Pomodori al gusto di sangue

Idrissa Diassy (24 anni), senegalese, è una delle vittime indirette della produzione globalizzata di pomodori. Lavora nel Sud Italia.
29.7.2020
Articolo global
Cofco Tunhe, il secondo produttore mondiale di concentrato di pomodoro, si trova nello Xinjiang – dove la Cina opprime milioni di Uiguri. La società madre Cofco ha stabilito la sua sede commerciale internazionale a Ginevra. La Svizzera deve agire.

È «la storia assurda del nostro mondo globalizzato» quella che racconta L’Impero dell’oro rosso1, un incredibile reportage di Jean-Baptiste Malet, uscito nel 2017, dopo due anni d’inchiesta. Mostra come la produzione mondiale di salsa al pomodoro sia stata spostata dall’Italia alla Cina, più precisamente nello Xinjiang, diventato il numero due mondiale dell’industria rossa grazie a Cofco Tunhe. È un’impresa di Stato cinese che possiede 11 fabbriche di trasformazione di pomodori e 5’000 ettari di campi di pomodori in questa regione occidentale della Cina (chiamata Turkestan orientale dagli Uiguri che ci abitano).

Abbiamo scoperto che nel 2017 la casa madre, Cofco Group, ha insediato la sua sede commerciale internazionale a Ginevra, la Cofco International.

Il giornalista provenzale si è interessato a questa storia perché un fiore all’occhiello francese della salsa di pomodoro, Le Cabanon, era stato appena acquisito da un investitore cinese, Liu Yi, detto «il generale». Il giornalista si è domandato: «Perché un paese dove non si mangia salsa al pomodoro vuole fare concorrenza alla Provenza o all’Italia?».

Cofco Tunhe vende alle principali marche internazionali

Ciò che ha scoperto l’ha lasciato a bocca aperta. All’inizio degli anni 2000, il Bingtuan, un’organizzazione industriale militare creata nel 1954 su ordine di Mao e composta da ex-funzionari dell’armata, si è ritrovata a capo di Chalkis, un gruppo di salsa al pomodoro quotato in borsa.

La missione di questa misteriosa organizzazione è di evitare ogni ribellione del popolo Uiguri, popolando e controllando la regione dello Xinjiang dove possiede delle terre, delle risorse e può contare su una mano d’opera molto buon mercato: gli operai guadagnano 1 centesimo di euro per un chilo di pomodori raccolti e 1/3 del raccolto è ancora fatto a mano. I bambini accompagnano i genitori nei campi e, a volte, lavorano pure loro.

Il successo è talmente folgorante che in 20 anni la Cina è diventata una superpotenza del pomodoro che produce del concentrato venduto in oltre 130 paesi, tra i quali l’Italia. Molti dei prodotti e delle salse consumate in Europa e negli Stati Uniti contengono ingredienti provenienti da quest’impresa, a cominciare dal famoso Ketchup. In tempi poco sospetti (prima che il mondo sapesse dell’esistenza dei campi Uiguri) Yu Tianchi, vice-presidente di Cofco Tunhe, dichiarava apertamente davanti alle telecamere: «Tutte le marche internazionali si fidano e acquistano il nostro concentrato di pomodoro: Heinz, Kraft, Unilever, Nestlé… Ogni anno Heinz vende 650 milioni di bottiglie di Ketchup in oltre 150 paesi».

La mondializzazione in tutte le sue forme

Heinz, un’impresa che è un concentrato stesso della storia del capitalismo. Il film racconta che è stata acquistata dal miliardario Warren Buffet, il cui patrimonio è stimato a 73 miliardi di dollari. Dal suo acquisto, Buffet ha chiuso la più grande fabbrica del Nord America, situata nel sud del Canada, e soppresso 7’400 posti di lavoro, cioè circa un quarto degli effettivi - «la variabile di adattamento del capitalismo».

Ma come si è potuto arrivare a questa situazione? È l’Italia che ha offerto i primi macchinari alla Cina. Pensando di fare un buon affare, Armando Gandolfi, un trader di Parma, ha assicurato il trasferimento di tecnologia e organizzato la produzione in loco.  «Gli italiani volevano vendere le loro macchine. I cinesi volevano costruire delle fabbriche. Gli italiani costruivano quindi le fabbriche, i cinesi producevano le salse e le davano agli italiani da rivendere in Italia», spiega Gandolfi. Solo che i cinesi imparano in fretta. Molto rapidamente hanno cominciato a produrre la salsa di pomodoro autonomamente, a dei costi di produzione inarrivabili per tutta la concorrenza. Hanno cominciato a esportarla in tutto il mondo, con il porto di Salerno, nel Sud Italia, quale destinazione principale. Là il concentrato è riconfezionato e riparte in seguito verso ogni angolo del pianeta.

Oggi le tre grandi potenze del pomodoro – gli Stati Uniti, l’Italia e la Cina - si fanno una concorrenza spietata. Ma i cinesi hanno superato gli italiani con la salsa made in China perché la esportano in Africa. In Ghana, la salsa di pomodoro cinese è talmente conveniente che i pomodori coltivati sul posto non si vendono più. In 15 anni, le importazioni sono moltiplicate per 30 e l’ultima fabbrica di trasformazione di pomodori ha chiuso nel 2012. Dice con enfasi il generale Liu: «Xi Jinping ha lanciato delle Nuove vie della seta. Lo Xinjiang è all’inizio, il Ghana alla fine».

Il film mostra un fenomeno purtroppo molto conosciuto. Dall’indipendenza, i contadini del Ghana coltivavano i pomodori trasformati poi nelle fabbriche locali, protetti dalle barriere doganali. Dalla metà degli anni ’90 e l’avvento del libero scambio, il paese è stato sommerso dalle importazioni e le fabbriche locali hanno dovuto chiudere. I contadini sono obbligati a emigrare, vanno a cercare fortuna in Europa, fallendo in Italia dove, per una cinica ironia della sorte, si ritrovano a raccogliere…pomodori. Nelle campagne di Foggia, in Puglia, 30’000 migranti lavorano alla raccolta in condizioni prossime alla schiavitù.

Cofco International, un’impresa svizzera

Dalla realizzazione di questo eccellente documentario, la situazione dei diritti umani nello Xinjiang (che già era grave), ha preso una piega drammatica. Nell’agosto 2018, il Comitato dell’ONU sull’eliminazione della discriminazione razziale ha confermato quanto le ONG denunciavano da qualche tempo: la Cina ha costruito dei «campi di rieducazione» dove marciscono come minimo un milione di Uiguri e di altre minoranze musulmane. Pechino prima ha negato ma, diventando le prove sempre più irrefutabili, è stata obbligata a riconoscere la loro esistenza, sostenendo però che si trattava di campi di formazione professionale. Una tesi smentita da numerose fonti e demolita nello scorso dicembre dagli China Cables che confermano quello che Dolkun Isa, il presidente del Congresso mondiale uiguro, ci aveva detto: il lavoro forzato è praticato in questi campi e nelle fabbriche situate all’esterno di questi, come documentato da tempo dal ricercatore tedesco Adrian Zens. I settori del pomodoro e del cotone sono particolarmente a rischio.

Cofco Group, la casa madre di Cofco Tunhe, ha stabilito la sua sede commerciale internazionale a Ginevra, con il nome Cofco International. Nel maggio del 2017 un protocollo d’intesa è stato firmato a Pechino tra i dirigenti dell’impresa e il Consigliere di Stato Pierre Maudet alla presenza dell’allora presidente della Confederazione, Doris Leuthard. Prevede la possibilità di concludere, con discrezione, delle intese fiscali, nello spirito delle Nuove vie della seta.

Le autorità svizzere devono agire

Come rivelato da Public Eye nel suo rapporto Agricultural Commodity Traders in Switzerland: Benefitting from Misery?, pubblicato nel giugno 2019, Cofco è ormai uno dei più grandi commercianti agricoli al mondo. Da allora la Svizzera ha una precisa responsabilità in questo affare: la Confederazione verifica che il lavoro forzato non sia praticato nelle fabbriche e nei campi di pomodori di Cofco? Alliance Sud, la Società per i popoli minacciati e Public Eye – riunite nella Piattaforma Cina durante i negoziati dell’accordo di libero scambio con la Cina – chiedono alle autorità federali e cantonali ginevrine che esigano da Cofco l’applicazione del suo dovere di diligenza lungo tutta la catena di produzione e che faccia prova di trasparenza.

Alla fine del film, il generale Liu, che ha fatto i suoi conti, si sfrega le mani: «Credo che tra 5-6 anni i prodotti a base di pomodori finiranno per entrare sul mercato cinese perché sempre più persone mangiano da Mac Donald. Se il consumo raggiunge i 7-8 chili per persona l’anno, ci vorranno 10 miliardi di chili di pomodori. C’è un grande margine di sviluppo per questa industria!».

Pubblicato il 10 giugno 2020

Su La Regione

(Traduzione: Sonia Stephan)

 

1 L'Empire de l'or rouge : Enquête mondiale sur la tomate d'industrie, Jean-Pierre Malet, Fayet Verlag, 2017 /
L’Empire de l’or rouge, Film von Jean-Pierre Malet und Xavier Deleu, DVD (Little Big Story), 2019