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Comunicato stampa
Rinnovare i finanziamenti all'UNRWA per sostenere il cessate il fuoco
13.02.2025, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo
A quattro giorni dalla riunione della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (CPE), una decina di organizzazioni ribadiscono l'assoluta necessità di mantenere i finanziamenti all'UNRWA per consolidare l'accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Consegnando alla CPE una lettera in questo senso e con un’azione simbolica si chiede alla Svizzera di rimanere fedele alla sua tradizione umanitaria.

Consegna della lettera all'entrata della Cancelleria federale. © Luisa Baumgartner / Alliance Sud
A fine gennaio, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) ha lasciato la sua sede nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, e trasferito temporaneamente il personale internazionale in Giordania. Questa misura fa seguito all'adozione da parte del Parlamento israeliano di una legge senza precedenti, contraria al diritto internazionale, che vieta la presenza dell'UNRWA in Israele e a Gerusalemme Est, che il paese occupa dal 1967.
"La legge israeliana entra in vigore in un momento in cui gli aiuti umanitari sono più neces-sari che mai. La vita, la salute e il benessere di milioni di palestinesi sono a rischio. La Svizzera deve chiedere al governo israeliano di permettere all'UNRWA di operare in tutto il Territorio palestinese occupato, continuando a sostenere finanziariamente l'agenzia ONU”, afferma Michael Ineichen, responsabile advocacy di Amnesty Svizzera.
Dall'entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza, l'UNRWA ha fornito il 60% di tutti gli aiuti umanitari nel Territorio Palestinese Occupato. Rimane l'attore umanitario più importante in quel territorio. Solo l'agenzia delle Nazioni Unite dispone della rete necessaria per fornire servizi come rifugi di emergenza, strutture igienico-sanitarie, cure mediche e attrezzature, distribuzione di cibo e acqua. Il successo del cessate il fuoco dipende da questi aiuti essenziali.
In seguito alla sentenza della Corte internazionale di giustizia del gennaio 2024, la Svizzera ha ancor più l'obbligo di adottare misure per prevenire il genocidio e fornire aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza. In qualità di Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera sta inoltre organizzando una conferenza degli Stati parte delle Convenzioni di Ginevra con l'obiettivo di rafforzare la protezione della popolazione palestinese. Un motivo in più per impegnarsi a fondo per i diritti umani dei palestinesi, in particolare contribuendo alla fornitura di beni e servizi essenziali.
“Amnesty International chiede quindi alla Commissione di autorizzare il mantenimento del sostegno all'UNRWA. Un'interruzione dei finanziamenti sarebbe in contraddizione con gli impegni internazionali della Svizzera e comprometterebbe gli sforzi per la pace e la stabilità nella regione. Il sostegno del nostro Paese è ancora più necessario dopo la decisione del Presidente americano Trump di porre fine ai finanziamenti per l'agenzia ONU”, conclude Michael Ineichen.
Le seguenti organizzazioni hanno co-firmato la lettera aperta (tedesco / francese): Alliance Sud, Forum für Menschenrechte in Israel/Palästina, Frieda – Die feministische Friedenorganisation, Associazione Svizzera-Palestina, Gruppo per una Svizzera senza esercito GSsE, Ina autra senda - Swiss Friends of Combatants for Peace, Jüdische Stimme für Demokratie und Gerechtigkeit in Israel/Palästina, Médecins du Monde Svizzera, medico international svizzera, Palestine Solidarity Switzerland, Pane per tutti/HEKS, Peace Watch Switzerland.
Già nell'aprile del 2024, le organizzazioni all'origine della lettera consegnata oggi alla CPE avevano presentato al Consiglio federale e al Parlamento una petizione per il cessate il fuoco e il mantenimento dei finanziamenti all'UNRWA, accompagnata da oltre 45’000 firme. In ottobre, alcune di queste organizzazioni hanno esposto le conseguenze di un ritiro del sostegno svizzero all'UNRWA in una lettera aperta rivolta alla stessa commissione.
Comunicato stampa
Cooperazione allo sviluppo: non si può fare lo stesso con meno mezzi
29.01.2025, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno annunciato come intendono attuare i tagli alla cooperazione internazionale decisi dal Parlamento. L'impatto drammatico sulle popolazioni dei Paesi e dei programmi colpiti viene tuttavia minimizzato.

A causa della crisi climatica e politica in Bangladesh i bisogni rimangono immensi © Keystone / EPA / STR
Per evitare equivoci: la responsabilità dei tagli di 110 milioni di franchi nel budget 2025 e di 321 milioni di franchi nel piano finanziario per i prossimi anni è esclusivamente della maggioranza borghese che in Parlamento ha preso queste decisioni. Tuttavia, l'affermazione che «attraverso un’attenta definizione delle priorità dovrebbe comunque essere possibile ottenere gli effetti auspicati» invia un segnale sbagliato. È ovvio che la cooperazione allo sviluppo che può essere portata avanti nonostante i tagli è ancora efficace. Ma è altrettanto chiaro che non si può fare lo stesso di prima con 110 milioni in meno. Ed è chiaro che saranno le popolazioni del Sud globale a risentirne in modo tangibile quando progetti di successo verranno cancellati.
Le necessità in Bangladesh e Zambia in particolare – i programmi della DSC saranno interrotti in entrambi i Paesi – non sono certo diminuiti. Il Bangladesh si trova in una situazione politicamente instabile, che sta avendo un impatto sull'industria tessile del Paese. Lo Zambia soffre di una crisi del debito; secondo il Fondo Monetario Internazionale, sussiste ancora «un alto rischio di “distress” del debito complessivo ed esterno». Questo anche perché il Paese ha sofferto e continua a soffrire di un'aggressiva evasione fiscale da parte di società straniere. La multinazionale Glencore, ad esempio, non ha mai pagato le tasse sui profitti in Zambia, anche quando i prezzi del rame erano alti. Entrambi i Paesi sono inoltre particolarmente colpiti dalla crisi climatica, che sta minacciando i precedenti successi di sviluppo. Il Bangladesh a causa delle tempeste e dell'innalzamento del livello del mare e lo Zambia perché la produzione di energia elettrica è diminuita drasticamente, dato che i fiumi trasportano molta meno acqua.
Anche in ambito multilaterale i tagli non possono essere assorbiti senza conseguenze. Ad esempio, sono stati cancellati i pagamenti a UNAIDS. Eppure l'AIDS è ancora una delle maggiori cause di morte in Africa e quasi un quinto dei pazienti africani affetti da HIV non riceve ancora farmaci salvavita. Sono previsti anche «ulteriori tagli trasversali» e vengono colpiti i contributi alle spese generali delle ONG, sebbene il Consigliere federale Ignazio Cassis avesse affermato in Parlamento la scorsa estate che queste organizzazioni partner contribuiscono all'attuazione della cooperazione internazionale a basso costo. Concretamente, ciò significa che numerose famiglie contadine, ad esempio, non avranno un approvvigionamento idrico sicuro nella lotta contro la crisi climatica, molti giovani non avranno un posto di apprendistato e più bambini andranno a letto affamati. I responsabili dei tagli non devono crogiolarsi, ma guardare in faccia questa cruda realtà.
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Comunicato stampa
Volontari raccolgono 183’661 firme in 14 giorni
21.01.2025, Responsabilità delle imprese
In pochissimo tempo, oltre 10’000 persone volontarie in ogni parte del Paese hanno raccolto le firme per la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. Questa raccolta da record mostra l’ampio sostegno all’iniziativa da parte della popolazione.

Comunicato stampa della Coalizione per multinazionali responsabili del 21 gennaio 2025.
Alliance Sud è membro della Coalizione per multinazionali responsabili.
Il 7 gennaio 2025, un ampio comitato di esponenti politici di tutti i partiti, nonché rappresentanti dell’economia e della società civile, ha lanciato la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. L’Iniziativa obbliga multinazionali come Glencore a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali nelle loro attività commerciali.
Nelle scorse due settimane, persone volontarie hanno organizzato oltre 1’000 bancarelle per raccogliere le firme necessarie nel più breve tempo possibile. In soli 14 giorni sono state raccolte 183’661 firme, che ora verranno vidimate.
Il Consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio, membro del comitato d’iniziativa, commenta: “Non ho mai visto una causa per la quale così tante persone si impegnano nel loro tempo libero. Nelle ultime due settimane ci sono state bancarelle di raccolta in tutta la Svizzera, nelle città e nelle valli. Il fatto che siano state raccolte 183’661 firme in soli 14 giorni è incredibile! Questo dimostra chiaramente quanto sia ampio il sostegno della popolazione all’Iniziativa per multinazionali responsabili”.
La Svizzera sarà ben presto l’unico Paese senza una legge sulla responsabilità d’impresa
Nel 2020, durante la campagna di voto sulla prima Iniziativa per multinazionali responsabili, il fronte contrario aveva espresso il proprio timore che la Svizzera avrebbe introdotto “regole di responsabilità uniche a livello globale”. Il Consiglio federale aveva promesso di adottare un approccio “armonizzato a livello internazionale” e di adoperarsi per creare “pari condizioni” per le aziende in Svizzera e nell’UE.
Tuttavia, sebbene diversi Paesi europei come la Germania e la Norvegia abbiano introdotto leggi sulla responsabilità d’impresa e l’Unione Europea abbia adottato una Direttiva sulla dovuta diligenza nella primavera del 2024, in Svizzera il dossier non si sblocca.
Gli scandali attuali mostrano la necessità di agire
Ad oggi, alcune multinazionali con sede in Svizzera continuano a violare gli standard ambientali e i diritti umani fondamentali: che si tratti di una miniera di Glencore in Perù, che inquina vaste porzioni di territorio, di raffinerie dell’oro come quella di MKS Pamp, che importa oro di origine problematica in Svizzera, della multinazionale del trading di metalli IXM, che in Namibia lascia indietro 300'000 tonnellate di rifiuti altamente tossici o di alcune multinazionali nel settore del cacao, che ancora oggi traggono profitto dal lavoro minorile.
La nuova Iniziativa per multinazionali responsabili metterà fine a queste pratiche.
Ulteriori informazioni:
Giorgio Fonio, consigliere nazionale del Centro: 076 679 86 36
Sarah Rusconi, portavoce di Amnesty International Svizzera: 079 689 54 13
Matteo Quadranti, deputato PLR: 076 343 23 93
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Comunicato stampa
La nuova iniziativa per multinazionali responsabili vuole impedire che la Svizzera rimanga al palo
07.01.2025, Responsabilità delle imprese
Un comitato ampio e trasversale, composto da personalità della società civile, del mondo imprenditoriale e appartenenti a tutti gli schieramenti politici, ha oggi presentato la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. L’Iniziativa vuole che le multinazionali rispettino i diritti umani e gli standard ambientali.

Dietro la recinzione di sicurezza sorge Antapaccay, una gigantesca miniera di rame di proprietà della Glencore in Perù. Gli studi dimostrano che sta avvelenando l'aria, l'acqua e il suolo nel bel mezzo della terra indigena.
© Jacob Balzani Lööv
Comunicato stampa della Coalizione per multinazionali responsabili del 9 gennaio 2025.
Alliance Sud è membro della Coalizione per multinazionali responsabili.
Ad oggi, delle multinazionali con sede in Svizzera continuano a violare gli standard ambientali e i diritti umani fondamentali: che si tratti di una miniera di Glencore in Perù, che inquina vaste porzioni di territorio, di raffinerie dell’oro come quella di MKS Pamp, che importa oro di origine problematica in Svizzera, della multinazionale del trading di metalli IXM, che in Namibia lascia indietro 300'000 tonnellate di rifiuti altamente tossici o di alcune multinazionali nel settore del cacao, che ancora oggi traggono profitto dal lavoro minorile. Il Consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio sottolinea: “Questi comportamenti nuocciono alla reputazione della nostra piazza economica e devono pertanto cessare”.
Esempi come questi dimostrano anche l’impatto insignificante del controprogetto alla prima Iniziativa per multinazionali responsabili. Questo era stato introdotto sostanzialmente su richiesta della lobby delle multinazionali e si concentra principalmente sull’obbligo di rendicontazione.
La Svizzera sarà ben presto l’unico Paese senza responsabilità d’impresa
Nel 2020, durante la campagna di voto sull’Iniziativa per multinazionali responsabili, il fronte contrario aveva espresso il proprio timore che la Svizzera avrebbe introdotto “regole di responsabilità uniche a livello globale”. Il Consiglio federale aveva promesso di adottare un approccio “armonizzato a livello internazionale” e di adoperarsi per creare “pari condizioni” per le aziende in Svizzera e nell’UE.
Tuttavia, sebbene diversi Paesi europei come la Germania e la Norvegia abbiano introdotto leggi sulla responsabilità d'impresa e l'Unione Europea abbia adottato una Direttiva sulla dovuta diligenza nella primavera del 2024, in Svizzera il dossier non si sblocca. Sarah Rusconi, portavoce di Amnesty International Svizzera afferma: “La Svizzera sarà presto l'unico Paese in Europa senza responsabilità d'impresa. Noi non vogliamo questo, ma un approccio coordinato a livello internazionale”.
L’Iniziativa stabilisce regole vincolanti per le multinazionali
L’Iniziativa “Per grandi imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente” mira a obbligare le multinazionali svizzere a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali nelle loro attività commerciali e a ridurre le emissioni dannose per il clima. Gli obblighi richiesti sono allineati agli standard internazionali in materia e alle nuove direttive europee; si applicano alle società con almeno 1’000 dipendenti e un fatturato pari o superiore a 450 milioni di franchi svizzeri. Nel settore sensibile e ad alto rischio delle materie prime, saranno interessate anche le grandi società che non superano queste soglie.
L’Iniziativa impone per esempio a Glencore di adottare finalmente misure per fermare i casi di inquinamento che da anni si protraggono intorno alla miniera di Antapaccay in Perù e di riparare i danni causati.
Per garantire che tutte le multinazionali rispettino le nuove regole, l'Iniziativa prevede che le persone i cui diritti umani sono stati violati possano chiedere un risarcimento presso un tribunale civile elvetico. Il rispetto delle regole sarà inoltre soggetto a controlli a campione da parte di un organo di vigilanza indipendente, come avviene in altri Paesi europei.
Il deputato PLR Matteo Quadranti commenta: “L'Iniziativa chiede l’attuazione di un principio scontato dello stato di diritto e profondamente radicato nella nostra società liberale: chiunque provochi un danno deve assumersi le proprie responsabilità”.
Il comitato d'Iniziativa ritiene importante avanzare una proposta pragmatica. Per tenere in considerazione il dibattito già svoltosi in Svizzera, nel nuovo testo d’Iniziativa sono dunque state fatte alcune concessioni a chi si opponeva alla prima Iniziativa per multinazionali responsabili. Contrariamente a quanto avviene nella normativa europea la proposta attuale esclude la responsabilità dei fornitori, mentre la questione dell’onere della prova è regolata in modo più aperto rispetto alla prima Iniziativa e le PMI non rientrano nell’ambito d’applicazione dell’Iniziativa.
L’obiettivo: raccogliere le firme in soli 30 giorni
L'Iniziativa è sostenuta da un comitato ampio e trasversale, composto da personalità della società civile, del mondo imprenditoriale e appartenenti a tutti gli schieramenti politici. Così come da migliaia di persone che hanno già appeso una bandiera per la prima Iniziativa per multinazionali responsabili e ora contribuiscono a raccogliere le 100’000 firme necessarie in soli 30 giorni. In tutta la Svizzera, volontarie e volontari hanno organizzato oltre 1'000 bancarelle nel mese di gennaio per raggiungere questo record di raccolta e inviare un segnale forte e inequivocabile: le multinazionali devono finalmente assumersi la responsabilità delle violazioni dei diritti umani e della distruzione dell'ambiente.
Ulteriori informazioni:
Giorgio Fonio, consigliere nazionale del Centro: 076 679 86 36
Sarah Rusconi, portavoce di Amnesty International Svizzera: 079 689 54 13
Matteo Quadranti, deputato PLR: 076 343 23 93
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Commento per i media
Un quadro deformato per la cooperazione internazionale
19.12.2024, Finanziamento dello sviluppo
La sessione invernale si conclude con tagli milionari al credito quadro 2025-2028 (-151 milioni di franchi) e al budget 2025 per la cooperazione allo sviluppo (-110 milioni di franchi). Le decisioni del Parlamento avranno conseguenze drammatiche per i Paesi più poveri e sono state caratterizzate da molte false argomentazioni, critica Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud.

© Servizi parlamentari / Tim Loosli
Il mercanteggiamento a favore dell'esercito è stato caratterizzato da cifre liberamente interpretate, false argomentazioni e un trucco procedurale. Il 9 dicembre, per pochi minuti, entrambe le Camere federali si sono espresse contro i tagli al credito quadro della Strategia della cooperazione internazionale 2025-2028. Con il sostegno della maggioranza del centro, il Consiglio nazionale ha seguito il Consiglio degli Stati con 95 voti contro 94 e ha respinto tutti i tagli. Ma poi è successo qualcosa che non era mai accaduto prima: il freno alla spesa non è stato sbloccato. Questo perché per le decisioni di bilancio superiori a 20 milioni, il Parlamento deve sempre deliberare in una risoluzione separata, ciò che normalmente è una questione di routine. Questa decisione richiede inoltre la maggioranza assoluta, ossia 101 voti a favore in Consiglio nazionale, mentre le astensioni contano come no. Mancavano solo due voti. Ciò ha dato al PLR l'opportunità di proporre ancora una volta dei tagli. Questi sono state accettati solo con il voto decisivo della Presidente del Consiglio nazionale del PLR, ovvero con 96 voti contro 95.
Oltre ai 151 milioni della cooperazione bilaterale allo sviluppo della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), è stato tagliato anche l'aiuto umanitario all'Ucraina (-200 milioni). Questo dopo che i membri del Consiglio nazionale avevano ripetutamente sottolineato durante il dibattito che non erano senza cuore e che non avrebbero certamente tagliato gli aiuti umanitari. Il Consiglio degli Stati ha corretto la cifra riducendola ai -151 milioni della DSC, evitando un imbarazzo totale per la Svizzera e un freddo gelido nelle case dell’Ucraina.
In generale, i fatti non hanno giocato alcun ruolo nel dibattito. Per esempio, l'efficacia scientificamente comprovata della cooperazione allo sviluppo o il fatto che non vi sia nessun altro settore dell'Amministrazione federale in cui si effettuano più controlli e c'è più trasparenza, il che significa che sappiamo esattamente “cosa succede con tutti i soldi all'estero”. Anche le cifre inventate sulla cooperazione internazionale (CI) sono state gonfiate, talvolta arrivando addirittura a due terzi di troppo. L'affermazione spesso sentita che l'esercito è stato ridotto alla fame “negli ultimi anni” a favore della CI è altrettanto priva di fatti. Dal 2015, la crescita della cooperazione internazionale è sempre stata inferiore (1,7% in media) alla crescita del bilancio federale (2,6%), mentre la crescita delle spese dell'esercito è stata significativamente superiore (3,9%). La fame ha un aspetto diverso e viene patita altrove.
Non ha aiutato neanche il fatto che il budget (vincolante) della CI per il 2025 sia stato negoziato contemporaneamente al credito quadro 2025-2028. La cooperazione internazionale sarà ora tagliata di 110 milioni di franchi svizzeri per il prossimo anno. Questo dimostra chiaramente che i crediti quadro sono solo il contesto in cui i parlamentari possono presentarsi sotto una luce migliore (o meno cattiva). Nel bilancio sono stati effettuati tagli anche alla cooperazione multilaterale e alla cooperazione allo sviluppo della SECO, che erano state risparmiate nel credito quadro. E la DSC ha a disposizione meno fondi di quanto il credito quadro lasci intendere.
I 30 milioni di franchi che mancano all'aiuto multilaterale equivalgono all'incirca all'intero impegno della Svizzera nella lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. In termini concreti, il denaro mancante dalla cooperazione bilaterale significherà che meno alunni potranno essere istruiti nei campi profughi, che molte famiglie contadine non avranno un approvvigionamento idrico sicuro nella lotta contro la crisi climatica, che molti giovani non avranno un posto di apprendistato e che più bambini andranno a letto affamati. Natale ha un aspetto diverso.
Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, Direttore di Alliance Sud, Tel. +41 31 390 93 30, andreas.missbach@alliancesud.ch
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Comunicato stampa
COP29: finanziamento climatico, i fondi pubblici sono l’unica via
07.11.2024, Giustizia climatica
Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici “COP29” che si terrà dall’11 al 22 novembre a Baku si discuterà di bilioni, ossia l’entità di fondi necessaria nel Sud globale per ovviare agli effetti gravosi della crisi climatica e porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili. La Svizzera non può più attendere gli investimenti privati: deve contribuire a un obiettivo di finanziamento nettamente più elevato impiegando fondi pubblici.

© Shutterstock
2400 miliardi di dollari. Anche il Consiglio federale cita questa cifra stimata da un organo di esperti delle Nazioni Unite per quantificare il finanziamento annuale necessario per attuare l’Accordo di Parigi sul clima nel Sud del mondo entro il 2030. Una cifra che illustra l’enorme lacuna lasciata dall’attuale obiettivo di 100 miliardi per il finanziamento climatico nel Sud globale.
“È ovvio che per il nuovo obiettivo di finanziamento collettivo che verrà adottato alla COP29 sono necessarie dimensioni completamente diverse rispetto al passato”, commenta Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, centro di competenza svizzero per la cooperazione internazionale e la politica di sviluppo. La società civile internazionale chiede almeno 1000 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici per il clima all’anno. Per la riduzione dei gas serra, ad esempio, bisogna sostenere i Paesi più poveri fortemente indebitati che finora sono riusciti a pagare i loro interessi unicamente con i proventi dell’estrazione di petrolio o di gas.
Ma occorrono fondi pubblici in particolare anche per l’adattamento alle mutate condizioni climatiche. “In ogni Paese, a essere maggiormente colpite dalla crisi climatica sono le fasce più povere della popolazione. Proteggerle e sostenerle è un obbligo globale e non un business case”, sostiene Christina Aebischer, esperta climatica di Helvetas. Un’altra grande priorità per le delegazioni del Sud globale è costituita dall’inclusione dei danni e delle perdite dovuti al clima nel nuovo obiettivo di finanziamento climatico. Anche in questo caso è imperativamente necessario stanziare fondi pubblici. “Sulla base del principio del chi inquina paga, sarebbe da tempo necessario che anche i Paesi ricchi forniscano finanziamenti per coprire i danni dovuti ai cambiamenti climatici”, aggiunge Bettina Dürr, esperta climatica di Azione Quaresimale.
La Svizzera, invece, confida negli investimenti privati per trasferire il denaro necessario al Sud globale, non tenendo conto del fatto che nel caso dei flussi finanziari privati il denaro finora è fluito piuttosto dal Sud al Nord a causa dell’evasione fiscale e degli alti tassi di interesse. “Se l’unica risposta alla lacuna di finanziamento è costituita da vaghe promesse di investimenti privati, questo non aiuta le comunità colpite del Sud globale. Non è moralmente accettabile perché queste persone, che non hanno concorso in alcun modo alla crisi climatica, sono le prime a soffrirne”, dichiara Andreas Missbach.
Al contempo, i Paesi non devono perdere di vista la riduzione delle emissioni. Lo scorso anno, alla COP28 di Dubai, la comunità internazionale aveva deciso di procedere a un abbandono graduale dei combustibili fossili. All’inizio del 2025, tutti i Paesi dovranno presentare i loro nuovi obiettivi climatici, i contributi stabiliti a livello nazionale (NDC, “nationally determined contributions”). Negli NDC i Paesi devono definire come intendono attuare le risoluzioni di Dubai. In occasione della COP29 si traccerà la rotta da seguire. È fondamentale che in particolare i Paesi ricchi diano l’esempio ed illustrino concretamente i loro piani per l’abbandono graduale dei combustibili fossili. “Una transizione energetica rapida e socialmente giusta è imperativa e dovrebbe essere utilizzata come motore di sviluppo per le comunità trascurate. La Svizzera deve fornire il suo contributo in tal senso”, sostiene David Knecht, esperto climatico di Azione Quaresimale.
Nota: Delia Berner, esperta in politica climatica internazionale di Alliance Sud, è membro della delegazione negoziale ufficiale della Svizzera in qualità di rappresentante della società civile e sarà a Baku dall’11 novembre.
Per ulteriori informazioni:
Alliance Sud, Marco Fähndrich, responsabile dei media, tel. 079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch
Azione Quaresimale, Bettina Dürr, specialista energia e giustizia climatica, tel. 079 745 43 53 (tramite Signal o WhatsApp), duerr@fastenaktion.ch. Bettina Dürr osserverà a Baku i negoziati sul finanziamento climatico e sul bilancio globale (Global Stocktake).
Azione Quaresimale, David Knecht, specialista energia e giustizia climatica, tel. 076 436 59 86 (tramite Signal o WhatsApp), knecht@fastenaktion.ch. David Knecht osserverà a Baku i negoziati sulla mitigazione e gli NDC nonché sui meccanismi di compensazione del CO2.
Helvetas, Katrin Hafner, coordinatrice delle relazioni con i media, tel. 044 368 67 79, katrin.hafner@helvetas.org. Di Helvetas Christina Aebischer sarà a Baku come osservatrice.
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Comunicato stampa
Insieme e più velocemente verso una Svizzera sostenibile
25.09.2024, Agenda 2030
17 personalità di spicco del mondo della scienza, dell'economia, delle giovani generazioni, dello sport, della cultura e della società civile, riunite sulla Piazza federale, chiedono di accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030, sottoscritta dalla Svizzera 9 anni fa. Il nostro Paese è in preoccupante ritardo nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

© Martin Bichsel
Comunicato della Piattaforma Agenda 2030
Le personalità si basano sui risultati che hanno già ottenuto e promettono di fare il possibile per decidere e agire nell'interesse della sostenibilità. Rappresentano le migliaia di persone coinvolte nelle imprese, nelle istituzioni scientifiche e accademiche e nella società civile, che stanno già orientando le loro attività verso un'economia circolare, la protezione del clima e la riduzione delle disuguaglianze in particolare.
In occasione del “SDG Flag Day”, un cantante di jodel e un lanciatore di bandiere con i 17 SDG hanno ricordato al pubblico, nei pressi del Palazzo federale, che l'Agenda 2030 si iscrive nella nostra costituzione e nelle nostre tradizioni di vita.
L'appello lanciato il 25 settembre evidenzia sia i successi che le battute d'arresto: “La Svizzera sta facendo progressi in alcuni settori, ad esempio aumentando la parte di agricoltura biologica o sviluppando le energie rinnovabili. In altri settori si registra un regresso o una stagnazione: la povertà e le disuguaglianze aumentano in Svizzera e nel mondo, la diffusione di una mobilità senza barriere è in ritardo e la diversità delle specie si sta erodendo. Inoltre, il nostro Paese esporta una parte significativa del suo impatto sul clima, sull'ambiente e sui diritti umani: circa due terzi della nostra impronta sono generati all'estero”.
Christophe Barman, presidente della Federazione svizzera degli imprenditori e presente all'evento, ha dichiarato: “Sono convinto che (l'economia) debba essere la soluzione e muoversi attivamente verso la transizione. Mi impegno a catalizzare le imprese pionieristiche e a lavorare per creare condizioni quadro favorevoli all'imprenditoria responsabile”. Valérie d'Acremont, docente e medico responsabile di settore presso Unisanté, promette: “Mi impegno a continuare a lavorare in qualità di medico e professoressa, oltre che attraverso il mio impegno di attivista, per rendere i nostri sistemi sanitari più efficienti, sostenibili e robusti, rispettando i limiti del pianeta e garantendo l'equità tra le varie persone e regioni del mondo”. Eva Schmassmann, direttrice della Piattaforma Agenda 2030, aggiunge: “Lo sviluppo sostenibile è una sfida così vasta che richiede una grande collaborazione per non sentirsi sopraffatti. La Piattaforma mira proprio a rafforzare i legami nell'idea “Insieme siamo più forti∙e”.
Per ulteriori informazioni:
Eva Schmassmann, direttrice: 079 105 83 97
Sul sito web della campagna www.gemeinsam-fuer-die-sdgs.ch (tedesco) e www.ensemble-pour-les-odd.ch (francese).
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Comunicato stampa
Messaggio sull’esercito: un attacco frontale a una politica di sicurezza olistica
19.09.2024, Finanziamento dello sviluppo
Il Consiglio nazionale ha deciso oggi di finanziare l'aumento di quattro miliardi del budget dell'esercito attingendo in parte al bilancio della cooperazione internazionale (CI). Si tratta di un attacco frontale a una politica di sicurezza olistica.

© Keystone / Anthony Anex
La settimana scorsa, durante i dibattiti sulla Strategia della cooperazione internazionale 2025-2028, il Consiglio degli Stati si era espresso con 31 a 13 voti contro il finanziamento dell'esercito a spese della CI. Con la decisione odierna, il Consiglio nazionale ha cambiato rotta e vorrebbe prendere i fondi supplementari per l’esercito anche dalla cooperazione internazionale.
In questo modo, il Consiglio nazionale non riconosce che la cooperazione internazionale è parte integrante di una politica di sicurezza olistica. «Finanziare l'esercito a spese della cooperazione internazionale mina la tradizione umanitaria della Svizzera», afferma Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, il centro di competenza svizzero per la cooperazione internazionale e la politica di sviluppo. A suo avviso «è miope, in termini di politica di sicurezza, rafforzare i pompieri a scapito delle misure di protezione antincendio.»
Nell’attuale rapporto sulla politica di sicurezza sta scritto chiaro e tondo che la Svizzera «contribuisce a rafforzare la sicurezza e la stabilità internazionali offrendo i suoi buoni uffici, contribuendo al promovimento della pace, impegnandosi a favore del diritto internazionale, dello Stato di diritto e dei diritti umani, combattendo le cause dell’instabilità e dei conflitti attraverso la cooperazione allo sviluppo e ricorrendo agli aiuti umanitari per sopperire alle necessità della popolazione civile.»
Inoltre, i crediti d'impegno della Strategia CI 2025-2028 hanno già dovuto assorbire 1,5 miliardi di franchi svizzeri di finanziamenti per l'Ucraina. La Commissione di esperti Gaillard ha anche concluso nel suo rapporto che la cooperazione allo sviluppo ha già dovuto attuare riduzioni significative per compensare i fondi aggiuntivi previsti dal Consiglio federale per l'Ucraina. Ulteriori tagli metterebbero a rischio la comprovata cooperazione internazionale della Svizzera.
Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, 031 390 93 30, andreas.missbach@alliancesud.ch
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Comunicato stampa
Tagli nella cooperazione allo sviluppo: «Allarme solidarietà» nelle città svizzere
09.09.2024, Cooperazione internazionale
La politica vuole tagliare massicciamente i contributi alla cooperazione allo sviluppo. Contro i tagli si è formata un’ampia opposizione. Le organizzazioni per lo sviluppo svizzere danno insieme l’«Allarme solidarietà» impegnandosi in un tour nazionale che farà tappa in Ticino a inizio ottobre.

Nelle prossime sessioni autunnali e invernali, il Parlamento discuterà la Strategia di cooperazione internazionale per i prossimi quattro anni e il bilancio 2025. A causa dei massicci tagli previsti nella cooperazione allo sviluppo, le organizzazioni per lo sviluppo svizzere danno l’allarme e mandano un chiaro segnale a Berna: no ai tagli a spese della nostra tradizione umanitaria! Al contrario, occorre stanziare ulteriori fondi per l’importante aiuto all’Ucraina senza ridurre le risorse dei programmi già in corso nei Paesi più poveri.
Sul sito della campagna allarme-solidarietà.ch, è possibile premere il pulsante d’allarme virtuale. Con una serie di eventi, l’«Allarme solidarietà» ora si mette anche in viaggio per le città svizzere. A chi passerà dall’installazione verranno fornite ulteriori informazioni sulla cooperazione svizzera allo sviluppo e si potrà lanciare un allarme, questa volta analogico, in direzione di Berna.
Le crisi umanitarie richiedono l’impegno della Svizzera
Nella sua «Strategia di cooperazione internazionale 2025-2028», il Consiglio federale ha preventivato 1,5 miliardi di franchi per l’aiuto all’Ucraina. Si tratta di una somma superiore a quella spesa per la cooperazione allo sviluppo in tutta l’Africa subsahariana. Ora in Parlamento si rischia di discutere di ulteriori tagli a causa delle misure di risparmio e del riarmo dell’esercito. Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, centro di competenza svizzero per la cooperazione internazionale e la politica di sviluppo, si mostra indignato: «Questo attacco alla cooperazione allo sviluppo smantella progetti estremamente efficaci pianificati sul lungo termine e intacca la reputazione della Svizzera».
Innumerevoli voci dal mondo della politica, della scienza e della società civile concordano su questo punto, dato che la fame e la povertà sono di nuovo in aumento in tutto il mondo e le crisi umanitarie si stanno intensificando. Sottolineano tra l’altro che un approccio puramente militare alla sicurezza è una risposta inadeguata a queste sfide globali. La Svizzera deve invece rafforzare la sua cooperazione internazionale se vuole promuovere efficacemente la pace e la stabilità.
Tappe del tour
- Dal 5 al 9 settembre: Lucerna
- 12 e 14 settembre: Zurigo
- Dal 16 al 17 settembre: Berna
- 19 e 21 settembre: Zurigo
- 25 settembre: Losanna
- Dal 2 al 3 ottobre: Ginevra
- Dal 4 al 6 ottobre: Lugano
- Settimana 41: da definire
- Settimana 42: San Gallo
- Settimana 43: Winterthur
- Settimana 44: Basilea
- Settimana 45: da definire
- Settimana 46: da definire
- Settimana 47: da definire
- 27 e 29 novembre: Berna
Trovate la lista attuale delle tappe del tour «Allarme solidarietà» sul sito
www.allarme-solidarieta.ch/campagna
Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud
andreas.missbach@alliancesud.ch, 031 390 93 30
Allarme solidarietà è una campagna di Alliance Sud, Swissaid, Azione Quaresimale, Helvetas, Caritas, HEKS/EPER, Solidar Suisse, terre des hommes Suisse, Brücke Le Pont, Biovision, Comundo, Unité e Vivamos Mejor
Organizzazioni sostenitrici: Esercito della Salvezza, Frieda, IAMANEH Suisse, Interaction, Vétérinaires sans frontières, Women’s Hope International, Médecins du Monde, Medici Senza Frontiere, CBM Missioni cristiane per i ciechi nel mondo, Solidarmed, Verein Bethlehem Mission Immensee, OEME-Kommission Bern, Fédération genevoise de coopération, Enfants du monde, Fedevaco, Fondazione Villaggio Pestalozzi per bambini
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Comunicato stampa
La «chambre de destruction» minaccia la sicurezza della Svizzera
04.06.2024, Finanziamento dello sviluppo
La decisione del Consiglio degli Stati di togliere due miliardi di franchi alla cooperazione allo sviluppo è fatale e mette a repentaglio la sicurezza della Svizzera. I tagli alla cooperazione allo sviluppo di oggi sono le crisi di domani e la reputazione internazionale della Svizzera ne sarebbe irrimediabilmente danneggiata.

Sessione estiva al Consiglio degli Stati: Grande assente: la solidarietà.
© Servizi del parlamento, 3003 Bern
Secondo i dati dell’ONU, nel 2024 nel mondo circa 300 milioni di persone dipendono dall’aiuto umanitario. Sono colpite da guerre, catastrofi naturali o fame e hanno urgente bisogno di cibo, acqua potabile, assistenza medica, accesso all’istruzione o protezione. L’aiuto umanitario garantisce la sopravvivenza, mentre la cooperazione allo sviluppo è fondamentale affinché le persone possano uscire dalla povertà nel lungo periodo.
I risparmi previsti dal Consiglio degli Stati destinati all’esercito, insieme ai contributi per l’Ucraina, significherebbero tagli equivalenti a un terzo del budget. Vorrebbe dire interrompere progetti in corso funzionanti e distruggere strutture messe in piedi nel corso di decenni per le persone che hanno più bisogno di aiuto. La prevenzione dei conflitti a lungo termine non deve scivolare in secondo piano a causa della corsa alle armi innescata dall’aggressione russa all’Ucraina. La cooperazione allo sviluppo fornisce un contributo indispensabile alla sicurezza della Svizzera sul lungo periodo.
Finanziare il riarmo dell’esercito a spese dei più poveri significherebbe che la cooperazione allo sviluppo, già indebolita dai tagli e dal finanziamento degli aiuti all’Ucraina, non sarebbe più in grado di adempiere al suo mandato costituzionale. I 500 milioni di franchi all’anno che verrebbero a mancare corrispondono a molto più dell’intero sostegno della Svizzera all’Africa. La Svizzera si vedrebbe costretta ad abbandonare la popolazione di interi Paesi. Dovrebbe ritirare il suo sostegno a organizzazioni multilaterali come il Programma alimentare mondiale, che salva le persone dalla fame, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) o la Banca africana di sviluppo. Le conseguenze per la reputazione internazionale della Svizzera, già criticata per la sua mancanza di impegno, sarebbero disastrose.
«I politici dell’insicurezza nel Consiglio degli Stati stanno accettando un’ulteriore instabilità, che spinge la gente a fuggire. Non si preoccupano neppure del fatto che con una tale decisione la Svizzera si esporrebbe ancor di più alle critiche sul piano internazionale. Il Consiglio nazionale deve far rinsavire la chambre de destruction», sostiene Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, centro di competenza per la cooperazione internazionale e la politica di sviluppo.
Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, tel. 031 390 93 30, andreas.missbach@alliancesud.ch
Laura Ebneter, esperta di cooperazione internazionale presso Alliance Sud, tel. 031 390 93 32, laura.ebneter@alliancesud.ch
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