Settore privato

Collaborazione col settore privato

Alliance Sud s’impegna affinché i partenariati col settore privato nella
cooperazione allo sviluppo abbiano come obiettivo la lotta alla povertà e siano sottoposti a elevati requisiti di trasparenza e di misurazione dell’efficacia. 

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Di cosa si tratta

Sin dalla ratifica degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG) delle Nazioni Unite, sono state adottate strategie per la «mobilitazione» di finanziamenti privati a favore dello sviluppo sostenibile, sia a livello multilaterale (Gruppo Banca Mondiale, OCSE, banche di sviluppo regionali), sia in molti Stati. Ciò aveva lo scopo di colmare la lacuna finanziaria stimata a circa 2,5 bilioni di dollari annui per il raggiungimento degli SDG.

A tale scopo è stato promosso o creato un ampio ventaglio d’istituzioni e di strumenti. Al tempo stesso le ambizioni sono spesso esagerate, sia per ciò che riguarda l’ammontare del finanziamento che può essere reperito in tal modo, sia per ciò che concerne il potenziale e la rilevanza del finanziamento privato per la lotta alla povertà.

Alliance Sud s’impegna affinché i partenariati con il settore privato della DSC e della SECO abbiano come obiettivo la lotta alla povertà e siano sottoposti a elevati requisiti di trasparenza e di misurazione dell’efficacia. 

Finanziamento pubblico

Finanziamento pubblico

Alliance Sud s’impegna per un aumento e per una definizione il più possibile rigorosa delle spese della Svizzera destinate allo sviluppo. Essa deve finalmente raggiungere l’obiettivo finanziario dello 0.7% del reddito nazionale lordo, adottato ormai più di 50 anni fa, senza computare i costi interni dell’asilo. 

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Do cosa si tratta

Il Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (DAC dell‘OCSE) ha introdotto nel 1969 il parametro internazionale di riferimento per il finanziamento pubblico dello sviluppo: Aide publique au développement (APD; rispettivamente Official development assistance, ODA; in italiano: Aiuto pubblico allo sviluppo, APS). Da allora, il «tasso di APS» è il parametro per misurare l’ampiezza e la qualità dei fondi stanziati. Esso costituisce la base per valutare se i Paesi donatori mantengono le loro promesse.

Numerosi attori, tra i quali Alliance Sud, criticano però il fatto che i Paesi membri dell’OCSE gonfino artificialmente il finanziamento allo sviluppo da loro dichiarato, tramite pratiche contabili dubbiose e creative. Alliance Sud s’impegna affinché la Svizzera soddisfi finalmente l’obiettivo ONU, approvato oltre 50 anni fa, pari allo 0.7% del reddito nazionale lordo da destinare all’APS, senza computare le spese residue interne, come i costi dell’asilo. Inoltre, s’impegna presso l’OCSE per una definizione il più possibile rigorosa delle spese per lo sviluppo. 

Finanziamento dello sviluppo

Finanziamento dello sviluppo 

La sovrapposizione delle crisi globali e lo scarso finanziamento pubblico per lo sviluppo pongono la società internazionale di fronte a grandi sfide. Alliance Sud s’impegna per un aumento delle spese a favore della coope-razione allo sviluppo e affinché la Svizzera, tramite la sua politica
fiscale, non continui a sottrarre fondi al Sud globale.

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Finanziamento pubblico

© Ashden

Settore privato

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Mobilitazione di risorse nazionali

Di cosa si tratta

Come in passato, nei «calderoni» del finanziamento pubblico per lo sviluppo c’è troppo poco denaro, a maggior ragione se si considerano le immense sfide dei prossimi anni. La stessa situazione si presenta nel
finanziamento climatico internazionale, dove i Paesi ricchi non hanno neppure mantenuto le loro modeste promesse. La Svizzera, uno dei Paesi più ricchi del mondo, deve fare assolutamente di più in quest’ambito.

Tuttavia l’innalzamento del finanziamento pubblico per lo sviluppo non basta, dato che oggi dal Sud globale defluisce più denaro di quanto ne riceve dal Nord. Alliance Sud s’adopera affinché la Svizzera non agevoli più l’evasione e l’elusione fiscale delle multinazionali e trasformi la sua piazza finanziaria e il suo polo di commercio di materie prime in modo tale da promuovere lo sviluppo sostenibile, piuttosto che ostacolarlo.  

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Articolo, Global

Afghanistan: ancora nessun centesimo restituito

27.03.2023, Finanziamento dello sviluppo

La fondazione istituita a settembre con sede a Ginevra per gestire 3,5 miliardi di dollari della Banca centrale dell’Afghanistan sceglie di andare sul sicuro e rimanere con le mani in tasca. La Svizzera sembra allinearsi alla posizione americana.

Isolda Agazzi
Isolda Agazzi

Esperta in politica commerciale e d’investimento, portavoce per la Svizzera romanda

Afghanistan: ancora nessun centesimo restituito
Immagine di archivio: una guardia sorveglia vecchie valute afghane a Kabul.
© KEYSTONE / AP / MANISH SWARUP

Il 14 settembre, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha annunciato a sorpresa l’istituzione di una fondazione a Ginevra chiamata “Fondo per il popolo afghano”, sostenuta da Stati Uniti e Svizzera. Nonostante il nome un po’ fuorviante, si tratta di una fondazione di diritto svizzero volta a gestire 3,5 miliardi di dollari di riserve estere della Banca centrale dell’Afghanistan (DAB) congelati negli Stati Uniti. Quando i talebani hanno riconquistato Kabul nell’agosto del 2021, Washington ha bloccato i 7 miliardi di dollari della banca centrale afghana che erano depositati negli Stati Uniti. Alla base della misura c’è una legge approvata dal Congresso che consente il congelamento di fondi di Stati che sostengono il terrorismo. La metà di questi fondi viene trattenuta per le famiglie delle vittime dell’11 settembre, ma non è chiaro se questa somma verrà effettivamente erogata. Finché il coinvolgimento dei talebani nell’attacco non sarà provato, il denaro non sarà disponibile.
La metà rimanente, dunque 3,5 miliardi, dovrà essere rimborsata alla DAB sul lungo termine.

Attualmente si trovano su un conto presso la Banca dei regolamenti internazionali, con sede a Basilea. La fondazione, in inglese Afghan Fund, intende restituire i fondi in piccole tranche. Il suo scopo non è finanziare aiuti umanitari, ma rafforzare la stabilità macroeconomica dell’Afghanistan, stampare nuove banconote, pagare arretrati o finanziare importazioni di energia elettrica. Tutto ciò dovrebbe permettere al Paese di mantenere il proprio posto nelle istituzioni finanziarie internazionali e quindi di ricevere aiuti umanitari.

Veto degli Stati Uniti possibile

Il Consiglio di fondazione è composto di quattro persone: per la Svizzera, l’ambasciatrice Alexandra Baumann, capo della divisione Prosperità e sostenibilità del DFAE; per l’Afghanistan, due economisti, Anwar-ul-Haq Ahady, ex capo della DAB ed ex ministro delle finanze, e Shah Merhabi, professore al Montgomery College; per gli Stati Uniti, un rappresentante del Dipartimento del tesoro, Andrew Baukol. Le decisioni vengono prese all’unanimità; se uno dei quattro membri si oppone a una proposta, non succede nulla.

Ma il tempo passa e finora l’Afghanistan non ha ancora visto un centesimo. Il Consiglio di fondazione si è riunito per la prima volta il 21 novembre a Ginevra e ha deciso di incaricare una società di revisione esterna e di assumere un segretario esecutivo. Tuttavia, non è stata approvata alcuna delibera di erogazione dei fondi e non si prevede che ciò avvenga a breve.

Il dottor Merhabi, professore di economia, sta cominciando a spazientirsi. In una sua dichiarazione al quotidiano online “In These Times” sottolinea che, vista la situazione catastrofica in Afghanistan, sarebbero urgentemente necessari almeno 100 milioni di dollari al mese per contenere l’inflazione, stabilizzare il tasso di cambio e pagare le importazioni. Tuttavia, gli Stati Uniti chiedono garanzie estremamente severe: la DAB deve dimostrare la propria indipendenza dalle autorità politiche, applicare adeguati controlli per combattere il riciclaggio di denaro e il terrorismo e condurre un audit esterno.

Svizzera in linea con gli USA

Qual è la posizione della Svizzera? In occasione di un incontro con Alliance Sud a settembre, il DFAE aveva assicurato che la fondazione sarebbe stata gestita in modo del tutto trasparente. Recentemente, Alexandra Baumann ha confermato che i verbali delle riunioni saranno pubblicati e che un sito web è in fase di realizzazione.

Alla domanda se il Fondo non debba iniziare a restituire il denaro, l’ambasciatrice si allinea esattamente alla posizione ufficiale del Fondo – e quindi, ci pare, a quella degli Stati Uniti. «Il Consiglio di fondazione persegue lo scopo della fondazione, che è quello di rilevare parte dei fondi DAB attualmente bloccati negli Stati Uniti, di proteggerli, di conservarli per il futuro e di sbloccarli parzialmente. L’obiettivo a lungo termine è quello di trasferire i fondi inutilizzati al DAB», spiega Baumann, aggiungendo che ciò avverrà solo se il DAB potrà dimostrare in modo credibile di essere indipendente e di aver predisposto controlli adeguati. «La fondazione e il suo consiglio agiscono in modo indipendente conformemente al diritto svizzero. Posso confermare che mi impegno per il raggiungimento degli obiettivi citati», ha concluso Alexandra Baumann.

Confisca moralmente discutibile

In ogni caso, la questione comincia a scaldare gli animi della società civile. Norah Niland, presidente del gruppo di lavoro sull’Afghanistan di United Against Inhumanity (UAI), un movimento internazionale di persone che si batte contro le atrocità della guerra: «È molto preoccupante che il Fondo per l’Afghanistan non agisca e, a quanto pare, non sia interessato a ricapitalizzare la DAB. La DAB deve essere in grado di funzionare per risolvere i problemi di liquidità e aiutare a ricostruire l’economia e il sistema bancario crollati. Concordiamo con il dottor Mehrabi sul fatto che un importo mensile relativamente ridotto, ad esempio 150 milioni di dollari, dovrebbe essere erogato in modo controllato, in quanto la banca è in grado di rispondere alle preoccupazioni in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo».

L’esperta operatrice umanitaria, che ha lavorato in Afghanistan, aggiunge che le misure umanitarie, per quanto efficaci, non possono sostituire un’economia funzionante. E che il sequestro “immorale” delle riserve estere afghane punisce collettivamente anche quella parte di popolazione che non è responsabile del ritorno dei talebani a Kabul. «L’UAI esprime grave preoccupazione per la crescente povertà, l’indebitamento, la perdita dei mezzi di sussistenza, la fame e l’inverno molto rigido che stanno aggravando la miseria del popolo afghano e lo costringono a meccanismi di adattamento che peggiorano ulteriormente la sua situazione».

La Svizzera deve impegnarsi per cominciare a restituire i fondi

Questo punto di vista è condiviso anche da Unfreeze Afghanistan, una campagna internazionale promossa da donne che chiedono al presidente Joe Biden di sbloccare i fondi afghani congelati negli Stati Uniti. Per Alliance Sud, il tentativo di portare almeno una parte dei fondi “al sicuro” è certamente lodevole. Ma solo se possono essere utilizzati nell’interesse della popolazione afghana. Tuttavia, poiché le condizioni per la restituzione sono quasi impossibili da soddisfare – la DAB non è mai stata indipendente dal potere statale, nemmeno prima della presa del potere da parte dei talebani – è necessaria una certa flessibilità nei negoziati con il governo afghano. Alliance Sud invita la Svizzera ad impegnarsi, con le dovute precauzioni, per garantire che venga restituito rapidamente all’Afghanistan denaro a sufficienza per far ripartire l’economia nell’interesse della popolazione.

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La rivista periodica di Alliance Sud viene pubblicata quattro volte all’anno (in tedesco e francese) ed è possibile abbonarsi gratuitamente. In «global» trovate analisi e commenti riguardanti la politica estera e di sviluppo del nostro Paese.

Comunicato stampa

Una strategia senza i dovuti finanziamenti

20.06.2023, Finanziamento dello sviluppo

Il Consiglio federale ha avviato oggi la procedura di consultazione sulla strategia di cooperazione internazionale (CI) 2025-2028. Risulta evidente come non vengano stanziati i finanziamenti necessari per questa continuità.

Una strategia senza i dovuti finanziamenti

Patricia Danzi, Direttrice della DSC.
© Alliance Sud

Con la fine dell’impegno della cooperazione svizzera allo sviluppo in America latina, decisa tre anni fa per la fine del 2024, i fondi a disposizione dovranno essere trasferiti verso altre regioni prioritarie, in particolare l’Africa subsahariana, nonché il Nord Africa e il Medio Oriente. Il Consiglio federale vi ha però rinunciato per la prossima strategia: dal 2025 al 2028 vorrebbe piuttosto mettere a disposizione dell’Ucraina 1.5 miliardi di franchi, prendendoli dal calderone della CI. Non solo questo è poco solidale, ma anche poco credibile. Se 1.5 miliardi di franchi dovessero essere riservati all’Ucraina, senza estendere il quadro finanziario, ciò avrebbe gravi conseguenze per altre regioni.

«Ci impegniamo affinché il sostegno svizzero all’Ucraina non venga pagato dalla popolazione del Sud globale», spiega Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud. «I fondi per la ricostruzione dell’Ucraina devono essere considerevolmente incrementati, ma andrebbero concessi in aggiunta alla cooperazione internazionale».

I crediti d’impegno per il quadriennio 2025-2028 prevedono inoltre un ampliamento dell’aiuto umanitario, a scapito della cooperazione allo sviluppo a lungo termine. «Ciò rappresenta un onere supplementare per i progetti a lungo termine, i programmi e i partenariati già esistenti, un onere che noi non possiamo sostenere», sottolinea Andreas Missbach. Per ulteriori misure d’emergenza e l’aiuto immediato in caso di crisi e catastrofi è già a disposizione, grazie allo strumento dei crediti supplementari, un mezzo di finanziamento flessibile.

Il mandato di base della CI va messo al centro

Il sovrapporsi delle crisi e della guerra d’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina hanno portato a una grave involuzione nella lotta alla povertà e a un aumento della disuguaglianza globale. Il divario tra la necessità d’intervento urgente e i mezzi a disposizione sta quindi assumendo proporzioni inquietanti. Per questo motivo Alliance Sud intende impegnarsi, nella procedura di consultazione, a favore di una CI svizzera che metta al centro il mandato costituzionale – debellare povertà e indigenza – e che di conseguenza si allinei all’Agenda 2030 dell’ONU.

Per ulteriori informazioni:
Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, tel. +41 31 390 93 30, andreas.missbach@alliancesud.ch
Laura Ebneter, responsabile cooperazione internazionale, Alliance Sud, tel. +41 31 390 93 32, laura.ebneter@alliancesud.ch

Un articolo (in francese) che spiega per quale motivo il freno all’indebitamento non è un ostacolo per l’aiuto all’Ucraina e una CI forte.

E un'analisi (sempre in francese) sul perché la collaborazione con il settore privato non è la risposta al grande deficit finanziario nella cooperazione internazionale.