Iniziativa per la responsabilità ambientale

Rispettare i limiti del pianeta? Ma certo!

24.01.2025, Giustizia climatica

Il 9 febbraio i cittadini e le cittadine voteranno su un’iniziativa popolare che chiede alla Svizzera di ridurre la propria impronta ecologica. Si tratta di una condizione indispensabile per attenuare le disuguaglianze a livello globale e proteggere insieme il nostro pianeta. Alliance Sud dice «sì» all’iniziativa per la responsabilità ambientale.

Delia Berner
Delia Berner

Esperta in politica climatica internazionale

Rispettare i limiti del pianeta? Ma certo!

© Alleanza per la responsabilità ambientale

Finché non sarà possibile trasferirsi su un pianeta alternativo, proteggere la Terra è nell’interesse di tutta l’umanità. Alcuni anni fa, il ricercatore svedese Johan Rockström ha spiegato in un documentario insieme a David Attenborough, leggendario naturalista della BBC, cosa deve fare l’umanità per proteggere le basi della vita per tutti: deve rispettare i «limiti planetari». Questo concetto illustra come vi siano dei limiti oltre i quali la natura non sopporta più l’inquinamento e il rischio di giungere a dei punti di non ritorno è reale. Se l’ecosistema collassa giungendo a uno di questi punti, diventa impossibile evitare la perdita delle condizioni fondamentali per la vita. La considerevole scomparsa di biodiversità e l’eccesso delle emissioni di gas serra sono tra le aree in cui è più urgente intervenire. È per questo che nell’Accordo di Parigi sul clima, ad esempio, è stato fissato l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Oltre tale limite, l’umanità corre il grave rischio che si verifichino danni irreversibili.

 

L’iniziativa popolare è una risposta alla mancata volontà da parte di Consiglio federale e Parlamento di discutere seriamente la questione delle risorse.

 

L’iniziativa per la responsabilità ambientale chiede alla Svizzera di ridurre, entro dieci anni, il suo consumo di risorse a un livello tale che la sua quota di popolazione, in proporzione a quella mondiale, richieda un solo pianeta. Con ciò l’iniziativa considera che ci sono molte altre persone sulla Terra che vogliono e che hanno il diritto di avere un futuro degno di essere vissuto. Con l’«Agenda 2030», la comunità degli Stati delle Nazioni Unite si è posta l’obiettivo che nessuno debba più vivere nella povertà entro il 2030. Oggi le persone che vivono in povertà consumano poche risorse, soprattutto nel Sud del mondo, ma ne avranno bisogno un po’ di più in futuro per vivere una vita al di fuori della povertà. È quindi necessario che le società ricche e consumatrici riducano il loro consumo di risorse più della media globale. L’iniziativa popolare è una risposta alla mancata volontà da parte di Consiglio federale e Parlamento di discutere seriamente la questione delle risorse, e ciò malgrado un dato di fatto: continuare come ora significherebbe oltrepassare i limiti del pianeta.

 

Ulteriori informazioni:

 

Consiglio streaming: «Breaking Boundaries: The Science of our Planet», 2021, con Johan Rockström e David Attenborough, disponibile su Netflix.

Politica climatica

Scambio di certificati di CO2: tutto fumo e niente arrosto?

03.12.2024, Giustizia climatica

Sia con la legge sul CO2, sia con il nuovo programma di risparmio, la politica svizzera fa sempre più affidamento sui certificati di riduzione delle emissioni di CO2 provenienti dall’estero per raggiungere il suo obiettivo climatico entro il 2030. Ma il piano sembra destinato a fallire: i primi programmi stanno già rivelando serie lacune. Analisi di Delia Berner.

Delia Berner
Delia Berner

Esperta in politica climatica internazionale

Scambio di certificati di CO2: tutto fumo e niente arrosto?

Vecchi autobus e mascherine onnipresenti: Bangkok soffre per i gas di scarico, ma gli e-bus finanziati dalla Svizzera sono davvero utili in Thailandia?

© Benson Truong / Shutterstock

A gennaio 2024, la Svizzera ha attirato su di sé l’attenzione del mondo intero, soprattutto tra la comunità esperta nel mercato del carbonio. Infatti, per la prima volta in assoluto, le riduzioni di CO2 sono state trasferite da un Paese all’altro per mezzo di certificati nell’ambito del nuovo meccanismo di mercato dell’Accordo di Parigi sul clima. In concreto, l’introduzione degli autobus elettrici a Bangkok ha consentito alla Thailandia di ridurre le emissioni di CO2 di quasi 2000 tonnellate nel primo anno. La Svizzera ha acquistato questa riduzione per computarla al proprio obiettivo climatico.

Facciamo un passo indietro: entro il 2030, la Svizzera intende risparmiare più di 30 milioni di tonnellate di CO2 all’estero invece che sul territorio nazionale. I primi accordi bilaterali a questo proposito sono stati stipulati nell’autunno del 2020 e nel frattempo ve n’è più di una dozzina. Numerosi altri progetti sono in fase di sviluppo: dagli impianti di biogas e dai fornelli da cucina efficienti nei Paesi più poveri ai sistemi di climatizzazione rispettosi del clima e all’efficienza energetica negli edifici e nell’industria. Finora sono stati approvati solo due programmi al fine di essere considerati per l’obiettivo climatico svizzero. Le 2000 tonnellate di emissioni di CO2 risparmiate in Thailandia sono i primi certificati effettivamente scambiati. Da qui al 2030 resta ancora molto da fare per garantire che la Svizzera abbia un numero sufficiente di certificati da acquistare.

Il primo progetto rischia di fallire...

Ora la rivista “Beobachter”, dopo aver esaminato la documentazione in conformità con la legge sulla trasparenza, ha rivelato che proprio il primo programma a Bangkok rischia di non generare ulteriori certificati. Già un anno fa, l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) aveva ricevuto accuse secondo le quali l’azienda produttrice dei bus elettrici stava violando il diritto del lavoro nazionale e il diritto alla libertà sindacale sancito dalla convenzione dei diritti dell’uomo. Dopo un accordo provvisorio raggiunto un anno fa, quest’anno sono emerse nuove accuse, che ora l’UFAM deve esaminare: la Svizzera non può autorizzare certificati creati in presenza di una violazione dei diritti umani. L’UFAM ha dichiarato al “Beobachter” che “può e sospenderà” l’ulteriore rilascio di certificati qualora le accuse vengano confermate. Un’ampia ricerca della rivista digitale “Republik” porta alla luce ulteriori accuse: la Svizzera sarebbe addirittura coinvolta in un thriller economico in Thailandia, perché avrebbe alimentato una bolla borsistica di dieci miliardi di franchi ignorando gli avvertimenti.

Anche il secondo progetto approvato genererà meno certificati di quanto prometta: una nuova ricerca di Alliance Sud su un progetto di fornelli da cucina in Ghana mostra che la pianificazione sovrastima le riduzioni di emissioni di 1,4 milioni di tonnellate. A questo punto risulta già chiaro che la compensazione all’estero non è generalmente più economica e certamente non è più facile da attuare rispetto alle misure di protezione del clima in Svizzera. Tali misure dovranno essere introdotte comunque, prima o poi, al fine di raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette in Svizzera.

Altro che qualche difficoltà iniziale

I primi progetti mostrano le difficoltà nel garantire che grazie a essi venga effettivamente ridotta una certa quantità di CO2 e che siano efficaci in termini di costi. Proprio lo scetticismo sulla reale riduzione è il motivo per cui molti progetti di compensazione hanno fatto notizia negli ultimi anni. L’efficienza in termini di costi, poi, è rilevante poiché la maggior parte dei certificati viene pagata dalla popolazione svizzera attraverso una tassa sul carburante. Per verificare entrambi gli aspetti, l’UFAM dovrebbe esaminare il piano di finanziamento dei progetti. Ad esempio, dovrebbe assicurarsi che i costi di realizzazione non includano margini o profitti sproporzionati, ma che il più possibile dei fondi sia investito nella tutela del clima o nello sviluppo sostenibile, con il coinvolgimento della popolazione interessata nel Paese partner.

Tuttavia, è proprio qui che il sistema di compensazioni svizzere all’estero mostra i suoi punti deboli: dal momento che i certificati non vengono acquistati dalla Confederazione, ma dalla Fondazione per la protezione del clima e la compensazione di CO2 KliK, che converte in certificati i proventi della tassa sul carburante, i “dettagli commerciali” rimangono nascosti al pubblico. Quindi nessuno sa quanto costi una tonnellata di CO2 non emessa grazie all’uso di un bus elettrico a Bangkok o quanto denaro venga investito complessivamente nel progetto dei fornelli da cucina in Ghana, né tanto meno quanto ci guadagnino gli operatori del mercato privato. Nel caso del progetto in Ghana in questione, inoltre, sono state oscurate ampie parti della documentazione pubblicata sul progetto. La trasparenza è ancora peggiore rispetto agli standard quantomeno seri del mercato volontario del carbonio.

Duplice necessità di azione

Queste sfide vanno oltre le semplici difficoltà iniziali e rivelano una duplice necessità di azione da parte della politica svizzera. In primo luogo, è necessario migliorare la mancanza di trasparenza delle informazioni finanziarie sui progetti attraverso l’ordinanza relativa alla legge sul CO2, che è attualmente in fase di adeguamento all’ultima revisione della legge. In secondo luogo, occorre correggere l’idea che la compensazione all’estero sia un modo più economico e semplice per proteggere il clima. La Svizzera deve favorire la protezione del clima entro i propri confini nazionali e, dopo il 2030, raggiungere i suoi obiettivi climatici senza far nuovamente ricorso alle compensazioni di CO2. Alliance Sud invita il Consiglio federale a tenerne conto nella legge sul CO2 dopo il 2030.

Votazione del 9 giugno

La legge sull’elettricità è necessaria per proteggere maggiormente il clima

16.05.2024, Giustizia climatica

Per tutelare il clima, la Svizzera deve assicurare il proprio approvvigionamento elettrico da fonti rinnovabili. Pertanto Alliance Sud sostiene la legge sull’elettricità, che sarà sottoposta a votazione il 9 giugno 2024.

Delia Berner
Delia Berner

Esperta in politica climatica internazionale

La legge sull’elettricità è necessaria per proteggere maggiormente il clima

La legge sull’elettricità promuove l’espansione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Svizzera. L’approvvigionamento di elettricità da fonti rinnovabili come il sole, l’acqua e il vento è imprescindibile perché la Svizzera possa progredire nella decarbonizzazione e raggiungere i suoi obiettivi climatici sempre più sul territorio nazionale, invece di compensare le sue emissioni all’estero. Si noti che questa legge nel Parlamento federale è stata sostenuta da membri di tutti i partiti. Anche il consigliere federale Albert Rösti ha appoggiato la proposta di legge, già in veste di consigliere nazionale. L’espansione delle rinnovabili è ormai un denominatore comune non solo in Svizzera, ma anche nell’ambito dei negoziati per il clima delle Nazioni Unite. All’ultima conferenza sui cambiamenti climatici COP28 di Dubai, la comunità internazionale si è posta l’obiettivo di triplicare la capacità mondiale di generare energie rinnovabili entro il 2030.

Tuttavia nei negoziati globali e nella politica climatica svizzera finora si è trascurato un secondo punto fondamentale: l’abbandono delle energie fossili. Infatti, anche ampliando le rinnovabili, se si continua a inquinare con i combustibili fossili i gas serra non diminuiranno.
Questo aspetto deve essere tenuto maggiormente in considerazione nella politica climatica svizzera.

Per il momento, comunque, dopo il 59% dei consensi espressi per la legge sulla protezione del clima un anno fa, il 9 giugno offre l’opportunità di ottenere ancora una volta dalla popolazione un chiaro segnale a favore di un futuro rispettoso del clima. Lo scorso giugno ce lo ha mostrato: la protezione del clima ha il sostegno della maggioranza!

Cosa porterà la nuova legge sull’elettricità?

•    Una transizione energetica più veloce
La legge sull’elettricità consente una rapida espansione delle energie rinnovabili, in particolare dell’energia solare. Oltre l’80% degli impianti è costruito su edifici e infrastrutture esistenti.

•    Indipendenza dall’estero
Le nostre energie rinnovabili consentono di eliminare gradualmente petrolio, benzina e gas. Anche il crescente fabbisogno di corrente elettrica per le auto elettriche, le pompe di calore e l’industria potrà essere soddisfatto in futuro con energia pulita e domestica.

•    Elettricità in armonia con la natura
La legge sull’elettricità chiarisce dove l’espansione delle energie rinnovabili dovrebbe essere prioritaria. In contrasto, le aree di valore ecologico e paesaggistico diventano poco attraenti per l’espansione.

•    Prezzi dell’energia convenienti e stabili
I costi energetici diminuiranno complessivamente perché il petrolio, la benzina e il gas saranno sostituiti da elettricità rinnovabile a basso costo. L’elettricità prodotta in Svizzera riduce anche il rischio di shock dei prezzi. Non saranno introdotte nuove tasse.

Ulteriori informazioni:
https://www.legge-elettricita.ch/

Comunicato stampa

Alliance Sud dice «Sì» alla Legge clima

03.05.2023, Giustizia climatica

Le direttrici e i direttori di Alliance Sud e dei suoi membri sono concordi nel ribadire che la Legge clima è un primo passo verso una maggior giustizia climatica.

Alliance Sud dice «Sì» alla Legge clima

È ora che la Svizzera dia il suo contributo alla lotta contro la crisi climatica globale. Le ripercussioni peggiori del riscaldamento terrestre riguardano le persone più povere del sud del mondo, che tuttavia alimentano in minor misura il cambiamento climatico. Nel mese di marzo di quest’anno, il ciclone «Freddy» ha battuto numerosi record a livello mondiale. La tempesta tropicale, che è durata più di un mese e ha provocato la morte di oltre 1000 persone in Mozambico, Malawi e Madagascar, ha lasciato dietro di una scia di distruzione. È stata la tempesta tropicale più lunga mai registrata finora ed ha accumulato così tanta energia come mai nessun altro ciclone era riuscito a fare prima.  

Il ciclone «Freddy» lo conferma: le catastrofi climatiche nel sud globale generano danni e perdite sempre più grandi. «I Paesi con un basso reddito sono più vulnerabili alle conseguenze negative della crisi climatica, ad esempio quando mancano i soldi per adattarsi al cambiamento climatico», spiega Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, il centro di competenza svizzero per la politica di sviluppo e di cooperazione internazionale. «L'ultimo rapporto mondiale sul clima mostra che, in caso di uno stesso evento meteorologico estremo, il numero di morti in una regione vulnerabile è 15 volte superiore rispetto a una regione ben adattata, come la Svizzera».

La Svizzera ha la responsabilità di contribuire in modo adeguato al contenimento del riscaldamento climatico. Il confronto delle emissioni annue pro capite di gas serra causate dal consumo mostra inequivocabilmente la discrepanza tra la Svizzera (14 tCO2) e le nazioni più colpite, come il Malawi (0.1 tCO2), il Mozambico (0.3 tCO2) o il Madagascar (0.1 tCO2).
 

Per la protezione della Svizzera e del sud globale

La Legge clima sancisce gli obiettivi per ridurre a zero le emissioni elvetiche entro il 2050. «Questo è il minimo che la Svizzera deve raggiungere», afferma Bernard DuPasquier, vicedirettore di HEKS/EPER: «Un contributo davvero equo alla protezione del clima significherebbe che la Svizzera avanzi ancor più velocemente». Franziska Lauper, direttrice di Terre des Hommes Svizzera, aggiunge: «Dobbiamo agire subito, affinché le generazioni future – qui da noi, ma pure nel sud del mondo – non debbano patirne ancora le conseguenze».

Per questo è fondamentale il dimezzamento delle emissioni previsto dalla legge entro il 2030. In effetti, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) insiste sul fatto che si debbano adottare misure di protezione del clima più incisive ancora in questo decennio, per evitare il superamento del limite di 1,5 gradi. «Il limite di 1,5 gradi per il riscaldamento globale non è stato scelto in modo arbitrario, ma si fonda su basi scientifiche ed è sancito dall’Accordo sul clima di Parigi», ricorda Melchior Lengsfeld, direttore di Helvetas, che aggiunge: «Le conseguenze di ogni ulteriore aumento sarebbero devastanti, in particolare per le popolazioni del sud globale».

Il rapporto dell’IPCC mostra anche le possibilità esistenti per raggiungere la neutralità climatica. «Ci vuole una rapida decarbonizzazione, anche in Svizzera. Tecnicamente ciò sarebbe fattibile già da molto tempo. Dobbiamo porre fine all’uso di energie fossili, il più presto possibile», sostiene Bernd Nilles, direttore di Azione Quaresimale. Peter Lack, direttore di Caritas Svizzera, aggiunge: «La legge prevede che la protezione climatica venga attuata in maniera socialmente compatibile. Ciò è importante, poiché così può essere sostenuta anche da persone con un reddito basso e beneficerebbe quindi di un appoggio più ampio».


Per una maggior sicurezza alimentare ed energetica

La protezione del clima è davvero fondamentale per la sicurezza alimentare. «Il rapporto mondiale sul clima dimostra che, in generale, la produttività agricola diminuisce con il riscaldamento climatico. La produzione di cibo sano e variato, in quantità sufficiente, diventa più difficile a causa della crescente siccità e dell’imprevedibilità del tempo – sia per noi, sia soprattutto per le piccole famiglie contadine dei Paesi poveri», sottolinea Markus Allemann, direttore di SWISSAID. «L’alimentazione è però anche una parte della soluzione, se ci nutriamo in modo più ecologico e rispettoso del clima».

Un «Sì» alla Legge clima non solo è importante per la sicurezza dell’approvvigionamento e per l’ottenimento delle nostre fonti di sussistenza, ma è anche un’opportunità per dare un segnale alla comunità mondiale: il popolo svizzero prende sul serio la crisi climatica. «Con le molteplici crisi attuali e le catastrofi climatiche sempre più violente nel sud del mondo è importante che, con un «Sì» alla protezione del clima, diamo anche un segno della nostra solidarietà», riassume Felix Gnehm, direttore di Solidar Suisse. «Vogliamo una transizione giusta verso un mondo rispettoso del clima e questo implica la protezione del clima in Svizzera».


Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, +41 31 390 93 30
Delia Berner, Esperta di politica climatica, Alliance Sud, +41 77 432 57 46
Marco Fähndrich, Responsabile media e comunicazione, Alliance Sud, +41 79 374 59 73

Politica climatica svizzera

Politica climatica svizzera

Alliance Sud s’impegna, come membro dell’Alleanza climatica svizzera, per una giusta e ambiziosa politica climatica della Svizzera.

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Di cosa si tratta

La giustizia climatica implica che la Svizzera utilizzi i mezzi a sua disposizione per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ossia limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Oltre alla sua diretta responsabilità per le proprie emissioni, la Svizzera è un’importante piazza finanziaria ed è anche la sede di diverse imprese multinazionali. Nel contempo ha un ruolo di primo piano nel commercio mondiale di combustibili fossili. 
Queste imprese e questi attori finanziari non hanno direttive vincolanti per l’abbandono delle energie fossili e massimizzano i loro profitti senza pagare i danni climatici derivanti dalle loro attività.