Svizzera - Ucraina

Il ritorno dell’aiuto vincolato

12.11.2025, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo

Il Consiglio federale ha recentemente sottoposto a consultazione il suo accordo con il governo ucraino, che mira a creare una base giuridica per sovvenzionare le imprese svizzere. Con il pretesto della «cooperazione», assistiamo al ritorno dell’aiuto vincolato che si pensava superato da tempo. 

Laurent Matile
Laurent Matile

Esperto in imprese e sviluppo

Il ritorno dell’aiuto vincolato

Aiuti dalla Svizzera per le imprese svizzere invece di rafforzare l'economia ucraina. Un operaio in un edificio distrutto della città di Charkiv.
© AP Photo/Vadim Ghirda

Leggendo il titolo del documento (Accordo sulla cooperazione nel processo di ricostruzione dell’Ucraina) si potrebbe pensare che si tratti dell’intero programma nazionale per l’Ucraina 2025-2028, che la Svizzera finanzia attingendo 1,5 miliardi di franchi dal bilancio della cooperazione internazionale. 
 

Avanzando con la lettura del preambolo, si constata che le parti esprimono la loro volontà di rafforzare la «resilienza dell’economia ucraina» e di «promuovere l’integrazione economica dell’Ucraina nel mercato europeo». Si sottolinea anche l’importanza del ruolo del settore privato per una «ricostruzione efficiente e sostenibile». A questo punto ci si potrebbe aspettare che l’accordo includa un’ampia gamma di misure di cooperazione economica che la Svizzera propone di mettere in atto soprattutto a vantaggio dell’economia e delle imprese ucraine.
 

Ma così non è. Il fulcro dell’accordo è la definizione delle modalità con cui verrà fornita un’assistenza tecnica e finanziaria non rimborsabile per «l’acquisto di beni e servizi da aziende svizzere» destinati a progetti di ricostruzione in Ucraina, in particolare nei settori dell’energia, dei trasporti e della mobilità, dell’edilizia e dell’acqua. Questa «assistenza» è finanziata interamente dal credito d’impegno della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ed è soggetta all’approvazione del Parlamento nell’ambito dei dibattiti sul bilancio. Il Consiglio federale intende mettere a disposizione per questo scopo un terzo del budget di 1,5 miliardi di franchi per la ricostruzione dell’Ucraina nel periodo 2025-2028, ossia 500 milioni di franchi.

 

Progetti già approvati
 

Nel mese di agosto 2025 sono stati presentati i primi dodici progetti del settore privato svizzero che saranno sostenuti con i fondi del bilancio per la cooperazione svizzera allo sviluppo. Complessivamente il preventivo raggiunge i 112 milioni di franchi, di cui 93 milioni sono finanziati dalla Svizzera e il resto da imprese e partner ucraini. I progetti riguardano le infrastrutture (energia, alloggi), i trasporti pubblici, la sanità e lo sminamento umanitario. Tra le imprese oggetto della promozione figurano Hitachi e Roche. Attualmente, solo le imprese svizzere già attive in Ucraina possono ricevere gli aiuti finanziari della SECO.
 

 

Una cooperazione priva di base giuridica
 

Chi legge attentamente si chiederà allora giustamente su quale base giuridica si fondi questa «assistenza tecnica e finanziaria». Il rapporto esplicativo del Consiglio federale è chiaro a questo proposito. Le misure finanziarie descritte non poggiano sulla legge federale sulla cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario internazionali (legge sulla CI). Più che altro giovano agli interessi di politica economica estera della Svizzera. Il rapporto non lascia spazio a dubbi: il settore privato svizzero non rientra nel campo di applicazione della legge sulla CI. Potrebbero forse fungere da base giuridica i meccanismi di sostegno alle esportazioni svizzere, tra cui la legge federale sulla promozione delle esportazioni e la legge sull’assicurazione contro i rischi delle esportazioni? Nemmeno, poiché il loro scopo e oggetto, sempre secondo il Consiglio federale, sono completamente diversi e, in secondo luogo, queste leggi non consentono il finanziamento delle esportazioni svizzere o di sussidi, in quanto ciò violerebbe gli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) applicabili in materia. 

Qui ci troviamo dunque in una zona d’ombra dal punto di vista legale. Tuttavia, grazie a uno stratagemma giuridico l’accordo è stato strutturato in modo tale che gli acquisti da aziende svizzere – malgrado non si basino su alcuna legislazione svizzera esplicita – siano soggetti alla legge federale sugli appalti pubblici (LAPub). Viene sottolineata la necessità di garantire la «sicurezza giuridica» di queste transazioni. Questo approccio però non torna del tutto. 

Secondo la LAPub, infatti, la Svizzera è tenuta ad autorizzare le imprese dei Paesi che le accordano la reciprocità (in particolare Unione Europea e Ucraina) a partecipare alle gare d’appalto. L’accordo in questione sospende tale obbligo ed esclude gli offerenti esteri dalle gare d’appalto, per riservarle alle aziende svizzere. Con questa mossa il Consiglio federale rischia che gli altri Paesi, in particolare gli Stati membri dell’UE, ritirino la reciprocità alle imprese svizzere nel quadro degli appalti pubblici legati ai loro progetti di cooperazione con l’Ucraina. Questo aspetto, tuttavia, non è menzionato nel rapporto esplicativo. 
 

Un meccanismo obsoleto e problematico
 

Al di là delle sottigliezze giuridiche, il vero problema in termini di politica di sviluppo è che il Consiglio federale favorisca il ritorno dell’aiuto vincolato (tied aid) sotto mentite spoglie di «accordo di cooperazione». Stiamo parlando di una pratica che è stata fortemente criticata dal Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (CAS OCSE) e che è stata quasi completamente bandita dalla cooperazione internazionale della Svizzera a causa delle sue ripercussioni negative sui Paesi partner. Questo accordo costituisce quindi un precedente preoccupante, in quanto riattiva un meccanismo obsoleto e screditato. 
 

Nell’ultimo rapporto di revisione del Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’OCSE (OECD/DAC Peer Review Switzerland 2025), la Svizzera è stata invitata a porre fine a questo tipo di aiuto vincolato. Secondo l’OCSE, in questo modo si «consente al Paese beneficiario di rifornirsi di beni e servizi praticamente da qualsiasi Paese, evitando così costi inutili».
 

Sussidi per le esportazioni a scapito della cooperazione 
 

Oltretutto, non vi è alcun motivo evidente per cui questi «aiuti finanziari in settori specifici» o, per utilizzare una formulazione più appropriata, questi sussidi per le esportazioni di beni e servizi svizzeri, debbano essere finanziati interamente dal bilancio della cooperazione internazionale. Visto che sono destinati esclusivamente alle imprese svizzere e non si fondano sulla legge sulla CI, non possono essere considerati uno strumento della cooperazione internazionale della Svizzera. Siamo di fronte a una progressiva ridistribuzione dei fondi che dovrebbero servire a ridurre la povertà a favore degli attori del settore privato, una ridistribuzione che si inserisce nel contesto di una tendenza negativa in atto che contesta gli obiettivi e le finalità della cooperazione internazionale.
 

Alliance Sud chiede quindi che per questi aiuti finanziari in futuro non si attinga più dal bilancio della cooperazione internazionale. Se il Consiglio federale intende mantenere questo tipo di sostegno alle imprese svizzere nell’ambito della ricostruzione dell’Ucraina, dovrebbe attingere a nuove fonti di finanziamento separate, al fine di non gravare sui fondi della cooperazione internazionale. Questi ultimi devono essere impiegati in via prioritaria per combattere la povertà e sostenere le popolazioni svantaggiate.

 

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Comunicato stampa

A Siviglia la Svizzera non può certo concedersi una siesta

30.06.2025, Finanziamento dello sviluppo

Prende il via oggi a Siviglia la quarta Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo (FfD4). Domenica sera organizzazioni della società civile di tutto il mondo hanno manifestato per un ordine economico internazionale più equo. La dichiarazione finale è già stata redatta e non contiene progressi decisivi per affrontare le varie crisi globali. Tuttavia, formula importanti dichiarazioni d'intenti in materia di politica fiscale e di riduzione del debito che chiamano in causa anche la Svizzera.

Dominik Gross
Dominik Gross

Esperto in politica fiscale e finanziaria

+41 31 390 93 35 dominik.gross@alliancesud.ch
Marco Fähndrich
Marco Fähndrich

Responsabile della comunicazione e dei media

+41 31 390 93 34 marco.faehndrich@alliancesud.ch
A Siviglia la Svizzera non può certo concedersi una siesta

L'importante conferenza dell'ONU è oscurata dal debito pubblico record nel Sud globale, dalla non partecipazione degli Stati Uniti e dalla completa dissoluzione dell'agenzia per lo sviluppo USAID annunciata per il 1° luglio. A Siviglia, però, fino a giovedì le discussioni non si limiteranno al «finanziamento dello sviluppo» nel senso dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Al centro dell'attenzione vi è la questione di come i Paesi più poveri possano generare maggiori risorse proprie. Pertanto, anche le misure contro l'evasione fiscale e i flussi finanziari illeciti figurano in modo prominente nell'agenda. Altrettanto importanti sono i temi della riduzione del debito, del commercio, dell'architettura finanziaria internazionale e del ruolo delle imprese e dei relativi incentivi statali; tutti temi che impegnano in modo particolare i Paesi ricchi come la Svizzera.

«Finora la Svizzera ufficiale non ha brillato quando si è trattato di rafforzare il multilateralismo, la cooperazione allo sviluppo e la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile», afferma Dominik Gross, esperto di politica finanziaria e fiscale di Alliance Sud. «Ci aspettiamo che la Svizzera prenda sul serio le discussioni e i processi delle Nazioni Unite e collabori in modo costruttivo, invece di bloccare o trascurare tali questioni a vantaggio dei propri interessi di parte», afferma Dominik Gross.

Documento informativo per i media
Nel nostro documento informativo per i media (in francese) potete leggere in quali settori la Svizzera dovrebbe assumersi urgentemente maggiori responsabilità.

Il nuovo deal
Il numero speciale della rivista «global» (in francese) delinea come potrebbe essere una nuova Svizzera per un mondo più giusto. La pubblicazione «Il nuovo deal» è disponibile qui.

Per maggiori informazioni sul posto:
A Siviglia: Dominik Gross, esperto di politica finanziaria e fiscale, Alliance Sud,
+41 78 838 40 79, dominik.gross@allliancesud.ch

Per domande generiche:
Marco Fähndrich, responsabile dei media, Alliance Sud,
Tel. 079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch

Studio

Impact Investing e sviluppo sostenibile

10.12.2024, Finanziamento dello sviluppo

L'impact investing sta guadagnando sempre più consensi, soprattutto in Svizzera, Paese noto per il suo sistema finanziario e per il suo impegno a favore di una piazza finanziaria sostenibile. Tuttavia, proprio perché l'impact investing viene spesso presentato come una panacea per superare le sfide dello sviluppo sostenibile, lo studio di Alliance Sud ne esamina criticamente l'efficacia e i limiti.

 

Laurent Matile
Laurent Matile

Esperto in imprese e sviluppo

Impact Investing e sviluppo sostenibile

L'Impact Investing diventa sempre più importante, ma rimane un mercato di nicchia. Fonte: Tameo 2023.

Ricostruzione dell'Ucraina

Aziende svizzere avvantaggiate?

03.10.2024, Finanziamento dello sviluppo

Il Consiglio federale intende attribuire 500 milioni di franchi destinati alla ricostruzione dell’Ucraina al settore privato svizzero. Ciò non è certo nell’interesse dell’economia ucraina e delle sue imprese.

Laurent Matile
Laurent Matile

Esperto in imprese e sviluppo

Aziende svizzere avvantaggiate?

 © Keystone/EPA/Oleg Petrasyuk

L’11 giugno, in occasione della Ukraine Recovery Conference (URC) a Berlino, il consigliere federale Ignazio Cassis ha presentato l’impegno della Svizzera: «In primo luogo, il settore privato svolge un ruolo fondamentale nel processo di ricostruzione. La Svizzera promuove condizioni quadro sostenibili e si assicura che le piccole e medie imprese (PMI) funzionino e rimangano competitive». In collaborazione con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), la Svizzera ha inoltre dichiarato di sostenere un nuovo meccanismo di protezione degli investimenti privati dai rischi di guerra e di voler aderire all’alleanza per il sostegno alle PMI fondata in occasione della conferenza. Era dunque lecito pensare che il ministro degli affari esteri svizzero intendesse sostenere soprattutto le imprese e l’economia ucraine.

Tuttavia, due settimane dopo, il 26 giugno, il Consiglio federale ha annunciato l’intenzione di dare al settore privato svizzero un «ruolo di primo piano nella ricostruzione in Ucraina». A questo scopo, nei prossimi quattro anni intende impiegare un terzo degli 1,5 miliardi di franchi previsti a favore dell’Ucraina dalla Strategia di cooperazione internazionale 2025–2028. La quasi totalità dei fondi sarà trasferita dalla cooperazione bilaterale allo sviluppo della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). L’intero “budget Ucraina” sarà gestito da Jacques Gerber, attuale consigliere di Stato PLR del Giura, che siederà nella Segreteria generale del DFAE in qualità di delegato per l’Ucraina e sarà direttamente subordinato ai consiglieri federali Cassis e Parmelin.

I piani della SECO

Per quanto si sappia attualmente, i piani della SECO prevedono due fasi. Nella prima si mira a sostenere le imprese svizzere già presenti in Ucraina, affinché possano creare o mantenere posti di lavoro. A tal fine, la Confederazione si fa carico dei rischi delle imprese, ad esempio tramite aiuti finanziari o soluzioni assicurative. L’argomento per giustificare l’impiego dei fondi della cooperazione internazionale (CI): i progetti delle imprese sostenute devono comportare una «componente di sviluppo», ad esempio misure di formazione professionale. Fin qui, tutto poco chiaro, ma si citano possibili beneficiari, come il fabbricante di vetro Glas Trösch. Inoltre, alcune delle misure mirano a incoraggiare le imprese svizzere che non sono ancora attive in Ucraina a investirvi. Ciò potrebbe pregiudicare ulteriormente l’attività delle PMI e delle aziende locali.

La seconda fase, in cui la SECO intende «privilegiare in generale il settore privato svizzero», è ancora più problematica. L’Ucraina riceverebbe denaro dalla Svizzera che potrebbe utilizzare solo per acquisti presso imprese svizzere. Tale aiuto vincolato (tied aid) è contrario alle buone pratiche della CI, ai regolamenti dell’OMC e al diritto svizzero in materia di appalti pubblici. Non esiste una base giuridica adeguata: dovrà essere creata nei prossimi mesi. Per il Consiglio federale è sufficiente un trattato internazionale con l’Ucraina, mentre la Commissione per gli affari esteri del Consiglio degli Stati ha chiesto una legge specifica. Sarà il Parlamento a prendere la decisione finale sull’intero pacchetto, come parte della strategia di CI, nella sessione invernale. Tuttavia, la decisione del Consiglio federale di concedere un trattamento preferenziale al settore privato svizzero è chiaramente incoerente con le promesse fatte a Berlino. Il fatto che l’Ucraina possa decidere essa stessa di cosa ha bisogno dalle aziende svizzere non è un argomento convincente. In una situazione di emergenza, si accettano comunque i buoni della Migros, anche se così si danneggia il negozietto di paese, che sarebbe più importante sostenere.

Rafforzare l’economia locale

Ciò di cui l’Ucraina avrebbe bisogno, sarebbe il sostegno della comunità internazionale, e quindi anche della Svizzera, a favore della sua economia e delle sue imprese. Per il 90% si tratta di PMI, che hanno dimostrato un’eccezionale resilienza nonostante le incertezze della guerra. Un recente studio della London School of Economics  ha constatato che l’economia ucraina si è dimostrata sorprendentemente resistente, ma che le sue prospettive di crescita rimarranno limitate finché la guerra continuerà. I produttori ucraini stanno perdendo quote di mercato nazionale a fronte di concorrenti internazionali che non operano in condizioni di guerra. Questa perdita mostra che la sua economia relativamente aperta (soprattutto nei confronti dell’UE, grazie all’accordo di associazione) non si adatta bene alle condizioni in tempi di guerra. In questa situazione, l’aumento degli acquisti pubblici da parte dello Stato di beni e servizi da imprese private ucraine è uno strumento importante per rafforzare la resistenza dell’economia ucraina durante la guerra e per sostenere la capacità produttiva e l’occupazione. Così l’economia ucraina al contempo può prepararsi alla ripresa e alla ricostruzione future.

Promuovere il “Made in Ukraine”

I Paesi donatori, inclusa la Svizzera, dovrebbero quindi perseguire una “offensiva di localizzazione” per l’Ucraina, al fine di garantire e sviluppare le capacità nazionali. Dovrebbero sostenere il programma di sovvenzioni del governo ucraino “Made in Ukraine” volto ad aumentare la produzione nazionale. Dovrebbero fare dell’impiego di semilavorati locali (local content) e degli acquisti locali una condizione del sostegno finanziario al Paese, in maniera che gli aiuti per l’Ucraina siano spesi in Ucraina. Infine, dovrebbe rientrare in questo approccio anche la promozione del trasferimento tecnologico per l’economia ucraina. Il risultato non sarebbe solo un aumento del gettito fiscale, ma anche entrate di divise grazie all’incremento delle esportazioni, entrambe necessarie per rimborsare i prestiti per la ricostruzione concessi dalla comunità internazionale (principalmente l’UE).

Inoltre, i Paesi donatori dovrebbero promuovere la cooperazione tra le loro imprese e quelle ucraine nella produzione di beni (ad esempio attraverso joint venture o consorzi) con modelli assicurativi contro i rischi di guerra e finanziamenti favorevoli. Ciò può rafforzare la resilienza dell’economia ucraina nel breve termine, finché la guerra continua, e nel medio-lungo termine contribuire alla sua integrazione nelle catene produttive globali. Le misure della prima fase dei piani svizzeri sarebbero quindi ragionevoli, con le opportune condizioni quadro.

La ricostruzione deve essere pianificata tenendo conto della transizione verso un’economia verde, sia per rendere l’economia ucraina sostenibile sia per facilitare l’allineamento al Green Deal dell’UE. Gli investimenti nelle energie pulite saranno fondamentali, così come la decentralizzazione della produzione energetica (l’Ucraina ha un gran numero di piccole centrali elettriche), per ridurre la vulnerabilità agli attacchi russi. I partner e gli investitori esteri dovrebbero sostenere le aziende ucraine a cui mancano le competenze e il capitale umano e assisterle nell’implementazione di tecnologie all’avanguardia (comprese quelle a zero emissioni). I piani della SECO potrebbero contribuire anche a questo obiettivo.

Finanziare le imprese

C’è un’enorme carenza di fondi per finanziare la modernizzazione dell’industria ucraina, necessaria per la ricostruzione. In particolare nel settore dei materiali da costruzione e della metallurgia, dove alcune strutture risalgono ancora all’era sovietica, urgono misure di decarbonizzazione. Per stanziare i fondi necessari a lungo termine per simili progetti di reindustrializzazione, sarebbe opportuno creare una banca ucraina per lo sviluppo. Partner occidentali come la Svizzera potrebbero aiutare Kiev a raccogliere fondi e fornire garanzie per realizzare il finanziamento delle imprese ucraine su larga scala.

Il nascente settore delle materie prime dell’Ucraina mostra la necessità di maggiori finanziamenti e di una politica industriale mirata. A Berlino, i rappresentanti dell’UE hanno accolto con favore le enormi riserve di «materie prime critiche» dell’Ucraina, che la Commissione europea considera fondamentali per l’economia europea. L’Ucraina possiede 22 dei 34 minerali considerati essenziali per garantire la cosiddetta “autonomia strategica” dell’UE o addirittura la “sovranità europea”. Una banca ucraina per lo sviluppo potrebbe sostenere le imprese nazionali a diventare protagoniste di questo settore emergente e massimizzare la creazione di valore in Ucraina.

È urgente correggere il tiro

Per Alliance Sud è chiaro che alcune misure della prima fase dei piani della SECO possono essere sensate se creano posti di lavoro, favoriscono il trasferimento tecnologico (in particolare quello “verde”), prevedono partenariati con le imprese locali e se si garantisce che nessuna impresa locale venga soppiantata a causa della promozione di imprese svizzere. È urgentemente necessario un resoconto trasparente sui piani concreti, in modo da poterne valutare i benefici o i danni. In ogni caso, l’aiuto svizzero dovrebbe concentrarsi sul sostegno al settore privato locale e all’economia ucraina. A tal fine occorre innanzitutto denaro e sarebbe meglio che la Svizzera impiegasse i canali multilaterali esistenti destinati a questo scopo piuttosto che coltivare la “Swissness” in Ucraina.

La seconda fase, che punta solo ad assicurare una “fetta della torta” della ricostruzione all’industria svizzera delle esportazioni, sarebbe chiaramente contraria agli interessi dell’economia ucraina. Eppure, la stabilità dell’economia ucraina a lungo termine andrebbe a maggior vantaggio della Svizzera rispetto a portafogli ordini completi di singole imprese. Questi piani andrebbero quindi fermati. Oltretutto è evidente che queste attività rientrano solo marginalmente tra le priorità della cooperazione internazionale della Svizzera e quindi non dovrebbero essere finanziate dal bilancio della CI.

 

 

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Medienmitteilung

Fondi privati per la cooperazione allo sviluppo?

01.10.2020, Finanziamento dello sviluppo

Il Consiglio federale vuole diversificare e rafforzare la cooperazione allo sviluppo in collaborazione con il settore privato e testare nuovi strumenti finanziari. Alliance Sud analizza il potenziale, i limiti e i rischi di questo approccio.

Fondi privati per la cooperazione allo sviluppo?

© Gerd Altmann / Pixabay

Medienmitteilung

Addis Abeba ha perso la sua opportunità

16.08.2015, Finanziamento dello sviluppo

Le discussioni sull’agenda di Addis Abeba sono terminate. Mentre i diplomatici festeggiano il presunto successo dei negoziati, la società civile critica il risultato come insufficiente per assicurare uno sviluppo sostenibile. (in francese)

Addis Abeba ha perso la sua opportunità

Articolo, Global

Blended finance, una panacea?

10.12.2020, Finanziamento dello sviluppo

L’Agenda 2030 presenta la doppia sfida di mobilitare quantità di risorse finanziare senza precedenti e «di non lasciare nessuno indietro» (leave no one behind). È realistico voler «smuovere bilioni» verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)

Laurent Matile
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Esperto in imprese e sviluppo

Blended finance, una panacea?

Un lavoratore controlla la produzione di birra a Beni, Repubblica Democratica del Congo (RDC). La questione centrale è la misura in cui gli investimenti privati contribuiscono alla riduzione della povertà.
© Kris Pannecoucke / Panos

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Articolo, Global

Coinvolgere il settore privato: compito rischioso

22.03.2021, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo

Nell’ambito dell’attuazione della Strategia di Cooperazione internazionale (CI) 2021-2024, la DSC mira ad intensificare il suo impegno con il settore privato, sviluppando nuovi partenariati. Con quale impatto sui Paesi in via di sviluppo?

Laurent Matile
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Esperto in imprese e sviluppo

Coinvolgere il settore privato: compito rischioso

Il ministro degli Esteri Ignazio Cassis visita un istituto di formazione turistica durante il suo viaggio in Africa nel febbraio 2021.
© Foto: YEP Gambia

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Comunicato stampa

SDG Impact Finance Initiative: un impatto per chi?

16.03.2022, Finanziamento dello sviluppo

Una nuova iniziativa della SECO ha l’obiettivo di mobilitare dei capitali privati per i Paesi in via di sviluppo. Un piano che però solleva molte questioni di governance e di impatto sullo sviluppo.

SDG Impact Finance Initiative: un impatto per chi?

Le due facce del settore privato: da un lato, trasporta forniture di aiuto da Zurigo al Venezuela nell'estate del 2020; dall'altro, le banche svizzere fanno affari con l'élite del paese in crisi, come ha rivelato "Suisse Secrets".
© KEYSTONE / POOL / Ennio Leanza

Settore privato

Collaborazione col settore privato

Alliance Sud s’impegna affinché i partenariati col settore privato nella
cooperazione allo sviluppo abbiano come obiettivo la lotta alla povertà e siano sottoposti a elevati requisiti di trasparenza e di misurazione dell’efficacia. 

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Di cosa si tratta

Sin dalla ratifica degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG) delle Nazioni Unite, sono state adottate strategie per la «mobilitazione» di finanziamenti privati a favore dello sviluppo sostenibile, sia a livello multilaterale (Gruppo Banca Mondiale, OCSE, banche di sviluppo regionali), sia in molti Stati. Ciò aveva lo scopo di colmare la lacuna finanziaria stimata a circa 2,5 bilioni di dollari annui per il raggiungimento degli SDG.

A tale scopo è stato promosso o creato un ampio ventaglio d’istituzioni e di strumenti. Al tempo stesso le ambizioni sono spesso esagerate, sia per ciò che riguarda l’ammontare del finanziamento che può essere reperito in tal modo, sia per ciò che concerne il potenziale e la rilevanza del finanziamento privato per la lotta alla povertà.

Alliance Sud s’impegna affinché i partenariati con il settore privato della DSC e della SECO abbiano come obiettivo la lotta alla povertà e siano sottoposti a elevati requisiti di trasparenza e di misurazione dell’efficacia.