Strategia 2025 – 2028

Cooperazione allo sviluppo sull’orlo del precipizio

21.06.2024, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo

A metà maggio il Consiglio federale ha adottato il messaggio sulla Strategia di cooperazione internazionale 2025-2028, insistendo nel finanziare gli aiuti all’Ucraina a spese del Sud globale e ignorando i risultati della consultazione pubblica.

Laura Ebneter
Laura Ebneter

Esperta in cooperazione internazionale

Cooperazione allo sviluppo sull’orlo del precipizio

© Ruedi Widmer

A livello di contenuti, nella strategia 2025-2028 il Consiglio federale non rivela grandi sorprese e si concentra su temi e strategie di attuazione già collaudati. E lo fa in un mondo che, secondo la strategia, è più frammentato, instabile e imprevedibile. In questo contesto, il Consiglio federale opta per una maggiore flessibilità: il suo motto attuale. Una flessibilità che è necessaria per affrontare le crisi odierne, come ha dichiarato il consigliere federale Ignazio Cassis in conferenza stampa. Tuttavia, leggendo la strategia ci si rende subito conto che flessibilità in realtà significa che l’intera somma destinata ad aiutare l’Ucraina, pari a 1,5 miliardi di franchi, proverrà dal bilancio della cooperazione internazionale (CI) e quindi gli importi per altri Paesi e programmi saranno ridotti in modo “flessibile”.

Oggi qui, domani là

Alla conferenza stampa del 10 aprile concernente la conferenza di pace sul Bürgenstock e l’aiuto all’Ucraina, il consigliere federale Ignazio Cassis aveva tematizzato la continua riallocazione di risorse nell’ambito della CI, spiegando che l’allocazione di fondi è un processo strategico e dinamico e non una circostanza statica. Un tale approccio dinamico può avere una certa efficacia, ad esempio nel coniugare in modo flessibile i tre pilastri della CI, ossia l’aiuto umanitario, la cooperazione allo sviluppo e la promozione della pace (concetto noto anche come nexus ). Spesso comunque i confini tra questi approcci sono labili.

Una cooperazione internazionale che sposta costantemente le proprie risorse tra diverse regioni e da un Paese all’altro non può costruire partenariati seri e a lungo termine. Eppure, per operare con efficacia ed efficienza, sono proprio questi ciò che serve. Occorrono fiducia e impegno a lungo termine, cioè relazioni che si instaurano e curano attraverso i programmi della cooperazione allo sviluppo. Oppure, per riprendere le parole del consigliere federale Cassis in occasione di un incontro con le ONG nel 2022: «affidabilità, fiducia e prevedibilità». Se la CI della Svizzera finisce in balia di considerazioni geopolitiche, le mancheranno le reti e il personale necessari sul campo. La guerra in Ucraina ha segnato l’inizio di una nuova fase, ma ciò non deve indurre la CI svizzera ad abbandonare ciò che ha costruito in molti anni e i risultati ottenuti con i suoi Paesi partner.

Sul filo del rasoio

Con la decisione di finanziare gli aiuti all’Ucraina attingendo dal bilancio della cooperazione internazionale, il Consiglio federale sta dicendo di no su vari fronti. In primo luogo, è un diniego al Sud globale, che da anni chiede ai Paesi benestanti di adempiere l’obiettivo riconosciuto a livello internazionale dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS). Con il progetto del Consiglio federale entro il 2028 la Svizzera raggiungerà un APS dello 0,36% (esclusi i costi dell’asilo). Dov’è dunque la tradizione umanitaria, di cui si parla spesso e volentieri, quando ne abbiamo più bisogno?

In secondo luogo, è anche un diniego alle organizzazioni, ai partiti e ai Cantoni che hanno partecipato alla consultazione. Una netta maggioranza (75%) di coloro che hanno risposto a una domanda a questo riguardo ha dichiarato esplicitamente che gli aiuti all’Ucraina non devono andare a scapito di altre regioni e priorità della CI, come l’Africa subsahariana o il Medio Oriente. Nessuno dei partiti politici, eccetto l’UDC (il quale d’altronde, secondo il programma di partito, vorrebbe abolire la cooperazione allo sviluppo) sostiene il finanziamento della ricostruzione dell’Ucraina con i fondi della CI. Purtroppo, per la sua attuazione il Parlamento non ha ancora trovato una soluzione che abbia il sostegno della maggioranza nel dibattito sulle finanze federali.

Una Svizzera sempre meno credibile

All’estero non è passato inosservato il fatto che la Svizzera si stia adagiando sul suo comodo e redditizio status speciale di Paese neutrale e stia partecipando in maniera insufficiente alla difesa dell’Ucraina, indipendentemente dal fatto che il sostegno sia di natura militare o umanitaria. Con un tasso di indebitamento del 17,8% del prodotto interno lordo, la Svizzera sul piano internazionale non può spiegare in modo credibile perché non può stanziare ulteriori fondi per l’Ucraina. Allo stesso tempo, con le loro proposte di finanziamento per il riarmo dell’esercito e la tredicesima mensilità AVS, l’UDC e il PLR alimentano l’idea che la Svizzera possa abbandonare completamente i suoi obblighi internazionali.

Così il nostro Paese si isola sempre di più, perdendo credibilità a livello internazionale. Addio ruolo di mediatore, addio tradizione umanitaria e partner affidabile. Il Consiglio federale ha interpretato bene i segni dei tempi, ma ha scelto la strada dell’isolamento. Solo il Parlamento può ancora correggere il tiro e invertire la direzione per l’Ucraina e il Sud globale.

 

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