Comunicato stampa

Insieme e più velocemente verso una Svizzera sostenibile

25.09.2024, Agenda 2030

17 personalità di spicco del mondo della scienza, dell'economia, delle giovani generazioni, dello sport, della cultura e della società civile, riunite sulla Piazza federale, chiedono di accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030, sottoscritta dalla Svizzera 9 anni fa. Il nostro Paese è in preoccupante ritardo nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

 

Insieme e più velocemente verso una Svizzera sostenibile

© Martin Bichsel

Comunicato della Piattaforma Agenda 2030

Le personalità si basano sui risultati che hanno già ottenuto e promettono di fare il possibile per decidere e agire nell'interesse della sostenibilità. Rappresentano le migliaia di persone coinvolte nelle imprese, nelle istituzioni scientifiche e accademiche e nella società civile, che stanno già orientando le loro attività verso un'economia circolare, la protezione del clima e la riduzione delle disuguaglianze in particolare.

In occasione del “SDG Flag Day”, un cantante di jodel e un lanciatore di bandiere con i 17 SDG hanno ricordato al pubblico, nei pressi del Palazzo federale, che l'Agenda 2030 si iscrive nella nostra costituzione e nelle nostre tradizioni di vita.

L'appello lanciato il 25 settembre evidenzia sia i successi che le battute d'arresto: “La Svizzera sta facendo progressi in alcuni settori, ad esempio aumentando la parte di agricoltura biologica o sviluppando le energie rinnovabili. In altri settori si registra un regresso o una stagnazione: la povertà e le disuguaglianze aumentano in Svizzera e nel mondo, la diffusione di una mobilità senza barriere è in ritardo e la diversità delle specie si sta erodendo. Inoltre, il nostro Paese esporta una parte significativa del suo impatto sul clima, sull'ambiente e sui diritti umani: circa due terzi della nostra impronta sono generati all'estero”.

Christophe Barman, presidente della Federazione svizzera degli imprenditori e presente all'evento, ha dichiarato: “Sono convinto che (l'economia) debba essere la soluzione e muoversi attivamente verso la transizione. Mi impegno a catalizzare le imprese pionieristiche e a lavorare per creare condizioni quadro favorevoli all'imprenditoria responsabile”. Valérie d'Acremont, docente e medico responsabile di settore presso Unisanté, promette: “Mi impegno a continuare a lavorare in qualità di medico e professoressa, oltre che attraverso il mio impegno di attivista, per rendere i nostri sistemi sanitari più efficienti, sostenibili e robusti, rispettando i limiti del pianeta e garantendo l'equità tra le varie persone e regioni del mondo”. Eva Schmassmann, direttrice della Piattaforma Agenda 2030, aggiunge: “Lo sviluppo sostenibile è una sfida così vasta che richiede una grande collaborazione per non sentirsi sopraffatti. La Piattaforma mira proprio a rafforzare i legami nell'idea “Insieme siamo più forti∙e”.

 

Per ulteriori informazioni:
Eva Schmassmann, direttrice: 079 105 83 97

Sul sito web della campagna www.gemeinsam-fuer-die-sdgs.ch (tedesco) e www.ensemble-pour-les-odd.ch (francese).

 

 

 

Medienmitteilung

Priorità all’Agenda 2030

20.08.2019, Cooperazione internazionale, Agenda 2030

Alliance Sud critica i piani di ri-orientamento della cooperazione internazionale (CI) 2021-24 del DFAE e del DEFR. Gli obiettivi della cooperazione internazionale dovrebbero essere rigorosamente allineati con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Kristina Lanz
Kristina Lanz

Esperta in cooperazione internazionale

+41 31 390 93 40 kristina.lanz@alliancesud.ch
Priorità all’Agenda 2030

Comunicato stampa

Covid-19: Lettera aperta alla politica svizzera

06.05.2020, Agenda 2030

Oltre 25 organizzazioni della società civile svizzera, tra cui Alliance Sud, chiedono alla Svizzera ufficiale di impegnarsi a livello internazionale nella lotta contro la pandemia di Covid 19 e le sue conseguenze, in particolare nei paesi più poveri.

Covid-19: Lettera aperta alla politica svizzera

Comunicato stampa

La Svizzera vive a spese del mondo

06.04.2022, Agenda 2030

Nel suo rapporto pubblicato oggi, la Piattaforma Agenda 2030 non vede la Svizzera sulla strada giusta verso un mondo sostenibile e chiede al Consiglio federale una leadership più forte per la trasformazione necessaria.

Dominik Gross
Dominik Gross

Esperto in politica fiscale e finanziaria

+41 31 390 93 35 dominik.gross@alliancesud.ch
Laura Ebneter
Laura Ebneter

Esperta in cooperazione internazionale

+41 31 390 93 32 laura.ebneter@alliancesud.ch
La Svizzera vive a spese del mondo

© Silvia Rohrbach / Plattform Agenda 2030

Nel suo rapporto pubblicato oggi, la Piattaforma Agenda 2030 non vede la Svizzera sulla strada giusta verso un mondo sostenibile e chiede al Consiglio federale una leadership più forte per la trasformazione necessaria a dimezzare la povertà, a proteggere il clima e i diritti umani e a responsabilizzare la piazza finanziaria.

A sette anni dalla sottoscrizione a New York dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la Piattaforma Agenda 2030 - una coalizione di oltre 50 organizzazioni attive negli ambiti ambiente, cooperazione allo sviluppo, diritti umani, economia sostenibile, genere, pace, alloggi e lavoro - stila un bilancio: la Svizzera non è sulla strada giusta per il raggiungimento dei 17 obiettivi sostenibili. Viviamo a spese del mondo, eppure il Consiglio federale non ha ancora presentato una strategia per gestire la necessaria trasformazione verso un’economia che rispetti i confini planetari. In tutto il mondo e in Svizzera ci sono persone private della facoltà di esercitare i propri diritti fondamentali e fame e povertà sono in aumento.

Per raggiungere i 17 OSS è necessario un chiaro adeguamento di tutti i settori politici agli obiettivi e alle ambizioni dell’Agenda 2030. Chiediamo misure efficaci per affrontare rapidamente le carenze individuate. Ciò include una strategia che indichi come sia possibile dimezzare la povertà in Svizzera entro il 2030 e un ambizioso piano d’azione sulla biodiversità che preveda fondi sufficienti per arrestare la perdita di specie naturali. Sono inoltre necessari requisiti per il mercato finanziario, in modo che gli investimenti possano contribuire alla tutela della biodiversità e dei diritti umani, nonché un maggiore impegno contro la militarizzazione e a favore della sicurezza umana nel mondo.

La Piattaforma Agenda 2030 chiede al Consiglio federale una leadership più forte per lo sviluppo sostenibile. Deve avere il coraggio necessario per sviluppare effettivamente soluzioni trasformative. Restare nell’immobilismo con il pretesto di adottare accorgimenti estetici tinti con i colori degli obiettivi di sviluppo sostenibile non è sufficiente. Per passare a una società sostenibile è necessaria una trasformazione reale.

La Piattaforma Agenda 2030 presenta il suo rapporto sulla società civile al Forum politico di alto livello della Nazioni Unite, che si terrà dal 5 al 15 luglio. In questo modo confronta le proprie analisi e raccomandazioni al rapporto ufficiale della Svizzera che il Consigliere federale Cassis presenterà al Forum di New York il 12 luglio. Invitiamo il Consiglio federale a lavorare con noi per rivedere la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile 2030 e il relativo piano d’azione.

Il rapporto della Piattaforma Agenda 2030 è disponibile per il download online in tedesco, francese e inglese. Il capitolo "Occorre una leadership più forte per uno sviluppo sostenibile!" è stato tradotto in italiano.

Un’immagine per la stampa è disponibile a questo link.

Articolo, Global

Spillovers: il ruolo poco glorioso della Svizzera

17.03.2022, Agenda 2030

Inquinamento ambientale, esportazioni di armi, evasione fiscale: gli effetti negativi che la Svizzera genera all’estero sono numerosi e minano gli sforzi internazionali volti a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, scrive Laura Ebneter.

 

Laura Ebneter
Laura Ebneter

Esperta in cooperazione internazionale

Spillovers: il ruolo poco glorioso della Svizzera

International Spillover Index : la Svizzera non ottiene un buon piazzamento.
© Sustainable Development Report 2021

Negli ultimi anni, gli scambi globalizzati di beni, capitali e informazioni sono aumentati esponenzialmente. Essi dimostrano sistematicamente che delle cosiddette decisioni locali possono avere ripercussioni a livello planetario. Il consumo in Svizzera durante tutto l’arco dell’anno di pomodori, cetrioli e melanzane, influenza direttamente, per esempio, l’orto dell’Europa, nel sud desertico della Spagna, dove alcuni alimenti sono prodotti in condizioni problematiche, con l’ausilio di acqua di falda e di pesticidi. Questi effetti, detti di esternalità territoriale o effetti di spillover (“traboccamento”), si verificano quando delle azioni specifiche in un Paese hanno conseguenze negative per altre nazioni e impediscono loro, inoltre, di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.

Avendo formulato diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile, l’Agenda 2030 dell’ONU cerca di prendere in considerazione questi effetti. Nel mondo interdipendente e interconnesso che conosciamo, tutti gli Stati membri dell’ONU si sono impegnati, nel 2015, ad attuare l’Agenda 2030. Com’è possibile realizzare le implementazioni nazionali dell’Agenda in un mondo globalizzato? A questo proposito, è impossibile trascurare gli effetti di esternalità territoriale.

Il Sustainable Development Report (SDR), pubblicato annualmente da un gruppo di autori riuniti attorno all’economista americano Jeffrey D. Sachs, valuta i 193 Stati membri dell’ONU in base agli impatti negativi che generano all’estero. Questi ultimi sono divisi in tre aree: effetti ecologici e sociali del commercio, economia e flussi finanziari, promozione di pace e sicurezza. Nella recente valutazione del 2021, la Svizzera occupa poco gloriosamente il 161° posto. Solo gli Emirati Arabi Uniti, il Lussemburgo, la Guyana e Singapore ottengono un punteggio inferiore in termini di effetti di spillover. In un confronto europeo, la Svizzera si situa al 30° posto su 31. Com’è possibile che il nostro Paese, un presunto allievo modello, se ne esca così male?

Effetti ecologici e sociali del commercio

Gli impatti negativi all’estero nel campo del commercio includono le conseguenze internazionali legate all’utilizzo delle risorse naturali, all’inquinamento ambientale e agli effetti sociali generati dal consumo di beni e servizi. La Svizzera ottiene dei pessimi risultati in termini di importazione di acqua virtuale, azoto, diossido di azoto e diossido di carbonio. Ha anche un punteggio molto basso per quanto attiene alla messa in pericolo della biodiversità negli ecosistemi. In parte invisibili, questi sottoprodotti sono generati lungo tutta la catena di creazione di valore, in particolare: nella produzione e nell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici, nell’irrigazione, nell’utilizzo di motori a combustione per la produzione e il trasporto. Chiunque metta in dubbio queste cifre internazionali può anche fare riferimento al monitoraggio nazionale MONET 2030 dell’Ufficio federale di statistica. Nemmeno questo monitoraggio prevede una riduzione dell’elevata impronta materiale o dell’impronta di gas serra della Svizzera.

È chiaro che i piccoli Paesi poveri di risorse dipendono dai beni e dai servizi provenienti dall’estero. È quindi ancora più cruciale organizzare queste relazioni commerciali in modo sostenibile. La risposta del Consiglio federale a un’interpellanza del consigliere nazionale Roland Fischer (PVL) sulla riduzione delle esternalità negative della Svizzera lascia molto a desiderare, così come la riduzione della sua impronta: secondo il Consiglio federale, il nostro Paese si impegna affinché l’ONU si fissi degli obiettivi ambiziosi per dei modelli di consumo e di produzione sostenibili. E il nostro Paese promuove l’economia circolare, per la quale saranno sviluppate delle misure entro la fine del 2022. Resta da vedere se queste misure contribuiranno a una riduzione significativa dell’impronta materiale e dell’impronta di gas serra della Svizzera.

Gli sforzi internazionali per assicurare delle catene di creazione di valore sostenibili sono molto più promettenti. La risoluzione recentemente adottata dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU, deve sancire il diritto fondamentale a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile (vedi l’articolo su global #84). La Francia e la Germania stanno facendo sforzi simili con, rispettivamente, la loi relative au devoir de vigilance (N.d.T. legge relativa al dovere di diligenza) e la Gesetzes über die unternehmerischen Sorgfaltspflichten in Lieferketten (N.d.T. legge sulle catene di approvvigionamento). In confronto, vediamo chiaramente ciò che il controprogetto all’Iniziativa multinazionali responsabili riesce effettivamente a "produrre": opuscoli patinati senza senso scritti dai dipartimenti di marketing delle grandi imprese multinazionali.

Economia e flussi finanziari

Nell’area dell’economia e dei flussi finanziari, la Svizzera ottiene un punteggio da scarso a molto scarso per tutti e quattro gli indicatori. Il problema è chiaro: con lo 0,48% del reddito nazionale lordo, le spese pubbliche consacrate allo sviluppo sono ancora al di sotto dello 0,7% stabilito nell’Agenda 2030. La piazza finanziaria svizzera rimane un paradiso per i rifugiati fiscali. Lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari è garantito solo parzialmente. E infine, le multinazionali possono ancora praticare l’ottimizzazione fiscale in Svizzera, a spese dei più poveri. Senza misure concrete contro le pratiche di evasione fiscale e i trasferimenti di profitti delle imprese verso delle zone a bassa imposizione, la Svizzera non adempirà alle sue responsabilità verso i Paesi poveri.

Promozione della pace e della sicurezza

La terza area, quella della promozione della pace e della sicurezza, comprende le conseguenze negative e destabilizzanti che le esportazioni di armi possono avere sui Paesi poveri. Anche qui, le esportazioni di armi della Svizzera le valgono un pessimo risultato. Dopo la pubblicazione del SDR, tuttavia, un primo passo è stato fatto nella giusta direzione: il controprogetto all’Iniziativa correttiva garantisce che nessun materiale bellico sarà esportato in Paesi nei quali è in corso una guerra civile o dove i diritti umani sono sistematicamente e gravemente violati. La regolamentazione delle esportazioni è sancita dalla legge e conferisce così alla popolazione e al Parlamento il necessario controllo democratico sulla consegna di materiale bellico.

Il ruolo preminente della piccola Svizzera

Il Sustainable Development Report è regolarmente criticato per i suoi dati insufficienti e incompleti, così come per la scelta dei suoi indicatori. Ma queste critiche non devono oscurare la responsabilità globale della politica condotta dalla Svizzera, dalla sua economia e dalla sua popolazione. Spetta a tutti noi fare in modo che le decisioni politiche prese dal nostro Paese contribuiscano allo sviluppo sostenibile globale e non portino all’inquinamento delle acque, alla povertà o allo spostamento delle popolazioni. Perché le esternalità negative dei Paesi ricchi dell’OCSE non hanno unicamente un impatto sugli altri Paesi: minano anche gli sforzi internazionali per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

Pubblicato Il 5 maggio 2022

su Il Lavoro

(Traduzione di Valeria Matasci)

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La rivista periodica di Alliance Sud viene pubblicata quattro volte all’anno (in tedesco e francese) ed è possibile abbonarsi gratuitamente. In «global» trovate analisi e commenti riguardanti la politica estera e di sviluppo del nostro Paese.

Comunicato stampa

Bisogna attuare l'Agenda 2030 senza attendere!

24.09.2020, Agenda 2030

Cinque anni dopo la sua adozione, la Svizzera non ha ancora una strategia per attuare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Con un Appello al Consiglio Federale, la Piattaforma Agenda 2030 richiede che gli OSS siano attuati senza attendere.

Bisogna attuare l'Agenda 2030 senza attendere!

Comunicato stampa

Un tiepido sostegno allo sviluppo sostenibile

04.11.2020, Agenda 2030

Il Consiglio federale ha avviato la procedura di consultazione sulla Strategia per uno sviluppo sostenibile 2030. Il documento strategico di attuazione degli OSS (Agenda 2030) contiene molte belle parole, ma prive di valore vincolante.

Un tiepido sostegno allo sviluppo sostenibile

Articolo

« Le disuguaglianze sono radicate nel sistema »

21.06.2021, Finanza e fiscalità, Agenda 2030

Stefano Zamagni, professore italiano di economia e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, spiega in un'intervista perché un nuovo inizio dell'economia civile non è più rinviabile.

« Le disuguaglianze sono radicate nel sistema »

Nel 2009, Stefano Zamagni (a destra) e diversi cardinali presentano l'enciclica papale "Caritas in Veritate": essa invita la comunità imprenditoriale a tener conto dei bisogni dei più poveri.
© Vincenzo Pinto / AFP210

Agenda 2030

Obiettivi di sviluppo sostenibile

Alliance Sud s’impegna a favore di una politica svizzera coerente in tutti gli ambiti tematici, che si allinei in modo conseguente all’Agenda 2030.

Di cosa si tratta >

Di cosa si tratta

Alliance Sud s’impegna a favore di una politica svizzera coerente in tutti gli ambiti tematici, che si allinei in modo conseguente all’Agenda 2030. Questo quadro operativo di una nuova «politica interna mondiale», adottato nell’autunno 2015 da 193 capi di Stato, formula 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (in inglese: Sustainable Development Goals, SDGs).

Essi mirano a un equilibrio duraturo e giusto tra gli aspetti sociali, ambientali ed economici, sia oggi sia per le generazioni future. Nord e Sud hanno perciò gli stessi obblighi; gli interessi globali e nazionali non devono contrapporsi. Assieme alle organizzazioni non governative, Alliance Sud chiede la messa in atto coerente e completa dell’Agenda 2030.

Articolo, Global

La povertà è strutturale

07.12.2021, Agenda 2030

Sami Tchak, scrittore togolese, nei suoi libri scrive del Continente africano e i Paesi dell'America Latina, trat-tando temi quali la lotta alla povertà, la schiavitù moderna e la prostituzione. Intervista di Lavinia Sommaruga.

La povertà è strutturale

Sami Tchak, Pseudonym von Sadamba Tcha-Koura (1960), ist ein togolesischer Schriftsteller, der an der Universität von Lomé Philosophie studiert hat.
© Francesco Gattoni

Global: Lei è l’autore di uno degli articoli che compongono il volume “Africana. Raccontare il continente al di là degli stereotipi”, curato nel 2021 da Chiara Piaggio (Feltrinelli editore). Nel suo contributo, lei riflette sul legame tra lingua e letteratura e le sue osservazioni riguardano un tema centrale del rapporto tra l'Europa e il continente africano, quello della colonizzazione. Può parlarcene?

Sami Tchak: Nella mia riflessione, parto dall'idea che, in generale, le letterature sono nate in seno ai popoli con la lingua dominante o con una delle lingue di quel popolo. Le letterature africane, come le conosciamo ora, sono sviluppate piuttosto con le lingue europee, la lingua del colonizzatore. Esistono naturalmente scritti in lingua africana, ma sono meno conosciuti a livello internazionale e anche nazionale. Il problema che potrebbe sorgere è che le nostre letterature rimangano un po’ troppo orientate “verso l’estero” e non sufficientemente radicate a livello locale.

Possiamo dire, allora, che il passato coloniale è il tratto unificante del continente africano, così diverso al suo interno?

Il passato coloniale non è l'elemento che unisce le tradizioni africane perché queste civiltà, queste società e queste lingue hanno avuto rapporti tra loro molto prima dell'arrivo dei colonizzatori. Ciò che unisce le diversità è ciò che possiamo chiamare la loro spiritualità. Le credenze, la relazione dei vivi con i morti, ad esempio, si assomigliano. Possiamo parlare di un’unità culturale spirituale di un continente molto variegato. Nei miei romanzi ho dato conto di ciò. Questo elemento lo si ritrova anche in un altro contesto post-coloniale, quello dell’America Latina. Per esempio, nel romanzo «Al Capone le Malien», parlo dell'antico impero del Mali, che aveva logiche simili proprio a quelle degli antichi regni di tutto il continente africano, quindi anche prima che il colonialismo diventasse un “nuovo” elemento comune. O meglio, l'elemento comune di questi Stati cosiddetti coloniali o post-coloniali è la stessa logica occidentale che è stata loro imposta.

Lei ha visitato l'America Latina: ci sono punti in comune con il passato coloniale africano?

Sì, i primi punti in comune sono tutte le popolazioni africane che sono arrivate su questo territorio, anche attraverso la schiavitù. Hanno mantenuto elementi di cultura che provengono dal continente africano. Anche se non parlano più le lingue d’origine, hanno conservato tradizioni e religioni come il Voodoo e il Candomblé. Inoltre, negli Stati dell’America Latina troviamo una somiglianza con i problemi vissuti dagli Stati africani, come per esempio le dittature.

Quali temi pensa che dovrebbero essere prioritari nell'agenda di una ONG di lobbying e advocacy come Alliance Sud, che lavora da 50 anni a favore dei più poveri del Sud?

Si tratta di una questione molto delicata. Molto spesso, quando parliamo dei più poveri del Sud, non integriamo la loro situazione in un quadro sistemico. La povertà è prodotta dal modo in cui il mondo è organizzato, e continuerà – qualsiasi siano i nostri sforzi – se non c'è un cambiamento nella società. Ma il cambiamento non è in vista, perché il sistema capitalista, come funziona attualmente, accentua queste disuguaglianze e quindi la povertà. Tuttavia, ciò non significa che non dobbiamo agire. In uno dei miei libri ho scritto che le persone che combattono la povertà assomigliano spesso a qualcuno che prende un ventaglio per arginare un uragano. Può sembrare ridicolo a qualcuno che guarda dall’esterno. Tuttavia, è perché ci sono persone che pensano di sconfiggere l'uragano con un ventaglio che il mondo potrà cambiare.

Solo con cambiamenti strutturali, quindi?

Non è necessariamente aiutando direttamente i poveri che potremo portare dei cambiamenti. È chiaro che dobbiamo farlo, è urgente! Ma la vera lotta consiste nel convincere i Paesi occidentali a cambiare le loro relazioni con i Paesi africani, per esempio. È necessaria più giustizia nelle relazioni.

Le associazioni, le ONG, le fondazioni dispongono dei mezzi per fare pressione sugli Stati (sia occidentali che africani) affinché ci sia un cambiamento globale?

Non lo so. Finché il sistema non cambia, genererà povertà perché la povertà è necessaria al sistema. Sopravvive così com'è ora perché ci sono dei poveri. Possiamo vedere che si sta sviluppando in tutto il mondo quello che io chiamo "manodopera usa e getta". È un'espressione usata per esempio in Colombia – ne parlo in uno dei miei romanzi intitolato «Filles du Mexique»: si riferisce a persone povere, schiave, che sono anche intercambiabili, cioè possono venire da qualsiasi parte del mondo per essere sfruttate ovunque. I nuovi poveri sono persino disposti a pagare per essere sfruttati. Quando le persone pagano per attraversare il mare, pagano per venire ed essere schiavi! Ad un certo punto, se le relazioni tra gli Stati non cambiano, gli sforzi per affrontare i problemi identificati non saranno sufficienti; è davvero nelle politiche nazionali e internazionali, nella geopolitica mondiale, che dovrebbero cambiare le cose.

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