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Comunicato stampa
COP30: bilancio modesto a Belém
22.11.2025, Giustizia climatica
Dopo un'aspra lotta per ottenere progressi in materia di giustizia sociale e di abbandono equo delle energie fossili, la COP30 si conclude a Belém con un risultato contrastante. La Svizzera si è impegnata a perseguire obiettivi ambiziosi, ma è in ritardo sia nella protezione del clima sul proprio territorio, sia nel finanziamento della lotta ai cambiamenti climatici all'estero.
© Alliance Sud
Per quanto riguarda l'abbandono delle energie fossili, il risultato è deludente e riflette la difficile situazione mondiale con il rafforzamento dei sostenitori delle fonti energetiche fossili. Uno svantaggio decisivo per concordare piani di abbandono più ambiziosi è ancora l'enorme deficit di finanziamento nel Sud globale. Ciò è legato all'ingiustizia che il 10% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del 48% delle emissioni, mentre la metà più povera ne produce solo il 12%, ma è la più colpita dalla crisi climatica.
Grazie anche al grande impegno di molti paesi del Sud del mondo e della società civile, alla COP30 è stato possibile concordare un meccanismo di «transizione giusta» volto a garantire la giustizia sociale nelle misure di protezione del clima. Si tratta di un elemento importante per rendere le misure di protezione del clima socialmente eque nei prossimi anni. Il meccanismo mira a sostenere i lavoratori, le comunità e i paesi nei loro sforzi, ad esempio migliorando la cooperazione internazionale e lo scambio di conoscenze.
Delia Berner, esperta di politica climatica internazionale presso Alliance Sud, afferma:
• «Non basta impegnarsi una volta all'anno alla COP per l'abbandono delle energie fossili. Il Consiglio federale deve dare priorità alla protezione del clima tutto l'anno: nella decarbonizzazione della Svizzera, ma anche nei numerosi contatti diplomatici con i grandi produttori di emissioni».
• «L'accordo contiene la chiara aspettativa di triplicare il sostegno ai paesi del Sud del mondo per l'adattamento ai cambiamenti climatici. A tal fine, la Svizzera deve impiegare più fondi pubblici: la Svizzera dovrebbe riservare con urgenza importi adeguati dai proventi del sistema di scambio delle quote di emissione».
Bettina Dürr, esperta di clima di Azione Quaresimale e osservatrice sul posto:
• «La COP30 non è riuscita a concretizzare l'attuazione dell'obiettivo di finanziamento per il clima di Baku – 300 miliardi di dollari all'anno entro il 2035. I paesi industrializzati non hanno un piano per aumentare i finanziamenti internazionali per il clima, nonostante siano responsabili di farlo secondo l'Accordo di Parigi».
• «La Svizzera nutre grandi ambizioni in materia di protezione del clima, ma ogni anno ignora il fatto che ciò richiede anche risorse finanziarie. Il Consiglio federale si è recato a Belém senza aver deciso come attuare in Svizzera l'obiettivo finanziario di Baku. Chiediamo che la Svizzera contribuisca con almeno l'1% dei 300 miliardi di dollari all'anno».
David Knecht, specialista in giustizia climatica di Azione Quaresimale e osservatore sul posto:
• «Le misure di protezione del clima devono mettere al centro le persone. La COP30 ci avvicina a questo obiettivo con il «Just Transition Mechanism». Dobbiamo festeggiare! Allo stesso tempo, la comunità internazionale non è riuscita a colmare il divario evidente tra l'obiettivo dell'Accordo di Parigi e le ambizioni climatiche dei Paesi. La COP30 non fornisce un piano completo su come i Paesi possano accelerare misure di protezione del clima socialmente eque e finanziate. Così si spreca tempo prezioso».
• «La Svizzera deve ora promuovere ancora di più l'attuazione a livello nazionale per dare segnali positivi nei prossimi negoziati. Ciò significa anche che la Svizzera non deve fare affidamento sulle compensazioni estere per la riduzione delle emissioni nazionali. Dobbiamo sfruttare urgentemente il potenziale di riduzione a livello nazionale per promuovere la protezione del clima».
Per ulteriori informazioni:
Alliance Sud, Delia Berner, esperta di politica climatica internazionale, tel. +41 77 432 57 46 (tramite WhatsApp), delia.berner@alliancesud.ch
Alliance Sud, Marco Fähndrich, responsabile dei media, tel. 079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch
Azione Quaresimale, Bettina Dürr, specialista in giustizia climatica, tel. +41 79 745 43 53 (tramite Signal, WhatsApp o Threema), duerr@fastenaktion.ch
Azione Quaresimale, David Knecht, specialista in giustizia climatica, tel. +41 76 436 59 86 (tramite Signal o WhatsApp), knecht@fastenaktion.ch
Comunicato stampa
COP30: la Svizzera deve accelerare la protezione del clima invece di delocalizzarla
06.11.2025, Giustizia climatica
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP30 inizierà a Belém il 10 novembre. I nuovi piani climatici della comunità degli Stati evidenziano che, a dieci anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, gli sforzi globali a tutela del clima e il sostegno finanziario ai Paesi più poveri sono ancora insufficienti. Anche la Svizzera deve fare molto di più a livello nazionale per consentire una transizione energetica più rapida, equa e socialmente responsabile.
Conferenza a due passi dalla catastrofe: nei dintorni della COP30, le foreste pluviali, i territori indigeni e le località costiere subiscono pesantemente la crisi climatica. Manifesto pubblicitario per la conferenza sul clima a Belém, in Brasile.
© Keystone/AP Photo/Jorge Saenz
Il mondo scientifico parla chiaro: non siamo a buon punto. I nuovi obiettivi climatici nazionali presentati dagli Stati membri ancora una volta non sono sufficienti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius. «La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in Brasile deve quindi inviare un chiaro messaggio sul fatto che la comunità internazionale è pronta a invertire la rotta. A tale scopo è necessario un abbandono rapido ed equo dei combustibili fossili», afferma Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud.
Abbandono rapido dei combustibili fossili perché occorre contenere il riscaldamento globale e prevenire conseguenze e danni ancora peggiori. Transizione energetica equa perché solo così può funzionare in modo sostenibile. «Per chiudere le centrali elettriche a carbone è necessario coinvolgere le parti sociali tanto quanto è necessario collaborare con le comunità indigene per proteggere le foreste pluviali», sostiene Andreas Missbach. «Il sistema economico e finanziario deve essere inoltre più equo, in modo che più Paesi possano permettersi di investire nelle infrastrutture di cui hanno bisogno». In inglese per questo concetto si è affermato il termine just transition (transizione giusta).
Richieste di Alliance Sud
- La Svizzera deve impegnarsi affinché alla COP30 venga adottato un piano di accelerazione delle misure a protezione del clima. Deve adoperarsi affinché sia richiesto che tutti i Paesi rafforzino i piani climatici presentati quest’anno, in modo che gli sforzi globali siano sufficienti.
- La Svizzera deve porsi obiettivi più elevati e adottare le misure necessarie per raggiungerli.
- La Svizzera deve impegnarsi a favore di una maggiore chiarezza riguardo ai modi in cui dovranno essere raggiunti gli obiettivi di finanziamento concordati alla COP29. Per contribuire equamente al finanziamento internazionale a tutela del clima la Svizzera deve stanziare tre miliardi di dollari all’anno entro il 2030.
- Alla COP30, la Svizzera deve inoltre sostenere un meccanismo forte (Belém Action Mechanism) per garantire che i piani e le misure climatiche siano giusti e socialmente responsabili.
Lo scambio di CO2 non è la soluzione
In una nuova analisi Alliance Sud e Azione Quaresimale dimostrano che la compensazione delle emissioni di CO2 all’estero non porta a una maggiore protezione del clima in generale, malgrado questa sia una delle condizioni per lo scambio di CO2 conformemente all’Accordo di Parigi. «La politica svizzera vuole risparmiare e delocalizzare gran parte della riduzione delle emissioni, invece di impiegare l’articolo 6 per una maggiore protezione del clima e per promuovere progetti trasformativi a livello tecnologico», afferma David Knecht, responsabile del programma per la giustizia climatica di Azione Quaresimale e co-coordinatore del gruppo di lavoro «Ambition» di Climate Action Network International. In questo contesto, la politica e la società sono influenzate dalla lobby del petrolio che utilizza i fondi delle compagnie petrolifere internazionali per frenare la transizione energetica in Svizzera. Così facendo, la Svizzera agisce in direzione contraria allo scopo stesso dei meccanismi di mercato di Parigi.
--> Nota: Delia Berner, esperta in clima di Alliance Sud, è membro della delegazione negoziale ufficiale della Svizzera in qualità di rappresentante della società civile e sarà a Belém dal 10 novembre.
Per ulteriori informazioni:
Alliance Sud, Marco Fähndrich, responsabile dei media, tel. 079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch
Azione Quaresimale, Bettina Dürr, specialista in giustizia climatica, tel. +41 79 745 43 53 (tramite Signal, WhatsApp o Threema), duerr@fastenaktion.ch
Bettina Dürr osserverà a Belém dal 7 novembre i negoziati sul bilancio globale (Global Stocktake), la transizione giusta (Just Transition) e il finanziamento climatico.
Azione Quaresimale, David Knecht, specialista in giustizia climatica, tel. +41 76 436 59 86 (tramite Signal o WhatsApp), knecht@fastenaktion.ch
David Knecht osserverà a Belém dal 7 novembre i negoziati sulla mitigazione e gli NDC nonché sui meccanismi di compensazione del CO2.
Cosa si aspettano dalla COP30 le nostre organizzazioni?
Sonja Tschirren, esperta in clima, SWISSAID
«Alla COP30 i sistemi alimentari saranno al centro delle discussioni. Sarà fondamentale tenere in considerazione la popolazione rurale del Sud del mondo, che necessita di un adeguato finanziamento a favore del clima da parte della Svizzera, nonché di sostegno per i danni e le perdite. Solo in questo modo la transizione verso sistemi di produzione agroecologici adattati ai cambiamenti climatici potrà riuscire. Anche le multinazionali che operano a livello locale devono essere chiamate in causa – i mercati volontari del carbonio non risolveranno il problema.»
Bettina Dürr, responsabile del programma per la giustizia climatica, Azione Quaresimale e membro del comitato direttivo dell’Alleanza climatica Svizzera:
«Alla COP28 di Dubai, i Paesi hanno deciso di affrontare la transizione energetica attraverso l’abbandono dei combustibili fossili. Nei nuovi piani climatici presentati osserviamo che l’abbandono graduale dei combustibili fossili non è ancora definito con sufficiente chiarezza. La Svizzera dovrebbe darsi una scadenza entro la quale attuare la decisione di Dubai.»
Christina Aebischer, esperta in clima, Helvetas:
««Ci aspettiamo che il governo svizzero si adoperi con ogni mezzo e la dovuta credibilità per garantire il rispetto dell’Accordo di Parigi sul clima e si batta contro l’indebolimento della cooperazione multilaterale. Ci sono innumerevoli Blatten nel mondo. La nostra solidarietà nei confronti delle persone che stanno perdendo tutto a causa dei cambiamenti climatici e dei crescenti rischi naturali e che devono adattarsi alle nuove circostanze non deve fermarsi ai confini nazionali.»
Sarah Steinegger, responsabile Servizio Politica di sviluppo e climatica, Caritas Svizzera:
«Quale Paese tra i più ricchi, la Svizzera non può più scaricare la propria responsabilità climatica sui Paesi più poveri e sulle generazioni future: deve agire ora.»
Johannes Wendland, specialista in giustizia climatica, HEKS/EPER:
«Nei negoziati sul finanziamento a favore del clima non è questione di generosità, ma di responsabilità. I costi della crisi climatica devono essere sostenuti dai maggiori inquinatori e non dalle persone che hanno contribuito meno a causare il problema.»
Klaus Thieme, responsabile dei programmi internazionali, Solidar Suisse:
«Nel Sud globale, la crisi climatica sta aggravando la situazione di povertà e insicurezza. I working poor sono particolarmente colpiti da inondazioni, mezzi di sussistenza distrutti e condizioni di lavoro precarie. Abbiamo bisogno di posti di lavoro a prova di futuro, sostenibili e a misura d’uomo, che offrano alle persone prospettive reali. La Svizzera deve contribuire equamente affinché la protezione del clima non generi nuove disuguaglianze.»
Júlia Garcia, Coordinamento nazionale Brasile, terre des hommes Suisse:
«La gioventù riveste un ruolo centrale nello sviluppo di soluzioni alla crisi climatica. Ne fanno parte i giovani indigeni, perché sono i custodi delle foreste che vengono distrutte dal Nord globale. La voce di queste giovani persone deve essere ascoltata ed esaminata nei negoziati.»
Maritz Fegert, responsabile del programma Policy & Advocacy di Biovision:
«La COP30 di Belém offre un’importante opportunità per rafforzare l’agroecologia, un approccio che ha il potenziale per trasformare radicalmente i sistemi alimentari e l’agricoltura. Con opportuni cambiamenti nelle politiche, i sistemi alimentari possono passare dall’essere una delle principali fonti di emissioni di gas serra a diventare una soluzione efficace per la protezione del clima e l’adattamento ai cambiamenti climatici.»
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Comunicato stampa
A Siviglia la Svizzera non può certo concedersi una siesta
30.06.2025, Finanziamento dello sviluppo
Prende il via oggi a Siviglia la quarta Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo (FfD4). Domenica sera organizzazioni della società civile di tutto il mondo hanno manifestato per un ordine economico internazionale più equo. La dichiarazione finale è già stata redatta e non contiene progressi decisivi per affrontare le varie crisi globali. Tuttavia, formula importanti dichiarazioni d'intenti in materia di politica fiscale e di riduzione del debito che chiamano in causa anche la Svizzera.
L'importante conferenza dell'ONU è oscurata dal debito pubblico record nel Sud globale, dalla non partecipazione degli Stati Uniti e dalla completa dissoluzione dell'agenzia per lo sviluppo USAID annunciata per il 1° luglio. A Siviglia, però, fino a giovedì le discussioni non si limiteranno al «finanziamento dello sviluppo» nel senso dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Al centro dell'attenzione vi è la questione di come i Paesi più poveri possano generare maggiori risorse proprie. Pertanto, anche le misure contro l'evasione fiscale e i flussi finanziari illeciti figurano in modo prominente nell'agenda. Altrettanto importanti sono i temi della riduzione del debito, del commercio, dell'architettura finanziaria internazionale e del ruolo delle imprese e dei relativi incentivi statali; tutti temi che impegnano in modo particolare i Paesi ricchi come la Svizzera.
«Finora la Svizzera ufficiale non ha brillato quando si è trattato di rafforzare il multilateralismo, la cooperazione allo sviluppo e la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile», afferma Dominik Gross, esperto di politica finanziaria e fiscale di Alliance Sud. «Ci aspettiamo che la Svizzera prenda sul serio le discussioni e i processi delle Nazioni Unite e collabori in modo costruttivo, invece di bloccare o trascurare tali questioni a vantaggio dei propri interessi di parte», afferma Dominik Gross.
Documento informativo per i media
Nel nostro documento informativo per i media (in francese) potete leggere in quali settori la Svizzera dovrebbe assumersi urgentemente maggiori responsabilità.
Il nuovo deal
Il numero speciale della rivista «global» (in francese) delinea come potrebbe essere una nuova Svizzera per un mondo più giusto. La pubblicazione «Il nuovo deal» è disponibile qui.
Per maggiori informazioni sul posto:
A Siviglia: Dominik Gross, esperto di politica finanziaria e fiscale, Alliance Sud,
+41 78 838 40 79, dominik.gross@allliancesud.ch
Per domande generiche:
Marco Fähndrich, responsabile dei media, Alliance Sud,
Tel. 079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch
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Comunicato stampa
L'Alleanza climatica lancia un Piano direttore per il clima: 10 anni per rimettere la Svizzera sulla retta via
03.06.2025, Giustizia climatica
In occasione del suo 20º anniversario, l’Alleanza climatica Svizzera pubblica oggi il suo terzo Piano direttore per il clima. Questo documento strategico, frutto del lavoro di espertə provenienti dalla vasta Alleanza, descrive in dettaglio come la Svizzera possa raggiungere la neutralità carbonica entro dieci anni. L’Alleanza si aspetta che il documento di lavoro annunciato dal Consiglio federale sulla futura politica climatica porti a misure concrete, non a partire dal 2031, ma fin da subito.
La vasta Alleanza climatica lancia il suo Piano direttore per il clima a Berna. Delia Berner (prima a destra) rappresenta Alliance Sud. © Alleanza climatica
Comunicato stampa dell'Alleanza climatica del 3 giugno 2025. Alliance Sud è membro dell'Alleanza climatica.
Yvonne Winteler, co-presidente dell’Alleanza climatica, apre la conferenza stampa dedicata al lancio del Piano direttore per il clima con parole chiare: «Siamo nel pieno di una trasformazione sociale. Il problema è che questa trasformazione arriva con 20 anni di ritardo. Più aspettiamo, più si riduce il nostro budget carbonio. Ora è necessario adottare misure concrete per superare i principali ostacoli alla transizione.»
Dopo le pubblicazioni del 2006 e del 2016, l’Alleanza climatica Svizzera pubblica oggi il suo terzo Piano direttore per il clima, con l’intento di riportare l’emergenza climatica al centro delle priorità. Gli eventi meteorologici estremi si moltiplicano, la produzione agricola è sempre più vulnerabile e la sicurezza degli insediamenti alpini è sempre più minacciata. Sebbene la Svizzera si trovi già in una zona a rischio, non sfrutta appieno il proprio potenziale d’azione in quanto Paese tecnologicamente avanzato, politicamente stabile ed economicamente prospero. Invece di rafforzare in modo coerente la propria politica climatica e di attuare soluzioni ambiziose, sembra di assistere ad un progressivo ridimensionamento degli impegni.
Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche in materia di clima, la prima parte del Piano direttore mette in evidenza il ruolo della Svizzera nell’aumento globale delle emissioni di gas a effetto serra e la sua responsabilità nel contesto mondiale.
«Stabilizzare il clima e limitare il riscaldamento a 1,5 °C è una necessità assoluta. Eppure la Svizzera, come gran parte del mondo, è gravemente in ritardo. Se tutti i Paesi seguissero il nostro attuale ritmo, il riscaldamento globale potrebbe raggiungere i 3 °C. È giunto il momento che la Svizzera colmi questo ritardo, agisca con ambizione sia sul proprio territorio che a livello internazionale, e diventi un motore globale nella lotta contro il cambiamento climatico. Questa è la nostra migliore assicurazione sulla vita.», aggiunge Georg Klingler, esperto climatico di Greenpeace Svizzera e membro del comitato dell’Alleanza climatica.
Una solida base scientifica e chiari percorsi d’azione
Durante la conferenza stampa, diecə autorə dell’ampia Alleanza hanno presentato il Piano direttore, sottolineando due messaggi fondamentali: 1° l’urgenza di agire è indiscutibile e 2° esistono già soluzioni che permettono alla Svizzera di rispettare gli impegni climatici assunti a Parigi. Con questa pubblicazione, l’Alleanza esprime anche le proprie aspettative nei confronti del prossimo documento di lavoro del Consiglio federale sulla futura politica climatica: le leve disponibili devono essere attivate in modo efficace, e questo fin da subito, non solo a partire dal 2031.
Le persone che hanno redatto il Piano direttore illustrano l’uso insufficiente delle soluzioni già esistenti e propongono l’attuazione concreta di una combinazione di strumenti vari e complementari, che coprono diversi ambiti tematici, dal trasporto terrestre al finanziamento climatico. Questi strumenti sono essenziali per superare gli ostacoli alla profonda trasformazione di cui abbiamo bisogno. Per porre fine alla nostra costosa dipendenza da carbone, petrolio e gas, è imperativo rivedere le regole del gioco attuali. L’Alleanza climatica spiega come questa trasformazione sia realistica e realizzabile nei prossimi dieci anni. Il Piano direttore dimostra inoltre che essa può essere condotta in modo socialmente equo, in modo da non gravare in modo sproporzionato sulle economie domestiche con risorse limitate.
In concreto, viene proposto un insieme coerente di strumenti economici, obblighi e divieti, nonché misure di incentivazione, informazione e formazione continua. L’obiettivo principale è chiaro: accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica e adattare i nostri modelli di consumo.
Un sostegno più ampio che mai
Fondata nel 2005 da 48 organizzazioni, l'Alleanza climatica riunisce oggi più di 150 membri e partner. Comprende una varietà di attorə impegnatə: organizzazioni per la protezione del clima, dell'ambiente e della natura, associazioni di cooperazione allo sviluppo, sindacati, organizzazioni contadine, attori economici e comunità religiose. Insieme, queste organizzazioni rappresentano più di 2 milioni di membri in tutta la Svizzera.
«Un'alleanza solida per il clima è oggi più indispensabile che mai. Gli impatti del riscaldamento climatico e la necessità di una trasformazione profonda ci riguardano tuttə, ma il Consiglio federale sembra ancora sottovalutare l'urgenza. L'Alleanza climatica è aperta a tutte le forze della società civile che condividono le nostre ambizioni per un futuro sostenibile», dichiara Patrick Hofstetter, uno dei co-fondatori dell'Alleanza climatica.
Per ulteriori informazioni:
Marco Fähndrich, Responsabile della comunicazione e dei media
marco.faehndrich@alliancesud.ch, +41 31 390 93 34
Delia Berner, Esperta in politica climatica internazionale
delia.berner@alliancesud.ch
Patrick Hofstetter, Esperto di protezione del clima e di energia, WWF Svizzera e membro del Comitato dell'Alleanza climatica
patrick.hofstetter@wwf.ch
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Comunicato stampa
Consegnata nuova Iniziativa per multinazionali responsabili
27.05.2025, Responsabilità delle imprese
In pochissimo tempo a gennaio, oltre 10’000 volontari hanno raccolto le firme per la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. Oggi sono state consegnate 287’164 firme alla Cancelleria federale.
© Laura Gauch / Coalizione per multinazionali responsabili
Comunicato stampa della Coalizione per multinazionali responsabili di cui Alliance Sud è membro.
Il 7 gennaio 2025, un ampio comitato di esponenti politici di tutti i partiti, nonché rappresentanti dell’economia e della società civile, ha lanciato la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. L’Iniziativa obbliga multinazionali come Glencore a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali nelle loro attività commerciali.
Dopo soli 14 giorni, 183’661 cittadini e cittadine avevano già firmato l’Iniziativa, grazie a migliaia di volontari che hanno organizzato oltre 1’000 bancarelle di raccolta a metà gennaio. Dopo la vidimazione di un numero sufficiente di firme da parte dei comuni, l’Iniziativa per multinazionali responsabili è stata consegnata oggi alla Cancelleria federale.
Il Consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio, membro del comitato d’iniziativa, commenta: “La Svizzera non deve diventare l’unico paese in Europa senza una legge per multinazionali responsabili. Se una multinazionale inquina l’ambiente o viola i diritti umani, deve rispondere delle proprie azioni. Il fatto che l’iniziativa sia stata raccolta così rapidamente dimostra chiaramente il grande sostegno popolare a questa tematica”.
La Svizzera sarà ben presto l’unico Paese senza una legge sulla responsabilità d’impresa
Nel 2020, durante la campagna di voto sulla prima Iniziativa per multinazionali responsabili, il fronte contrario aveva espresso il proprio timore che la Svizzera avrebbe introdotto “regole di responsabilità uniche a livello globale”. Il Consiglio federale aveva promesso di adottare un approccio “armonizzato a livello internazionale” e di adoperarsi per creare “pari condizioni” per le aziende in Svizzera e nell’UE.
Tuttavia, sebbene diversi Paesi europei come la Germania e la Norvegia abbiano nel frattempo introdotto leggi sulla responsabilità d’impresa e l’Unione Europea abbia adottato una Direttiva sulla dovuta diligenza nella primavera del 2024, in Svizzera il dossier non si sblocca.
Sarebbe inoltre importante per l’economia svizzera avere finalmente una certezza pianificatoria: “Con l’iniziativa chiediamo una legge sulla responsabilità d’impresa armonizzata a livello internazionale. Questo proteggerà la maggior parte delle aziende svizzere che operano in modo corretto e creerà certezza giuridica”, afferma Matteo Quadranti, capogruppo PLR nel Gran Consiglio ticinese e membro del comitato d’iniziativa.
La necessità di agire è grande
Ancora oggi, le multinazionali con sede in Svizzera continuano a violare i diritti umani e le più basilari norme ambientali. Una miniera di Glencore in Perù contamina un’intera regione; la società ginevrina di commercio di metalli IXM che in Namibia lascia indietro circa 300’000 tonnellate di rifiuti altamente tossici; e la Louis Dreyfus Company, con sede a Ginevra, che ha commercializzato zucchero proveniente da piantagioni in India, dove le donne vengono spinte a farsi rimuovere l’utero per poter svolgere un intenso lavoro fisico senza interruzioni.
La nuova Iniziativa per multinazionali responsabili metterà fine a queste pratiche commerciali.
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Gaza: appello delle organizzazioni di sviluppo
Berna deve promuovere attivamente aiuti umanitari senza restrizioni
23.05.2025, Cooperazione internazionale
La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è straziante. Le organizzazioni di sviluppo elvetiche chiedono al Consiglio federale di aderire alla dichiarazione congiunta di oltre 20 Stati e di fare immediatamente tutto il possibile per garantire la fornitura imparziale e senza restrizioni degli aiuti umanitari.
© Keystone/EPA/Mohammed Saber
Comunicato stampa congiunto di Alliance Sud, Caritas Svizzera, ACES/HEKS, Helvetas, Terre des hommes, Swissaid e Solidar Suisse.
Dopo quasi tre mesi di blocco, questa settimana sono tornati nella Striscia di Gaza i primi convogli con aiuti umanitari. Tuttavia, Israele continua a limitare la fornitura di beni essenziali per la popolazione civile e le quantità attuali non bastano per sfamare 2,1 milioni di persone. Allo stesso tempo, l’esercito israeliano prosegue con l’offensiva terrestre lanciata all’inizio della settimana e gli attacchi aerei sulla Striscia densamente popolata, costringendo così la popolazione civile a rifugiarsi in zone sempre più ristrette. Le strutture e i convogli umanitari subiscono inoltre continui attacchi. La situazione della popolazione civile ha assunto dimensioni catastrofiche e richiede urgentemente un’azione decisa e coordinata sul piano internazionale.
Il piano di Israele per la fornitura degli aiuti umanitari reso noto negli ultimi giorni è allarmante per varie ragioni: sono stati creati quattro hubs per distribuire gli aiuti esclusivamente nel Sud della Striscia di Gaza, sotto il pieno controllo di Israele. Le lunghe vie di accesso attraverso zone danneggiate e incerte, tuttora teatro di scontri e combattimenti, mettono a repentaglio la vita della popolazione e dei soccorritori. La fornitura degli aiuti umanitari sarebbe fortemente limitata e accessibile soltanto a chi si sottopone a un controllo di sicurezza da parte dell’esercito israeliano. Le organizzazioni umanitarie indipendenti vengono sostituite da forze di sicurezza private. Questo piano contraddice il principio di neutralità fondamentale del diritto internazionale concernente gli aiuti umanitari, associandoli a obiettivi politici e militari. L’aiuto umanitario non deve essere strumentalizzato dalle fazioni in guerra.
Caritas Svizzera, ACES/HEKS, Helvetas, Terre des hommes, Swissaid, Solidar Suisse e Alliance Sud chiedono pertanto al Consiglio federale di attivarsi per l’accesso immediato e senza restrizioni agli aiuti umanitari da parte della popolazione civile bisognosa e per il rispetto del diritto internazionale umanitario a vari livelli:
- La Svizzera deve aderire alla dichiarazione congiunta firmata da oltre 20 Paesi per garantire gli aiuti umanitari a Gaza. Nella dichiarazione, i ministri degli Esteri dei governi firmatari – tra cui Germania, Austria, Francia, Italia, Australia e Canada – chiedono a Israele «di consentire immediatamente il pieno ripristino degli aiuti alla Striscia di Gaza e di consentire alle Nazioni Unite e alle organizzazioni umanitarie di svolgere il loro lavoro in modo indipendente e imparziale, per salvare vite umane, alleviare il dolore e rispettare la dignità».
- Il Consiglio federale ha espresso questa settimana profonda preoccupazione per la situazione nella Striscia di Gaza. Ma non basta mostrarsi solamente preoccupati. La Svizzera deve attivarsi con insistenza nei confronti di Israele per consentire l’accesso illimitato agli aiuti umanitari e opporsi con fermezza alla palese erosione dei principi umanitari, avvalendosi di tutti i canali politici e diplomatici.
- Il Consiglio federale deve adoperarsi per il rispetto e la tutela senza restrizioni dei principi umanitari. Per garantire il rispetto dei principi fondamentali dell’aiuto umanitario come neutralità, imparzialità e indipendenza, occorrono organizzazioni indipendenti. La nuova ONG Gaza Humanitarian Foundation, con sede a Ginevra, non garantisce detti principi. La Svizzera in quanto Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra deve fermamente prendere le distanze da ogni tentativo di strumentalizzazione dell’aiuto umanitario a scopi politici e militari.
- Il Consiglio federale deve fare tutto quanto in suo potere per far cessare la violenza e la progressiva distruzione. La Svizzera deve adoperarsi risolutamente per una tregua immediata, per la protezione della popolazione civile a Gaza e in Cisgiordania e per la liberazione degli ostaggi civili israeliani.
La gente a Gaza ha bisogno di aiuto. Ora. L’urgenza si evidenzia anche nei progetti delle ONG elvetiche con le loro organizzazioni partner sul posto. La Svizzera con la sua lunga tradizione umanitaria deve attivarsi per un rigoroso rispetto del diritto internazionale umanitario.
Per ulteriori informazioni:
Alliance Sud
Marco Fähndrich, portavoce
079 374 59 73, marco.faehndrich@alliancesud.ch
Caritas Svizzera
Fabrice Boulé, portavoce
041 419 23 36, medias@caritas.ch
HEKS (ACES)
Lorenz Kummer, portavoce
076 461 88 70, lorenz.kummer@heks.ch
Terre des hommes Lausanne
Cyril Schaub, Media Relations
058 611 07 45, cyril.schaub@tdh.org
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Comunicato stampa
AET vuole ottenere milioni per l'uscita dal carbone in Germania
16.05.2025, Commercio e investimenti
Un rapporto pubblicato oggi da numerose organizzazioni non governative mette in luce gli elementi che hanno portato Azienda Elettrica Ticinese (AET) a adire un tribunale arbitrale per contestare l'uscita della Germania dal carbone. L'azienda pubblica svizzera chiede un risarcimento di 85,5 milioni di euro più interessi per la chiusura di una centrale a carbone situata a Lünen, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, di cui detiene una partecipazione. Secondo le proprie dichiarazioni, AET ha investito poco più di 23 milioni di euro nel progetto della centrale elettrica.
Deficitaria e dannosa per il clima: la centrale a carbone Trianel di Lünen, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, è operativa dal 2013 - con la partecipazione dell'Azienda Elettrica Ticinese (AET). © Keystone/DPA/Bernd Thissen
Comunicato stampa congiunto di Alliance Sud, Réseau Commerce équitable, PowerShift, Istituto per l'ambiente di Monaco, WWF Svizzera, Public Eye, Pro Natura
Da un esame più approfondito della denuncia emerge che:
• La centrale a carbone ha registrato perdite ogni anno dalla sua costruzione. AET chiede quindi un risarcimento per un impianto che era in perdita e che dovrebbe rimanere tale;
• AET è stata costretta da un referendum a cedere la sua partecipazione nella centrale a carbone entro il 2035. Tuttavia, desidera essere risarcita per i guadagni ipotetici della centrale fino al 2053.
• Se AET ottenesse ragione in questo procedimento, ciò metterebbe in discussione l'architettura dell'uscita dal carbone in Germania e potrebbe portare ad altri ricorsi dinanzi a tribunali arbitrali da parte di imprese del settore del carbone. Altre nove centrali a carbone in Germania hanno azionisti stranieri che, in caso di successo di AET, potrebbero adire un tribunale arbitrale.
«È scandaloso che un'azienda pubblica ricorra a tribunali arbitrali non democratici per opporsi a misure necessarie alla protezione del clima. Il fatto che AET richieda indennizzi per una centrale elettrica in perdita e moltiplichi cosi’ il suo investimento iniziale è il colmo», dichiara Fabian Flues, esperto di commercio presso l'ONG PowerShift.
«Anche prima della costruzione della centrale a carbone di Lünen, il fallimento era prevedibile. Il WWF aveva chiaramente messo in guardia AET e il Cantone Ticino contro questa decisione irrazionale dal punto di vista economico e dannosa per il clima. Invece di assumersi le proprie responsabilità, AET scarica ora la responsabilità del proprio fallimento sulla politica climatica tedesca e chiede un risarcimento danni. Un simile atteggiamento è indegno di un ente di diritto pubblico. Il Cantone Ticino deve porre fine a questa farsa e chiedere conto ai responsabili», dichiara Francesco Maggi, direttore del WWF Svizzera italiana.
«A differenza dell'UE e di diversi paesi europei, la Svizzera non ha denunciato il Trattato sulla Carta dell'energia. Questo trattato rallenta l'uscita dalle energie fossili e la rende più difficile, come dimostra il ricorso di AET contro la Germania. La Svizzera deve seguire l'esempio e denunciare questo trattato anacronistico», dichiara Isolda Agazzi, esperta di investimenti presso Alliance Sud.
«Ritirandosi dal Trattato sulla Carta dell'energia, la Germania ha compiuto un passo importante, ma non ne ha tratto insegnamento. Mentre gli accordi di protezione degli investimenti continuano a sabotare la nostra politica energetica, il governo federale persegue la conclusione di nuovi accordi che prevedono gli stessi meccanismi di arbitrato problematici».
Contesto:
La procedura arbitrale avviata da AET rientra nel Trattato sulla Carta dell'energia, un accordo di protezione degli investimenti concluso negli anni '90. Il TCE consente agli investitori di adire i tribunali arbitrali per contestare misure energetiche e climatiche che limitano i loro profitti. Nessun altro accordo di protezione degli investimenti ha dato luogo a così tante procedure arbitrali come il TCE. La Germania, l'UE e altri 10 paesi hanno denunciato il TCE perché limita fortemente la loro capacità di agire nella crisi climatica. La Svizzera rimane parte del TCE. Il trattato contiene una clausola di caducità che consente di intentare azioni legali per un periodo di 20 anni dopo il recesso. I paesi che recedono dal TCE possono tuttavia concludere un accordo per escludere qualsiasi azione legale tra loro.
Inoltre, la Germania è il Paese che ha concluso il maggior numero di accordi bilaterali di protezione degli investimenti al mondo, che hanno già dato luogo a 58 ricorsi da parte di investitori. Il Ministero federale tedesco dell'Economia e della Protezione del clima ha definito questi accordi «obsoleti sotto molti aspetti». Tuttavia, il nuovo accordo di coalizione non prevede alcuna misura per porre rimedio a queste eredità del passato. La società civile tedesca chiede che questi accordi siano denunciati di concerto con i paesi partner.
Le organizzazioni svizzere per la difesa dell'ambiente e dello sviluppo chiedono da tempo che la Svizzera si ritiri dal Trattato sulla Carta dell'energia. Il Consiglio federale non intende tuttavia denunciarlo. Al contrario, ha approvato la sua modernizzazione, come deciso durante la conferenza sulla Carta dell'energia del 3 dicembre 2024.
Link verso il briefing:
https://power-shift.de/aet-briefing/
Per ulteriori informazioni:
Francesco Maggi, WWF, 078 791 68 56, francesco.maggi@wwf.ch
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Comunicato stampa
Rinnovare i finanziamenti all'UNRWA per sostenere il cessate il fuoco
13.02.2025, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo
A quattro giorni dalla riunione della Commissione della politica estera del Consiglio degli Stati (CPE), una decina di organizzazioni ribadiscono l'assoluta necessità di mantenere i finanziamenti all'UNRWA per consolidare l'accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Consegnando alla CPE una lettera in questo senso e con un’azione simbolica si chiede alla Svizzera di rimanere fedele alla sua tradizione umanitaria.
Consegna della lettera all'entrata della Cancelleria federale. © Luisa Baumgartner / Alliance Sud
A fine gennaio, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) ha lasciato la sua sede nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, e trasferito temporaneamente il personale internazionale in Giordania. Questa misura fa seguito all'adozione da parte del Parlamento israeliano di una legge senza precedenti, contraria al diritto internazionale, che vieta la presenza dell'UNRWA in Israele e a Gerusalemme Est, che il paese occupa dal 1967.
"La legge israeliana entra in vigore in un momento in cui gli aiuti umanitari sono più neces-sari che mai. La vita, la salute e il benessere di milioni di palestinesi sono a rischio. La Svizzera deve chiedere al governo israeliano di permettere all'UNRWA di operare in tutto il Territorio palestinese occupato, continuando a sostenere finanziariamente l'agenzia ONU”, afferma Michael Ineichen, responsabile advocacy di Amnesty Svizzera.
Dall'entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza, l'UNRWA ha fornito il 60% di tutti gli aiuti umanitari nel Territorio Palestinese Occupato. Rimane l'attore umanitario più importante in quel territorio. Solo l'agenzia delle Nazioni Unite dispone della rete necessaria per fornire servizi come rifugi di emergenza, strutture igienico-sanitarie, cure mediche e attrezzature, distribuzione di cibo e acqua. Il successo del cessate il fuoco dipende da questi aiuti essenziali.
In seguito alla sentenza della Corte internazionale di giustizia del gennaio 2024, la Svizzera ha ancor più l'obbligo di adottare misure per prevenire il genocidio e fornire aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza. In qualità di Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera sta inoltre organizzando una conferenza degli Stati parte delle Convenzioni di Ginevra con l'obiettivo di rafforzare la protezione della popolazione palestinese. Un motivo in più per impegnarsi a fondo per i diritti umani dei palestinesi, in particolare contribuendo alla fornitura di beni e servizi essenziali.
“Amnesty International chiede quindi alla Commissione di autorizzare il mantenimento del sostegno all'UNRWA. Un'interruzione dei finanziamenti sarebbe in contraddizione con gli impegni internazionali della Svizzera e comprometterebbe gli sforzi per la pace e la stabilità nella regione. Il sostegno del nostro Paese è ancora più necessario dopo la decisione del Presidente americano Trump di porre fine ai finanziamenti per l'agenzia ONU”, conclude Michael Ineichen.
Le seguenti organizzazioni hanno co-firmato la lettera aperta (tedesco / francese): Alliance Sud, Forum für Menschenrechte in Israel/Palästina, Frieda – Die feministische Friedenorganisation, Associazione Svizzera-Palestina, Gruppo per una Svizzera senza esercito GSsE, Ina autra senda - Swiss Friends of Combatants for Peace, Jüdische Stimme für Demokratie und Gerechtigkeit in Israel/Palästina, Médecins du Monde Svizzera, medico international svizzera, Palestine Solidarity Switzerland, Pane per tutti/HEKS, Peace Watch Switzerland.
Già nell'aprile del 2024, le organizzazioni all'origine della lettera consegnata oggi alla CPE avevano presentato al Consiglio federale e al Parlamento una petizione per il cessate il fuoco e il mantenimento dei finanziamenti all'UNRWA, accompagnata da oltre 45’000 firme. In ottobre, alcune di queste organizzazioni hanno esposto le conseguenze di un ritiro del sostegno svizzero all'UNRWA in una lettera aperta rivolta alla stessa commissione.
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Comunicato stampa
Cooperazione allo sviluppo: non si può fare lo stesso con meno mezzi
29.01.2025, Cooperazione internazionale, Finanziamento dello sviluppo
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno annunciato come intendono attuare i tagli alla cooperazione internazionale decisi dal Parlamento. L'impatto drammatico sulle popolazioni dei Paesi e dei programmi colpiti viene tuttavia minimizzato.
A causa della crisi climatica e politica in Bangladesh i bisogni rimangono immensi © Keystone / EPA / STR
Per evitare equivoci: la responsabilità dei tagli di 110 milioni di franchi nel budget 2025 e di 321 milioni di franchi nel piano finanziario per i prossimi anni è esclusivamente della maggioranza borghese che in Parlamento ha preso queste decisioni. Tuttavia, l'affermazione che «attraverso un’attenta definizione delle priorità dovrebbe comunque essere possibile ottenere gli effetti auspicati» invia un segnale sbagliato. È ovvio che la cooperazione allo sviluppo che può essere portata avanti nonostante i tagli è ancora efficace. Ma è altrettanto chiaro che non si può fare lo stesso di prima con 110 milioni in meno. Ed è chiaro che saranno le popolazioni del Sud globale a risentirne in modo tangibile quando progetti di successo verranno cancellati.
Le necessità in Bangladesh e Zambia in particolare – i programmi della DSC saranno interrotti in entrambi i Paesi – non sono certo diminuiti. Il Bangladesh si trova in una situazione politicamente instabile, che sta avendo un impatto sull'industria tessile del Paese. Lo Zambia soffre di una crisi del debito; secondo il Fondo Monetario Internazionale, sussiste ancora «un alto rischio di “distress” del debito complessivo ed esterno». Questo anche perché il Paese ha sofferto e continua a soffrire di un'aggressiva evasione fiscale da parte di società straniere. La multinazionale Glencore, ad esempio, non ha mai pagato le tasse sui profitti in Zambia, anche quando i prezzi del rame erano alti. Entrambi i Paesi sono inoltre particolarmente colpiti dalla crisi climatica, che sta minacciando i precedenti successi di sviluppo. Il Bangladesh a causa delle tempeste e dell'innalzamento del livello del mare e lo Zambia perché la produzione di energia elettrica è diminuita drasticamente, dato che i fiumi trasportano molta meno acqua.
Anche in ambito multilaterale i tagli non possono essere assorbiti senza conseguenze. Ad esempio, sono stati cancellati i pagamenti a UNAIDS. Eppure l'AIDS è ancora una delle maggiori cause di morte in Africa e quasi un quinto dei pazienti africani affetti da HIV non riceve ancora farmaci salvavita. Sono previsti anche «ulteriori tagli trasversali» e vengono colpiti i contributi alle spese generali delle ONG, sebbene il Consigliere federale Ignazio Cassis avesse affermato in Parlamento la scorsa estate che queste organizzazioni partner contribuiscono all'attuazione della cooperazione internazionale a basso costo. Concretamente, ciò significa che numerose famiglie contadine, ad esempio, non avranno un approvvigionamento idrico sicuro nella lotta contro la crisi climatica, molti giovani non avranno un posto di apprendistato e più bambini andranno a letto affamati. I responsabili dei tagli non devono crogiolarsi, ma guardare in faccia questa cruda realtà.
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Comunicato stampa
Volontari raccolgono 183’661 firme in 14 giorni
21.01.2025, Responsabilità delle imprese
In pochissimo tempo, oltre 10’000 persone volontarie in ogni parte del Paese hanno raccolto le firme per la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. Questa raccolta da record mostra l’ampio sostegno all’iniziativa da parte della popolazione.
Comunicato stampa della Coalizione per multinazionali responsabili del 21 gennaio 2025.
Alliance Sud è membro della Coalizione per multinazionali responsabili.
Il 7 gennaio 2025, un ampio comitato di esponenti politici di tutti i partiti, nonché rappresentanti dell’economia e della società civile, ha lanciato la nuova Iniziativa per multinazionali responsabili. L’Iniziativa obbliga multinazionali come Glencore a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali nelle loro attività commerciali.
Nelle scorse due settimane, persone volontarie hanno organizzato oltre 1’000 bancarelle per raccogliere le firme necessarie nel più breve tempo possibile. In soli 14 giorni sono state raccolte 183’661 firme, che ora verranno vidimate.
Il Consigliere nazionale del Centro Giorgio Fonio, membro del comitato d’iniziativa, commenta: “Non ho mai visto una causa per la quale così tante persone si impegnano nel loro tempo libero. Nelle ultime due settimane ci sono state bancarelle di raccolta in tutta la Svizzera, nelle città e nelle valli. Il fatto che siano state raccolte 183’661 firme in soli 14 giorni è incredibile! Questo dimostra chiaramente quanto sia ampio il sostegno della popolazione all’Iniziativa per multinazionali responsabili”.
La Svizzera sarà ben presto l’unico Paese senza una legge sulla responsabilità d’impresa
Nel 2020, durante la campagna di voto sulla prima Iniziativa per multinazionali responsabili, il fronte contrario aveva espresso il proprio timore che la Svizzera avrebbe introdotto “regole di responsabilità uniche a livello globale”. Il Consiglio federale aveva promesso di adottare un approccio “armonizzato a livello internazionale” e di adoperarsi per creare “pari condizioni” per le aziende in Svizzera e nell’UE.
Tuttavia, sebbene diversi Paesi europei come la Germania e la Norvegia abbiano introdotto leggi sulla responsabilità d’impresa e l’Unione Europea abbia adottato una Direttiva sulla dovuta diligenza nella primavera del 2024, in Svizzera il dossier non si sblocca.
Gli scandali attuali mostrano la necessità di agire
Ad oggi, alcune multinazionali con sede in Svizzera continuano a violare gli standard ambientali e i diritti umani fondamentali: che si tratti di una miniera di Glencore in Perù, che inquina vaste porzioni di territorio, di raffinerie dell’oro come quella di MKS Pamp, che importa oro di origine problematica in Svizzera, della multinazionale del trading di metalli IXM, che in Namibia lascia indietro 300'000 tonnellate di rifiuti altamente tossici o di alcune multinazionali nel settore del cacao, che ancora oggi traggono profitto dal lavoro minorile.
La nuova Iniziativa per multinazionali responsabili metterà fine a queste pratiche.
Ulteriori informazioni:
Giorgio Fonio, consigliere nazionale del Centro: 076 679 86 36
Sarah Rusconi, portavoce di Amnesty International Svizzera: 079 689 54 13
Matteo Quadranti, deputato PLR: 076 343 23 93
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