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Una crisi mondiale necessita solidarietà globale

14.04.2020, Cooperazione internazionale

La crisi del coronavirus ci ha reso consapevoli della vulnerabilità del nostro mondo globalizzato. Siamo tutti letteralmente sulla stessa barca. Ma se la crisi non risparmia nessuno, essa non tocca tutti nella stessa maniera.

Kristina Lanz
Kristina Lanz

Esperta in cooperazione internazionale

Una crisi mondiale necessita solidarietà globale

Un ragazzo della cittadina ruandese Sholi si è costruito una maschera per proteggersi dal Coronavirus.
© Wikimedia Commons / study in Rwanda

La crisi come opportunità?

Quest’epidemia mostra i limiti del sistema creato dalla nostra generazione. Un sistema che ha pensato solo all’economico e alla corsa a un rapido profitto, a scapito dell’aspetto sociale e dell’attenzione verso gli altri. Un sistema che ha completamente perso di vista certi valori, come la solidarietà, e che non ha smesso di pensare «globale» per cercare, in capo al mondo, la manodopera più conveniente disdegnando l’investimento sociale. (Denis Mukwege, medico e premio Nobel per la Pace nel 2018[1])

La crisi del coronavirus ha cambiato completamente la vita di tutti noi, in un lasso di tempo molto breve. Essa ha mostrato che il nostro stile di vita non è immutabile. Le decisioni politiche urgenti, inconcepibili in tempi normali, sono state prese rapidamente e senza burocrazia. Ora si tratta di sapere se, una volta passata la crisi, possiamo e vogliamo ricostruire lo stesso mondo che avevamo prima, rendendoci così vulnerabili ad altre crisi; o se invece consideriamo questa crisi come un’opportunità. Come un’occasione per rafforzare la solidarietà mondiale e prepararci quindi alle future crisi – inclusa la crisi climatica mondiale, molto più grave, che è già in corso.

Possiamo e dobbiamo decidere adesso se utilizzeremo il denaro assegnato a livello nazionale e internazionale per preservare le catene d’approvvigionamento non sociali o rinforzare l’industria fossile in difficoltà, o se lo vincoleremo a dei criteri di sostenibilità sociale ed ecologica nell’ottica di una migliore ricostruzione (building back better). Spetta pure a noi, in Svizzera, decidere se continuare a scavare l’enorme fossato della disuguaglianza mondiale – attualmente, i 2’253 miliardari del mondo possiedono più averi che il 60% della popolazione mondiale totale[2] – o se cogliere l’occasione per colmarlo lentamente. Una compatibilità climatica coerente nell’impiego dei fondi, ma anche una tassa sulle transazioni finanziarie, una tassa sull’economia digitale, delle tasse di gestione socialmente accettabili o addirittura una tassa unica sul coronavirus da pagare dai ricchi, sono solo alcune delle possibilità attualmente in discussione per generare fondi a favore dei più poveri e dei più vulnerabili, senza appesantire ulteriormente il fardello della classe media. Sta a noi decidere se la nostra solidarietà si ferma alla frontiera nazionale o se invece ci rendiamo conto del fatto che a lungo termine siamo tutti sulla stessa barca e che, come comunità mondiale, saremo forti solo nella misura in cui lo saranno anche i più deboli tra di noi.

Le rivendicazioni di Alliance Sud

  1. I fondi promessi dalla Banca mondiale e dall’FMI, per far fronte alla crisi del coronavirus nei Paesi più poveri, non sono assolutamente sufficienti per attenuare a lungo termine le conseguenze economiche e sociali di questa crisi. Tutte le nazioni sono invitate ad aumentare le loro spese di sviluppo (aiuto pubblico allo sviluppo, APS) per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale, ossia lo 0,7 % del reddito nazionale lordo (RNL)[3]. La Svizzera dovrebbe finalmente adeguarsi a quest’esigenza e aumentare i crediti quadro per la cooperazione internazionale, in modo da raggiungere la parte d’APS dello 0,7%, o perlomeno di nuovo una parte d'APS pari allo 0,5%, come richiesto dal Parlamento già da tempo. Conformemente all'Agenda 2030, la cooperazione internazionale della Confederazione (CI) dev’essere fortemente incentrata sui ceti più poveri della popolazione («Leave no one behind») e investire in sistemi educativi e sanitari accessibili al pubblico, nel rafforzamento della società civile e in particolare delle donne, nel rafforzamento della piccola agricoltura, nonché in possibilità di lavoro decenti e nella sicurezza sociale.
  2. Secondo il principio «ricostruire meglio» (build back better), la Svizzera deve adoperarsi affinché tutti i fondi d’aiuto nazionali e internazionali forniti per superare la crisi dovuta al coronavirus siano utilizzati in maniera ecologicamente e socialmente responsabile, contribuendo così a ridurre le disuguaglianze sociali e a contrastare la progressione del cambiamento climatico.
  3. I Paesi in via di sviluppo hanno un urgente bisogno d’entrate fiscali supplementari proprie, per poter lottare contro le conseguenze sociali ed economiche, probabilmente molto gravi, della crisi generata dal coronavirus. La Svizzera deve quindi adottare immediatamente delle misure di politica fiscale per accrescere la trasparenza dei centri finanziari e delle imprese elvetiche. Uno scambio accelerato e completo di dati fiscali provenienti dalle multinazionali aventi sede in Svizzera e degli attivi offshore gestiti nel nostro Paese deve permettere alle autorità fiscali dei Paesi in via di sviluppo d’identificare e impedire la frode fiscale verso la Svizzera. In questo contesto esistono tre misure immediate: anzitutto, la pubblicazione di rapporti specifici nazione per nazione da parte delle multinazionali (il cosiddetto public country by country reporting); secondariamente, delle esperienze pilota di scambio automatico d’informazioni sui dati dei clienti delle banche (progetti pilota SAI) con i Paesi in via di sviluppo; e in terzo luogo, l’introduzione di registri pubblici sui beneficiari effettivi delle società.
  4. Con più di 200 altre organizzazioni della società civile del mondo intero, Alliance Sud esige l’annullamento di tutti i pagamenti del debito estero dovuti nel 2020 dai Paesi in via di sviluppo ed emergenti a dei creditori bilaterali (Stati), multilaterali (FMI/Banca mondiale) e privati. La Svizzera dovrebbe fare pressione sull’FMI, sulla Banca mondiale e sul Club di Parigi per raggiungere questi obiettivi. Dovrebbe pure agire in seno all’FMI e alla Banca mondiale per favorire la messa a disposizione di risorse finanziarie supplementari nell’ambito degli strumenti d’emergenza delle istituzioni di Bretton Woods, grazie alle quali i Paesi in via di sviluppo e quelli emergenti potranno lottare a breve termine contro le conseguenze sociali ed economiche della crisi legata al coronavirus, senza dover contrarre nuovi debiti. A più lungo termine, la Svizzera deve impegnarsi negli organi di decisione della Banca mondiale e dell’FMI, per un allontanamento dalle condizioni di prestito politiche che portano a un indebolimento dei sistemi sanitari pubblici e di quelli educativi, come ad esempio la politica d’austerità prescritta dall’FMI o la privatizzazione dei sistemi educativi e sanitari promossi dalla Banca mondiale.

Il documento completo si può leggere in francese e/o in tedesco Kristina Lanz, Alliance Sud

[1] En Afrique „agir au plus vite pour éviter l’hécatombe“, colloquio con Denis Mukwege, Le Monde, 1° aprile 2020.

[2] World’s Billionaires have more wealth than 4.6 billion people, comunicato stampa dell’Oxfam, 20 gennaio 2020.

[3] The Covid-19 Shock to Developing Countries, UNCTAD (2020).