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Neutralità inflazionistiche

29.09.2022, Cooperazione internazionale

Per il 2020 o il 2021, l’ONU constata un degrado dell’indice di sviluppo umano nel 90 % dei Paesi. Il pianeta brucia, o è sommerso dall’acqua, e la Svizzera discute di neutralità piuttosto che di solidarietà.

Neutralità inflazionistiche

© Parlamentsdienste 3003 Bern

Cassis, Pfister, Blocher: questi tre illustri signori tentano di profilarsi attribuendo alla parola neutralità un aggettivo. Ma prima parliamo del sostantivo: la neutralità della Svizzera era vitale finché i Paesi confinanti erano in guerra. Fu il caso durante quella franco-tedesca del 1871 e ancor di più durante la Prima Guerra mondiale, quando le differenti simpatie per i belligeranti divisero il Paese.  

Durante la Seconda Guerra mondiale, la neutralità è stata accompagnata da un altro elemento ben conosciuto: l’affarismo con i belligeranti. Fino al 1944, alcune imprese elvetiche hanno fornito grandi quantità d’armamenti alla Germania nazista. Durante la guerra si poteva ancora parlare di una situazione di emergenza, ma in seguito l’affarismo è rimasto, mentre la neutralità ha assunto una parvenza benevola. La neutralità, intesa come «facciamo affari con tutti e non ci preoccupiamo delle sanzioni», è stata una delle tre ragioni (con la piazza finanziaria e le leggi fiscali) grazie alle quali la Svizzera è diventata la piattaforma mondiale del commercio di materie prime.

Non essendo membro dell'ONU, fino agli anni Novanta la Svizzera non ha rispettato le sanzioni dell'ONU, ad esempio contro la Rhodesia (diventata Zimbabwe) o il Sudafrica dell’apartheid. Marc Rich, il padrino del commercio svizzero di materie prime, la cui impresa è diventata Glencore e i cui «Rich-Boys» hanno fondato società come Trafigura, ha parlato del commercio petrolifero con il regime iniquo dell’Africa australe come del suo affare più importante e più redditizio. Ma anche i commercianti di cereali stabiliti sulle rive del Lemano hanno approfittato dell’embargo sui cereali imposto dagli Stati Uniti all’Unione sovietica e hanno quindi sfruttato la situazione, sebbene la Svizzera non fu del tutto neutrale a livello ideologico e pratico (v. l’affare Crypto) durante la guerra fredda.  

Passiamo agli aggettivi: la «neutralità cooperativa» d'Ignazio Cassis avrebbe relativizzato l’affarismo, definendo chiaramente il nuovo status quo dopo l’invasione russa dell’Ucraina (con l’applicazione delle sanzioni UE). Ma il Consiglio federale ha risposto picche all’aggettivo del presidente della Confederazione.  

La «neutralità decisionista» del presidente dell’Alleanza di Centro Gerhard Pfister è meno chiara. Se si legge la sua recente intervista nel giornale Le Temps, i «diritti umani, la democrazia e la libertà d’espressione» limiterebbero l’affarismo. Stando all’intervista accordata ai giornali di Tamedia, si tratta piuttosto dei valori del «modello economico e sociale occidentale», ossia «lo Stato di diritto, la sicurezza della proprietà privata e il benessere sociale».

La «neutralità integrale» dell’ex consigliere federale Christoph Blocher vuole invece un ritorno all’affarismo assoluto. Già tempo fa l’aveva difeso contro gli oppositori dell’apartheid. Il Gruppo di lavoro Africa del Sud (ASA), che ha fondato e presieduto, è insorto contro le sanzioni e ha dato una piattaforma ai politici di destra e ai militari sudafricani per far passare i loro messaggi disumani. L'ASA ha pure organizzato viaggi propagandistici, all’insegna di «Sulle tracce dei boeri».

Anch’io avrei ancora degli aggettivi d’aggiungere, perché ciò che sarebbe più approppriato per la Svizzera sarebbe una neutralità «compassionevole» (rifugiati) e «compatibile con il mondo» (i diritti umani prima dell’affarismo).      

Articolo pubblicato dal Corriere del Ticino il 21 settembre 2022

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