Accordi di protezione degli investimenti

Gli accordi di protezione degli investimenti della Svizzera sono squilibrati e favoriscono le sue multinazionali quando investono all’estero. Alliance Sud chiede che vengano riequilibrati per permettere allo Stato ospite di definire delle regole nell’interesse pubblico e per escludere il meccanismo di risoluzione delle controversie mediante arbitrato.

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Di cosa si tratta

Con uno stock d’investimenti diretti all’estero di oltre 1'460 miliardi di franchi, le imprese svizzere sono tra i dieci principali esportatori di capitali al mondo. Per proteggerle, il Consiglio federale ha concluso 111 accordi di protezione degli investimenti (API) con dei Paesi in via di sviluppo, con la significativa eccezione del Trattato della Carta dell’Energia, che include anche gli Stati membri dell’UE e la stessa UE.

Ora, questi accordi conferiscono quasi esclusivamente dei diritti agli investitori stranieri e degli obblighi agli Stati d’accoglienza. Oltre a ciò, essi includono un meccanismo di risoluzione delle controversie denominato «Investor-state dispute settlement, ISDS». Questo meccanismo è unico nel diritto internazionale e permette a un’impresa straniera di sporgere denuncia contro lo Stato d’accoglienza se si ritiene lesa sulla base del trattato in vigore tra lo Stato d’origine e quello di accoglienza. Alliance Sud chiede di riequilibrare gli accordi e di escludere l’ISDS.