione per l’eccessiva centralità degli interessi unilaterali della Svizzera, in particolare quelli a corto termine in materia di politica commerciale o migratoria.
L’Agenda 2030 come quadro di riferimento
Secondo i partecipanti alla consultazione si è persa l’occasione di indicare in modo esplicito l’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite come quadro di riferimento globale. Tutte le misure e i programmi della CI dovrebbero essere guidati da quest’agenda; è il leitmotiv ripetuto da cantoni, sindacati, ONG, settore privato e scientifico. Questo quadro di riferimento dev’essere ben radicato nella strategia della CI.
Il tema della migrazione, spesso trattato dai media, è un argomento sul quale si è espresso un numero relativamente ristretto di attori, sottolineando che non bisogna creare aspettative troppo alte al riguardo. Viene invece accolta positivamente la rinuncia a legare la cooperazione allo sviluppo alla collaborazione dei paesi coinvolti dai flussi migratori.
La questione cruciale dei fondi a disposizione dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) non era oggetto di consultazione. Almeno la metà dei pareri raccolti contiene però un commento in merito. Soltanto l’UDC e l’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) chiedono direttamente o indirettamente una riduzione dei fondi allocati alla CI. Tutti gli altri partecipanti alla consultazione vorrebbero invece un aumento di questi fondi. Come minimo, la Svizzera dovrebbe accrescere la percentuale di reddito nazionale lordo (RNL) prevista dallo 0,45% allo 0,5%, come deciso dal Parlamento, e, perlomeno a lungo termine, rispettare l’impegno preso più volte a livello internazionale di raggiungere lo 0,7%. Molti auspicano persino una percentuale dell’1% del RNL da destinare all’Aiuto pubblico allo sviluppo. Considerando le eccedenze di bilancio miliardarie, l’aumento sarebbe sostenibile dal punto di visto finanziario.
Poche sorprese
Questa prima analisi delle risposte alla procedura di consultazione conferma quanto già emerso da discussioni precedenti. Nessuno si oppone alla partecipazione della Svizzera alla cooperazione internazionale. Anche l’UDC è favorevole al suo orientamento generale, sebbene non perda occasione per esprimersi contro il multilateralismo e il sostegno alle ONG svizzere. A livello cantonale, sono soprattutto i cantoni latini ad aver partecipato alla consultazione e ad aver formulato dei commenti significativi. Grazie alle federazioni cantonali che agiscono da intermediarie, i cantoni latini sono coinvolti più direttamente nella CI rispetto ai cantoni della Svizzera tedesca. Questi ultimi hanno perlopiù approvato il progetto senza formulare osservazioni oppure non hanno risposto alla consultazione. Alcuni attori del settore privato (UBS, Zurich Assicurazioni, Swiss Trading and Shipping Association [STSA]) hanno invece utilizzato la consultazione come una campagna pubblicitaria, descrivendo il loro contributo allo sviluppo sostenibile nelle risposte.
L’ampia partecipazione degli ambienti religiosi può invece essere considerata sorprendente. Oltre ai pareri, attesi, delle numerose organizzazioni attive nella CI, anche molte parrocchie hanno risposto alla consultazione.
Complessivamente, la consultazione mette in evidenza il forte sostegno di cui gode la CI in Svizzera. Il nostro paese può focalizzare il suo operato sul benessere della comunità internazionale, ma sono necessari dei criteri più chiari. Ora tocca al Consiglio federale: se prende sul serio la procedura di consultazione, allora deve riesaminare la sua proposta e riformulare vari punti centrali della sua strategia.
Pubblicato il 7 novembre
Su Il Lavoro
(Traduzione: Barbara Rossi)