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Olio di palma dall’Indonesia: solo se sostenibile

01.02.2021, Commercio e investimenti

Il 7 marzo il popolo si pronuncerà sul referendum contro l’accordo di libero scambio con l’Indonesia. Alliance Sud non combatte questo accordo, ma aspetta di vedere come saranno applicate le disposizioni sulla sostenibilità.

Isolda Agazzi
Isolda Agazzi

Esperta in politica commerciale e d’investimento, portavoce per la Svizzera romanda

Olio di palma dall’Indonesia: solo se sostenibile

L’olio di palma viene estratto dalla polpa dei frutti della palma da olio.
© Pixabay

Alliance Sud, assieme ad altre ONG, aveva chiesto che l’olio di palma fosse escluso dall’accordo di libero scambio con l’Indonesia, a causa dell’impatto di questa coltura estensiva sulla deforestazione, nonché sui diritti dei lavoratori, dei piccoli agricoltori e delle popolazioni autoctone. Questa richiesta era stata formulata anche dal Consiglio nazionale nella mozione Grin, adottata il 28 febbraio 2019 a larga maggioranza, ma respinta di stretta misura dal Consiglio degli Stati.  

Malgrado quest’insuccesso, l’accordo di libero scambio con l’Indonesia non instaura il libero scambio per l’olio di palma, poiché per la prima volta esso include una disposizione speciale, chiamata PPM (process and production methods), che subordina la riduzione dei dazi doganali al rispetto di criteri sociali e ambientali. È una rivendicazione formulata già molto tempo fa da Alliance Sud e da altre ONG, alla quale però il Consiglio federale s’era sempre opposto prima d’ora. Si tratta dunque di un’importante vittoria politica.

Le nostre ONG partner, attive sul posto, vedono in questo approccio un impulso importante, che intendono utilizzare anche nei negoziati, ancora in corso, per l’accordo di libero scambio con l’Unione europea.

L’accordo prevede peraltro dei contingenti d’importazione, cosicché l’olio di palma non sarà importato senza dazi doganali. Viene accordata solo una riduzione dal 20 al 40 % dei dazi doganali (il dazio attuale è superiore al 100%) e questa riduzione tariffaria verrà applicata solo a una quantità limitata e dovrà rispondere a certe condizioni di sostenibilità. Del resto, per poter beneficiare di una riduzione tariffaria, l’olio di palma certificato dovrà essere importato in contenitori speciali: ciò costa più caro e assorbirà quindi una parte della riduzione tariffaria.

L’attuazione è decisiva

Tuttavia, questo non è un assegno in bianco per l’accordo di libero scambio, poiché solo l’attuazione permetterà di giudicare la credibilità dell’approccio.

Come previsto nell’ordinanza d’esecuzione, che il Consiglio federale ha da poco pubblicato e che è sottoposta attualmente a consultazione, sono previsti diversi marchi per misurare la sostenibilità, a cominciare dall’RSPO (Round-table on sustainable palm oil), che le ONG criticano da molto tempo. Certo, questo marchio è stato completamente rivisto nel 2018 per migliorare i criteri, specialmente in materia di rispetto dei diritti del lavoro e dei diritti umani, ma è ancora troppo presto per dire se esso rafforzerà i meccanismi di controllo e di sanzione.

Il Consiglio federale lascia peraltro al settore privato il compito di controllare l’applicazione effettiva del marchio RSPO, invece di occuparsene: questo è un punto che noi critichiamo.

Comitato misto inefficace e rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale

L’accordo di libero scambio non si limita all’olio di palma. Il capitolo sulla sostenibilità riguarda tutti i prodotti importati. Tuttavia, come in tutti gli accordi di libero scambio della Svizzera, non è previsto nessun meccanismo efficace in caso di violazione. Se c’è un problema, la discussione è lasciata alla buona volontà del comitato misto, composto unicamente da rappresentanti governativi.

In fin dei conti, l’accordo di libero scambio con l’Indonesia contiene, come quasi tutti gli accordi di libero scambio della Svizzera, delle disposizioni più severe sulla proprietà intellettuale che rendono più difficile, lunga e onerosa la commercializzazione di medicamenti generici (TRIPS +) e rendono più complicato – per i piccoli agricoltori – l’utilizzo, lo stoccaggio e la commercializzazione delle loro sementi (UPOV).

Malgrado i problemi esposti sopra, l’accordo con l’Indonesia costituisce un precedente interessante sul quale bisogna costruire e che vorremmo veder utilizzato in tutti gli accordi di libero scambio della Svizzera. Tuttavia, sappiamo già che l’approccio PPM non è stato adottato nell’accordo con il Mercosur, i cui negoziati sono stati conclusi, ma che non è ancora stato firmato, né ratificato. Per questo non possiamo che esprimere il nostro rammarico.